Gli Stati Uniti rivedono il “Rapporto sui diritti umani”: sparite le critiche a Israele e ai paesi amici. I dati? “Li trovate su Internet”

  • Postato il 14 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il report su Israele è la cartina al tornasole del nuovo corso: nove pagine nel 2025 contro le 103 del 2024. Finora considerato dagli osservatori internazionali tra le fonti più complete sul tema, il Rapporto sulle violazioni dei diritti umani nel mondo stilato ogni anno dal Dipartimento di Stato Usa ha visto crollare il volume delle pagine e le informazioni in esso contenute. “Le relazioni – si legge nella presentazione pubblicata il 12 agosto – sono state semplificate per una migliore utilità e accessibilità”, motivo per cui sono stati ridotti “al minimo la quantità di dati statistici. Nell’era di Internet, i dati di base sono generalmente disponibili“. A parte la discutibilità di quest’ultima affermazione, il fatto resta: nel 2025 la gamma delle violazioni documentate nelle scorse edizioni si è notevolmente ridotta.

Il caso della sezione dedicata a “Israele, Cisgiordania e Gaza” è emblematico. La guerra in corso, si legge, “ha portato a un aumento delle segnalazioni di violazioni dei diritti umani”, tuttavia “il governo ha adottato diverse misure credibili per identificare i funzionari che hanno commesso violazioni dei diritti umani”. Così il capitolo sulla “Protezione dei rifugiati” che nel report del 2024 occupava 10 pagine e contemplava valutazioni su “respingimenti e “abusi sui richiedenti asilo” ora è risolto in 5 righe. Non c’è più traccia della sezione “Discriminazione e abusi sociali” che raccontava decine di casi di “Stupro e violenza domestica” e “Altre forme di violenza o molestie di genere”. Così come nulla è rimasto del capitolo “Violenza e discriminazione razziale o etnica sistemica“, secondo cui “cittadini, inclusi musulmani arabo-palestinesi, cristiani arabo-palestinesi, drusi e di origine etiope, hanno dovuto affrontare una persistente discriminazione istituzionale e sociale” e dei “crimini d’odio nazionalistici da parte di individui e gruppi ebrei estremisti contro residenti palestinesi di Gerusalemme Est e cittadini arabi/palestinesi”.

Eliminata la sezione “Atti di violenza, criminalizzazione e altri abusi basati sull’orientamento sessuale” in osservanza alla guerra dichiarata da Donald Trump alla “cultura woke”, sono sparite anche 9 pagine di riferimenti a “Tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti e altri abusi correlati” e 8 relative ad “Arresti e detenzioni arbitrarie“. Così come non c’è traccia delle denunce sugli abusi sui detenuti palestinesi, che secondo il report del 2024 nelle carceri israeliane erano “sottoposti a violenza fisica e sessuale, minacce, intimidazioni, accesso severamente limitato a cibo e acqua, esposizione a freddo estremo senza indumenti adeguati e periodi prolungati di isolamento”. Nulla rimane delle “uccisioni arbitrarie o illegali, comprese esecuzioni extragiudiziali; sparizioni forzate; torture o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti da parte di funzionari governativi”; né delle “gravi restrizioni alla libertà di espressione e alla libertà dei media, comprese violenze o minacce contro i giornalisti” di cui si parlava solo un anno fa e che il caso di Anas al-Sharif dimostra siano ancora drammaticamente attuali.

Cos’è accaduto dal 2024 a oggi? I casi sono due: o negli ultimi 12 mesi Israele ha risolto tutti i suoi problemi in tema di diritti umani, oppure Washington ha deciso di chiudere tutti e due gli occhi. La cronologia degli accadimenti dice che al posto di Joe Biden alla Casa Bianca è arrivato Donald Trump, che si è dimostrato nei fatti il miglior alleato del premier israeliano Benjamin Netanyahu (il cui processo per “corruzione, frode e abuso di fiducia” registrato nel report del 2024 è sparito dall’edizione di quest’anno). Il tycoon è intervenuto la fianco di Israele nella guerra dei 12 giorni contro l’Iran e con l’annuncio il 5 febbraio della creazione della “Riviera del Medio Oriente” Tel Aviv ha avuto mano libera nella Striscia fino all’occupazione totale decisa la scorsa settimana.

Il Dipartimento di Stato riserva lo stesso trattamento di riguardo ad alcuni dei Paesi alleati come El Salvador, accusato da Amnesty International di “detenzioni arbitrarie e violazioni dei diritti umani” ma il cui presidente Nayib Bukele è entrato nelle grazie di Trump. Aspre, invece, le critiche contro Stati ritenuti ostili, come il Brasile di Ignacio Lula da Silva e il Sudafrica. Forse non è un caso che siano tra i principali critici della guerra di Israele a Gaza.

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Il Fatto Quotidiano

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