“Gli Usa inceneriscono 500 tonnellate di aiuti alimentari per i bambini”: l’inchiesta sui tagli di Trump

  • Postato il 16 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un’inchiesta che apre uno squarcio sugli aiuti umanitari che arrivano dagli Stati Uniti, il più grande finanziatore al mondo di progetti di sviluppo e di supporto alla popolazione in zone di crisi. Questo almeno fino a quando Trump ha fatto calare la mannaia sugli aiuti all’estero (Usaid), decurtati del 92%. Tra le conseguenze, oltre alla perdita dei posti di lavoro, quella ben più tragica di determinare la sopravvivenza di molte persone. L’Unicef, ad esempio, ha calcolato che il nuovo corso della Casa Bianca rischia di fare morire in Etiopia e Nigeria 1,3 milioni di bambini già nel 2025. E ora il mensile The Atlantic rivela, all’atto pratico, cosa significa toccare con mano la decisione dei tagli decisi dall’amministrazione americana, che ha dato ordine “di incenerire il cibo invece di inviarlo alle persone all’estero che ne hanno bisogno. Quasi 500 tonnellate di cibo di emergenza – sufficienti a sfamare circa 1,5 milioni di bambini per una settimana” sono scadute il 15 luglio, “secondo attuali ed ex dipendenti governativi a conoscenza diretta delle razioni”. E le stesse fonti hanno rivelato al mensile americano che “il cibo, destinato ai bambini in Afghanistan e Pakistan, diventerà cenere”.

Poco prima che entrasse in carica Trump, la Casa Bianca aveva speso “circa 800mila dollari per i biscotti ad alto contenuto energetico”, che “contengono il fabbisogno nutrizionale di un bambino sotto i 5 anni, sono una soluzione temporanea, spesso utilizzata in situazioni in cui le persone hanno perso la casa a causa di un disastro naturale o sono fuggite da una guerra prima che le organizzazioni umanitarie riuscissero ad allestire una cucina per accoglierle. Erano conservati in un magazzino di Dubai e dovevano essere destinati ai bambini quest’anno”. Ma da quel magazzino non sono mai stati spostati e probabilmente resteranno lì, perché per una serie di rinvii, rimpalli e cambi ai vertici delle istituzioni, le consegne ai destinatari non sono mai state effettuate. “Continuano ad avvicinarsi alla data di scadenza – si legge ancora sull’Atlantic -, dopo la quale il loro contenuto di vitamine e grassi inizierà a deteriorarsi rapidamente. A questo punto, la politica degli Emirati Arabi Uniti impedisce persino che i biscotti vengano riutilizzati come mangime per animali”. Tutto sprecato, con un costo per i contribuenti americani di 130mila dollari per lo smantellamento, oltre al costo iniziale di 800mila dollari. Quasi un milione di dollari in fumo, buttati.

I biscotti sono soltanto una parte degli aiuti alimentari di emergenza: gli Usa ne hanno comprati una tonnellata da produttori locali nel 2023, e anche questi alimenti rischiano di andare persi. Sui biscotti le cifre sono chiare, così come era chiara la loro destinazione d’uso: “In genere – continua l’inchiesta – sono la prima cosa che gli operatori del Programma Alimentare Mondiale consegnano alle famiglie afghane costrette a lasciare il Pakistan e a tornare nel loro Paese d’origine, afflitto da anni da una grave malnutrizione infantile. Ora il World Food Program può sostenere solo un afghano su 10 che ha urgente bisogno di assistenza alimentare. Il WFP stima che, a livello globale, 58 milioni di persone siano a rischio di fame estrema o di carestia perché quest’anno non ha i fondi per sfamarle”. Secondo i calcoli condivisi da una fonte all’Atlantic, “il cibo destinato alla distruzione avrebbe potuto soddisfare il fabbisogno nutrizionale di ogni bambino che affronta un’insicurezza alimentare acuta a Gaza per una settimana”.

Guardando invece ad altri aiuti alimentari, “secondo gli inventari Usaid di gennaio, oltre 60mila tonnellate di cibo – in gran parte coltivato in America e già acquistato dal governo statunitense – erano all’epoca depositate in magazzini in tutto il mondo. Tra queste, 16mila tonnellate di piselli, olio e cereali, immagazzinate a Gibuti e destinate alla distribuzione in Sudan e in altri paesi del Corno d’Africa. Un’ex funzionaria di alto livello dell’Ufficio per l’Assistenza Umanitaria di Usaid mi ha detto che, quando ha lasciato il suo incarico all’inizio di questo mese, sembrava che si fosse spostata solo una minima parte del cibo; uno degli attuali dipendenti Usaid con cui ho parlato ha confermato la sua impressione, sebbene abbia osservato che, nelle ultime settimane, piccole spedizioni hanno iniziato a lasciare il magazzino di Gibuti”. Ma anche se il governo Usa, paradossalmente, volesse svuotare oggi tutti i magazzini e consegnare alle popolazioni bisognose – cosa che peraltro non sta avvenendo – o acquistare altri aiuti, non riuscirebbe a farlo: migliaia di dipendenti di Usaid che erano preposti a queste operazioni sono stati licenziati.

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