GP Belgio, la F1 si inginocchia alla pioggia e alla paura: fine dello spettacolo
- Postato il 28 luglio 2025
- Formula 1
- Di Virgilio.it
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Nel fine settimana più atteso da chi ancora si ostina a credere che la Formula 1 sia uno sport e non una serie televisiva, è andata in onda l’ennesima messinscena travestita da Gp. Il teatro è quello sacro di Spa-Francorchamps in Belgio, ma lo spirito è quello di un consiglio di amministrazione: niente rischi, niente spettacolo, tutto sotto controllo. È la morte lenta del motorsport, umiliato da chi in teoria dovrebbe difenderlo: la FIA
In una Formula 1 ormai preda dell’americanizzazione, la pioggia è diventata un tabù. Non una variabile tecnica, ma un ostacolo esistenziale. Se piove, non si corre. Tra i boschi delle Ardenne si srotola uno dei circuiti più belli e completi del mondo. Eppure, ci si ferma lo stesso. O meglio, si fa finta di partire, si gira dietro la safety car per una tornata e poi tutti in pitlane sotto la protezione della bandiera rossa. Questo non è motorsport: è il simulacro di quello che fu.
Il paradosso tecnico: regolamenti contro la sicurezza
Già, perché la sicurezza, usata come paravento, è diventata l’alibi perfetto per giustificare ogni assurdità. La gara parte, anzi no, anzi sì, ma dietro l’auto medica con partenza lanciata. I giri passano, le traiettorie si asciugano, e chi aveva creduto nella pioggia resta fregato. È il caso della Ferrari di Lewis Hamilton, che aveva un’ala con più carico partendo dalla pitlane, sperando che il diluvio rimettesse a posto i valori.
Ma come volevasi dimostrare si parte quando il sole fa capolino, con gomme Intermedie che dopo 5 giri erano già distrutte e le traiettorie oramai asciugate. Lewis ci ha provato e per il primo terzo della corsa la sua tattica ha funzionato bene. Poi un disastro. Duecento chilometri dietro una Williams, quella di Albon, più lenta sul passo gara ma troppo rapida sulle rette. Fine della triste storia dell’inglese. Tutto questo, in un mondo normale, sarebbe bastato a sollevare qualche dubbio sul parco chiuso.
Ma no, qui si continua imperterriti a vietare modifiche all’assetto anche quando il meteo cambia. Si corre così, come viene. Una follia travestita da rigore. Anche per questo i team devono lanciare i dadi al sabato e sperare nella buona sorte climatica. E il tempo cambia? Pazienza. Ci si arrangia come si può. E se qualcuno resta bloccato con un “assetto suicida”, è solo colpa sua. La sicurezza? Uno slogan. Il risultato? Una Formula 1 ingessata, pavida, imbalsamata.
Il rischio, i soldi e l’ipocrisia
Poi ci sono loro, i piloti. Uomini da nove zeri, osannati come gladiatori e trattati come porcellane. Nessuno chiede di tornare agli anni in cui si moriva per lo sport, ma neppure si può fingere che il rischio non faccia parte del gioco. È uno degli ingredienti che rende questi ragazzi dei fenomeni e non semplici guidatori. Ma attualmente, con queste logiche, certe gare non si farebbero più. Non vedremmo la prima vittoria di Senna sotto il diluvio di Estoril nel 1985. Né la danza di Schumacher nella Spagna del 1996. Perché oggi conta il mezzo, non il manico. E il manico, si sa, fa paura.
E quando persino Mario Isola, responsabile Pirelli, ti dice che le gomme da bagnato estremo non verranno mai usate perché le condizioni per utilizzarle sono, testuali parole:
“Incompatibili con i criteri degli steward”
Il cerchio si chiude. Spegni tutto e ansima a casa. Si producono gomme per un campionato che non ha il coraggio di usarle. Un paradosso nella forma, una condanna nella mera sostanza del corpo legislativo.
Elogio della farsa
Così, il Gran Premio del Belgio 2025 entra nella storia dalla porta sbagliata. Un’altra farsa, come quella del 2021, con meno pioggia ma con la stessa paura. Il motorsport si piega alla logica dei commercialisti: meglio evitare i guai che cercare la gloria.
I fan? Possono aspettare.
Gli eroi? Devono restare nei video d’epoca.
Le monoposto? Prigioniere di un regolamento che impone la prudenza come unica strategia.
La Formula 1, quella vera, non vive più nei circuiti. Abita nei ricordi. E Spa, che un tempo era il suo tempio, è diventata la sua caricatura. Chiudiamo con il team radio di Verstappen prima della bandiera rossa:
“Troppo conservativi alla FIA, ora dobbiamo aspettare tre ore e invece bisognava semplicemente correre”.
Amen!!!