Grotta rimasta intatta per 75.000 anni in Norvegia

  • Postato il 7 agosto 2025
  • Di Focus.it
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Sulle coste battute dal vento del nord della Norvegia, una grotta rimasta celata per oltre 75.000 anni sta riscrivendo la storia naturale dell'Artico.. Un tesoro nascosto. Arne Ovamgrotta, un sito carsico emerso in modo fortuito durante lavori minerari negli anni '90, custodisce un tesoro paleoecologico: i resti fossilizzati di almeno 46 specie animali vissute durante l'ultima era glaciale. Un recente studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) getta nuova luce su un periodo poco conosciuto della storia climatica europea, offrendo preziose informazioni sul passato e sul futuro della biodiversità artica.. Un archivio del Pleistocene scoperto per caso. La grotta venne accidentalmente individuata nel 1991, quando una compagnia mineraria norvegese trivellò il fianco di una montagna nella remota regione settentrionale del Finnmark, aprendo un varco verso un deposito di sedimenti (sabbie, ghiaie e depositi ricchi di materiale organico) profondo quasi 14 metri. Arne Ovamgrotta, parte del più vasto sistema di grotte di Storsteinhola, non era mai stata accessibile all'uomo — né, fino a circa 71.000 anni fa, agli animali. Solo nel 2021, dopo decenni di abbandono, una squadra congiunta dell'Università di Oslo e dell'Università di Bournemouth ha avviato una campagna di scavo sistematica, recuperando centinaia di resti animali in uno stato di conservazione sorprendente. «Abbiamo una scarsissima documentazione della fauna artica risalente a più di 10.000 anni fa. Questa grotta rappresenta una finestra unica sul passato», ha dichiarato Sanne Boessenkool, biologa evoluzionista e coautrice dello studio.. Tra orsi polari e trichechi. I resti ritrovati comprendono ossa di orsi polari, renne, trichechi, pulcinelle di mare, balene della Groenlandia e perfino pesci come il merluzzo atlantico. Un ritrovamento particolarmente significativo è quello di un lemming dal collare, specie ritenuta estinta in Europa e mai documentata prima in Scandinavia. La varietà degli animali suggerisce che, nonostante il periodo fosse tecnicamente un'era glaciale, la regione artica norvegese godette allora di un'interruzione climatica più temperata. I ghiacci si ritirarono temporaneamente, permettendo a laghi, fiumi e un ecosistema ricco di svilupparsi lungo le coste. «La presenza di pesci d'acqua dolce e mammiferi marini come la focena indica che l'area era almeno stagionalmente priva di ghiacci», ha spiegato Sam Walker, primo autore dello studio.«Significa che il clima era sorprendentemente mite per un'epoca glaciale».. Un brusco ritorno al gelo e l'estinzione di massa. Ma il tepore durò poco. Un successivo abbassamento delle temperature riportò la regione in condizioni glaciali estreme, provocando l'estinzione locale — se non totale — di molte delle specie documentate nella grotta. L'analisi del DNA fossile ha infatti rivelato che nessuna di queste popolazioni sopravvisse al drastico cambiamento climatico. «Queste erano specie adattate al freddo, eppure non sono sopravvissute al ritorno del gelo. Questo ci dice quanto sia difficile per la fauna adattarsi rapidamente a cambiamenti climatici improvvisi», ha osservato Walker. «La situazione odierna è persino più critica: il cambiamento attuale è verso il caldo e avviene molto più rapidamente».. Un monito per il presente. Il messaggio è chiaro: il riscaldamento globale in atto rappresenta una minaccia concreta per la biodiversità artica. Oggi, circa il 12% delle specie norvegesi è considerato a rischio estinzione e gli habitat artici si stanno frammentando sotto la pressione dell'aumento delle temperature e delle attività umane. Gli scienziati sperano che lo studio della grotta di Arne Ovamgrotta possa fornire chiavi di lettura utili per la conservazione della fauna attuale. Comprendere le vulnerabilità del passato aiuterà, secondo i ricercatori, a sviluppare strategie per rafforzare la resilienza delle specie sopravvissute. «Studiare il passato ci insegna che la natura è resiliente, ma non invincibile», ha concluso Boessenkool. «Non possiamo permetterci di ignorare i segnali che ci sta mandando»..
Autore
Focus.it

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