Hezbollah senza Tabatabai: il Libano torna sull’orlo della guerra
- Postato il 25 novembre 2025
- Di Panorama
- 4 Visualizzazioni

Israele inseguiva Haytham Ali Tabatabai da oltre dieci anni. Il comandante militare di Hezbollah, figura centrale dell’apparato operativo sciita, è stato localizzato e ucciso nel fine settimana in un appartamento alla periferia sud di Beirut, ponendo fine a una lunga caccia che aveva attraversato Siria, Yemen e Libano. Nato da madre libanese e padre iraniano, Tabatabai come scrive il Wall Street Journal (WSJ) , aveva svolto un ruolo chiave nella costruzione della rete di milizie allineate a Teheran: aveva guidato squadre in Siria a sostegno del regime di Bashar al-Assad e aveva contribuito all’addestramento degli Houthi nello Yemen.
Dopo la devastante guerra del 2024, costata a Hezbollah la perdita del suo leader Hassan Nasrallah e il collasso dell’intera catena di comando, a Tabatabai era stato affidato il compito più delicato: ricostruire il gruppo. L’incarico, che lo aveva reso l’uomo più importante della nuova generazione di comandanti, è diventato anche il motivo per cui Israele ha scelto di colpire. Un funzionario militare dell’Idf ha definito l’operazione «Black Friday», condotta il giorno successivo al Ringraziamento: un F-15 israeliano ha lanciato missili di precisione sull’edificio in cui si nascondeva, con l’obiettivo di sabotare la rinascita dell’organizzazione e lanciare un avvertimento. «È un segnale per i vertici di Hezbollah e per il governo di Beirut», ha spiegato al WSJ l’ex consigliere per la sicurezza israeliana Yaakov Amidror. «Avevano promesso di disarmare Hezbollah. Non lo hanno fatto. Se non agiranno loro, Israele lo farà al loro posto».
Il contesto è molto fragile: da un anno vige un cessate il fuoco imposto dopo la guerra del 2024, una tregua che però rischia di crollare. Israele e Stati Uniti accusano il governo libanese di non aver compiuto progressi concreti verso il disarmo del movimento sciita, mentre Hezbollah ha continuato a riorganizzarsi. Secondo i dati di Acled, dall’inizio della tregua l’Idf ha effettuato oltre 1.500 attacchi contro obiettivi in Libano, lasciando il Paese sospeso in una terra di nessuno tra guerra e pace. I termini dell’accordo imponevano a Beirut di smilitarizzare il sud del Libano prima di estendere le misure al resto del territorio.
Hezbollah non ha mai accettato queste condizioni. Tabatabai aveva giocato un ruolo decisivo nel ridisegnare la struttura del gruppo: aveva diviso le unità in piccole cellule autonome per renderle più resistenti agli attacchi israeliani e aveva permesso a Hezbollah di rimpiazzare gran parte dei 2.500 combattenti persi nel conflitto. Stava inoltre introducendo un sistema di addestramento che permetteva ai comandanti di formare immediatamente i propri potenziali sostituti, una lezione appresa dopo la decapitazione dei vertici nell’autunno precedente.
Le informazioni raccolte da intelligence arabe e israeliane indicano che il gruppo, sostenuto economicamente e militarmente dall’Iran, ha ripreso a rifornirsi di razzi, missili anticarro e artiglieria. Parte delle armi arriva via mare o attraverso la Siria, parte viene prodotta localmente. «Tabatabai era il responsabile dell’intero sforzo», ha spiegato Amidror. «Coordinava il contrabbando dalla Siria, la ricostruzione delle strutture in Libano e l’addestramento delle nuove reclute». Hezbollah ha confermato la morte del suo comandante, specificando che aveva 57 anni ed era entrato nel movimento prima della maggiore età, contribuendo alla formazione della forza d’élite Radwan. Non era la prima volta che veniva preso di mira: nel 2015 era sopravvissuto a un attacco israeliano a Quneitra, nel sud della Siria, e negli anni successivi aveva operato nello Yemen prima di rientrare definitivamente in Libano. Nel 2018 gli Stati Uniti avevano inserito il suo nome nella lista dei terroristi globali e offerto 5 milioni di dollari per informazioni utili alla sua cattura.
La rete di ricostruzione messa in piedi da Tabatabai si estendeva però oltre i confini libanesi. Il 27 settembre scorso, i servizi siriani hanno sequestrato un enorme arsenale in un magazzino ad al-Qusayr, città simbolo dei traffici armati tra Siria e Libano. Razzi Grad, mitragliatrici e centinaia di RPG erano pronti a essere trasferiti oltre frontiera. Con la caduta del regime di Assad, molte milizie filo-iraniane avevano lasciato la zona, ma il vuoto di controllo ha riaperto spazi per contrabbandieri e gruppi legati a Hezbollah. L’11 settembre, Damasco ha smantellato un’altra cellula attiva nelle aree di Sasa e Kanaker, a pochi chilometri dalla zona demilitarizzata occupata da Israele.
Questi raid non sono certo episodi isolati. Dal 2024 in avanti, l’Iran ha assunto un ruolo sempre più diretto nel sostenere la rinascita del partito sciita. Secondo il Tesoro americano, i Pasdaran hanno trasferito a Hezbollah oltre un miliardo di dollari nei primi dieci mesi del 2025, oltre a fornire addestramento, logistica e supporto politico. Washington ha chiesto a Beirut di rafforzare i controlli finanziari per bloccare i flussi di denaro che passano attraverso cambiavalute molti dei quali di proprietà di Mahmoud Ahmadinejad ex presidente dell’Iran, lingotti d’oro, criptovalute e circuiti non bancari. Il governo libanese, però, non ha la forza per imporre il disarmo. Il presidente Michel Aoun teme che un confronto diretto con la milizia possa incendiare il Paese e scatenare nuove tensioni settarie. Dall’altra parte, Hezbollah considera le sue armi una garanzia essenziale per la difesa del Libano e non è intenzionato a cederle.
La morte di Tabatabai, avvenuta in pieno giorno a Dahieh, nel cuore della roccaforte sciita, è un segnale dell’escalation imminente. Secondo l’inviato americano Tom Barrack, il Paese è a un bivio: «O Hezbollah accetta negoziati diretti con Israele per un percorso di disarmo, oppure il Libano resterà abbandonato a sé stesso, senza che nessuno possa impedire a Israele di agire come ritiene necessario». Con l’eliminazione del suo comandante più capace, Hezbollah perde l’architetto della sua rinascita post-bellica. Ma secondo tutte le fonti di intelligence, il movimento ha già attivato strutture decentralizzate che potrebbero permettergli di continuare a operare. E ciò che accadrà nelle prossime settimane determinerà se il fragile equilibrio costruito dopo la guerra del 2024 potrà reggere o se il Libano scivolerà di nuovo nel conflitto e nel conseguente caos.