Hiroshima 80 anni dopo, Frank von Hippel: “Nuovo rischio nucleare? Gli Usa hanno la leadership più dissennata che abbiano mai avuto”
- Postato il 6 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ha dedicato la vita al controllo degli armamenti. Professore emerito all’università di Princeton ed ex consigliere della Casa Bianca durante la presidenza di Bill Clinton, Frank von Hippel ha una storia speciale: il nonno, James Franck, premio Nobel per la fisica, si dimise dall’università tedesca di Gottinga nell’aprile del 1933 per protesta contro il regime di Adolf Hitler, andò negli Stati Uniti, lavorò al Progetto Manhattan per la costruzione della prima bomba atomica, ma nel giugno del 1945, organizzò un gruppo di scienziati che cercarono, invano, di consigliare al governo americano di non usare l’atomica contro il Giappone e di usarla solo a scopo dimostrativo su un’area deserta, di fronte a rappresentanti delle Nazioni Unite. Il Fatto l’ha intervistato mentre il mondo commemora l’80° anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima, avvenuto il 6 agosto 1945.
Professore, lei ha mai lavorato alle armi nucleari?
Mai. Ho avuto una vita molto meno complicata di quella di mio nonno.
Come fu coinvolto nel lavoro con i consiglieri di Mikhail Gorbaciov, come Evgeny Velikhov?
Fu il risultato della proposta di Reagan che chiamiamo “Star Wars”. La difesa antimissile era stata oggetto di dibattito un decennio prima e io credo che questo dibattito fu possibile grazie al Pugwash (l’organizzazione internazionale per il disarmo nucleare, nata dal Manifesto di Russell-Einstein, ndr): gli scienziati americani e quelli sovietici avevano discusso la difesa antimissile e avevano concluso che non funzionava – perché era troppo facile creare delle contromisure – e avrebbe innescato una corsa agli armamenti. E quindi si arrivò a un trattato nel 1972 che limitava i sistemi di difesa antimissili balistici [il Trattato ABM, che l’amministrazione di George W. Bush abbandonò unilateralmente nel 2002, ndr]. Dopo che Reagan fece il suo discorso sulle Guerre Spaziali, nel 1983, un gruppo di scienziati sovietici, riuniti da Velikhov, scrisse una lettera aperta agli scienziati americani, chiedendo se avessimo cambiato idea. In quel periodo, io ero il presidente della Federation of American Scientists, un’organizzazione che promuove il controllo degli armamenti, creata da alcuni scienziati del Progetto Manhattan, dopo la fine della Seconda guerra mondiale. E noi rispondemmo di non aver cambiato idea e suggerimmo di recarci a Mosca per discutere come affrontare la situazione. Ci invitarono e continuammo le discussioni per due anni, poi quando Gorbaciov andò al potere, venimmo a sapere che Velikhov e (Roald) Sagdeev erano diventati i suoi consiglieri. Gorbaciov dette il via a iniziative unilaterali, partendo da una moratoria unilaterale dei test nucleari e noi supportammo quelle iniziative.
Quale considera il risultato più importante di quello sforzo con l’Unione Sovietica?
Due risultati importanti, credo. Il primo è la messa al bando totale dei test nucleari e il secondo è che ci fu una riduzione di circa l’85 percento degli arsenali nucleari di Stati Uniti e Unione Sovietica-Russia, grazie a una serie di trattati.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica lei ha anche contribuito a mettere in sicurezza alcuni siti nucleari russi…
Ancora una volta l’iniziativa fu di Velikhov. In quel periodo ero alla Casa Bianca e ricordo in modo particolare l’uranio arricchito conservato in quello che appariva come un armadietto delle scuole superiori!
L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di armi nucleari tattiche americane. E sono arrivate da poco le nuove bombe B61-12. L’opinione pubblica non è particolarmente preoccupata, perché crede che tanto le armi nucleari non verranno mai usate. Lei come commenta?
È possibile avere una leadership dissennata. E in questo momento ce l’abbiamo. Negli Stati Uniti hanno la leadership più dissennata che abbiamo mai avuto. E io non mi fido di loro, quando si tratta di armi nucleari.
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