“Ho sentito un urlo sul treno e ho visto un uomo a terra. Ero pietrificata, ma se non fossi intervenuta sarebbe morto”: il racconto di Giulia e la lezione dei corsi di primo soccorso che tutti dovrebbero conoscere
- Postato il 16 ottobre 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Che cosa fareste se, mentre siete in treno, un uomo crollasse a terra colpito da un infarto? Quello che succede nei minuti successivi – tra il panico, le urla, la confusione generale – fa letteralmente la differenza tra la vita e la morte. È quello che è successo domenica 12 ottobre, sul Frecciarossa che viaggiava da Bari a Milano: un uomo di 72 anni è caduto a terra in arresto cardiaco. L’uomo si è salvato solo grazie all’intervento di altri passeggeri: un medico anestesista e una sua amica, che aveva imparato le manovre salvavita in un corso di primo soccorso organizzato solo poche settimane prima, e un cardiologo. “È troppo importante imparare le basi del primo soccorso– racconta una dei presenti, Giulia Sella Bart al Fattoquotidiano.it – se succede qualcosa e non c’è un medico nella stanza, quella persona muore”.
Il malore sul treno e l’intervento dei passeggeri
L’uomo si è sentito male poco dopo essere salito sul treno insieme alla moglie. Nella stessa carrozza viaggiava Maria Saveria Lensi, specializzanda al quinto anno in Anestesia e Rianimazione presso la Statale di Milano: è stata la prima a intervenire insieme a Giulia Sella Bart, di 31 anni. Una terza ragazza, Martina Sciarretta, è intervenuta per mantenere l’ordine ed evitare che le persone si accalcassero nel corridoio, intralciando le manovre di soccorso. “Era il classico momento in cui le persone salgono sul treno col trolley e aspettano in fila di potersi sedere – racconta Sella, che lavora nelle risorse umane – ma a un certo punto ho sentito una donna urlare, e ho visto il marito caduto a terra a faccia avanti. Ero pietrificata dallo spavento, ma appena è arrivata Maria Saveria mi sono alzata per aiutarli”. Una volta messo in sicurezza l’uomo e verificata l’assenza del respiro e del polso, Lensi ha iniziato a praticare il massaggio cardiaco alle 19:19 in attesa che il personale di Trenitalia le fornisse il DAE (defibrillatore automatico esterno) poi applicato da una terza persona, un altro medico accorso sul posto, mentre lei proseguiva col massaggio.
Nel frattempo Sella garantiva l’afflusso d’aria nelle vie aeree, applicando la manovra di sublussazione della mandibola. Questo ha permesso alla moglie del paziente di praticare, le respirazioni bocca-a-bocca, coordinandosi, seppur nello spazio ristretto, con le due ragazze. L’altro medico, il cardiologo Antonio Di Rienzo, è intervenuto: successivamente il paziente è stato defibrillato, ha ripreso a respirare ed è tornato il polso. Nonostante fosse visibilmente stordito, pian piano ha ripreso conoscenza.
Il panico e l’arrivo dei soccorsi
Nel frattempo, la specializzanda aveva chiesto al capotreno di fermare il treno per consentire l’arrivo di un’ambulanza il prima possibile, senza aspettare di entrare nella stazione successiva, cioé Ancona. Il treno si è fermato perciò alla stazione di Pineto Atri alle 19:24 e, alle 19:40, è arrivata un’automedica. A quel punto erano passati 21 minuti dall’inizio del massaggio cardiaco: i soccorritori hanno trovato l’uomo “sveglio, vigile e lucido” in grado di parlare coi medici e di spiegare le sue patologie. “Se non avessimo fatto nulla – prosegue Lensi – in tutto quel lasso di tempo sarebbe sicuramente morto. Io sono un medico, non ho fatto nulla se non il mio dovere, ma è stato straordinario quel che ha saputo fare Giulia, che aveva fatto un corso di primo di soccorso organizzato da me insieme ad altri ragazzi: nonostante fosse spaventatissima ha mantenuto il sangue freddo, avendo chiari in mente i vari passaggi”. Se fosse stata sola, prosegue, avrebbe dovuto spiegare a un’altra persona cosa fare per aiutarla, perdendo minuti preziosi. Così come è stata indispensabile la presenza della moglie che ha seguito le indicazioni per la respirazione bocca-a-bocca: se fosse stato presente un solo soccorritore, infatti, le linee guida suggeriscono di prediligere il massaggio cardiaco, senza interromperlo.
La notizia è stata riportata per la prima volta da un sito di informazione locale, Emmelle.it, che riporta di un intervento di angioplastica eseguito all’ospedale Giuseppe Mazzini a Teramo. Altri giornali online abruzzesi hanno poi riportato la notizia e il racconto del cardiologo Di Rienzo. “Non solo abbiamo evitato lo scenario peggiore – prosegue Lensi – ma anche danni cerebrali, ed è incredibile, grazie alla collaborazione con una persona che non è un medico, ma che sapeva cosa fare. Ha girato una persona incosciente nel modo corretto, cosa non facile in uno spazio così scomodo e ristretto, ha mantenuto in linea la trachea, mi ha aiutata a sublussare la mandibola e a fare una serie di cose fondamentali per far entrare l’aria nelle vie respiratorie. In questo modo abbiamo fatto arrivare l’ossigeno mentre le compressioni toraciche garantivano una minima perfusione agli organi vitali, soprattutto al cervello. Non sono cose marginali, salvano letteralmente la vita minimizzando l’insorgenza di problemi neurologici. Inoltre, Giulia sarebbe stata in grado di darmi il cambio con le compressioni se non fosse arrivato l’altro medico”.
Tutto questo, sottolinea, è stato possibile solamente perché la sua amica aveva imparato le basi del primo soccorso e, nonostante il panico, sapeva cosa fare e soprattutto cosa non fare. “C’erano 60 persone nel panico che, pur con le migliori intenzioni, continuavano a volerlo spostare, tirando per le gambe una persona in arresto mentre stavo facendo le compressioni”. Con il rischio di aggravare una situazione già critica.
A cosa servono i corsi di primo soccorso e come partecipare
I corsi di primo soccorso hanno esattamente questo scopo: preparare le persone a gestire una situazione di emergenza in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Perché può capitare a tutti, in qualsiasi momento: può sentirsi male uno sconosciuto al ristorante o in treno, ma può capitare a un collega in ufficio, a un amico, a un parente, al coniuge. E, in quel caso, è utile essere pronti a riconoscere l’emergenza, a mettere in sicurezza il paziente e a compiere alcuni gesti salvavita che possono davvero fare la differenza.
Ci sono varie realtà che organizzano corsi come la Croce Rossa, le associazioni di volontariato, in alcuni casi gli ospedali e le scuole. Alcune aziende li organizzano internamente, per i propri dipendenti, in altri enti sono aperti al pubblico. In generale, durante questi incontri, si imparano le basi del primo soccorso, la rianimazione cardio-polmonare, le manovre di disostruzione e come medicare alcuni tipi di ferite. Si tratta di competenze che non tutti hanno, ma di cui ci si rende conto solo di fronte all’emergenza. Esistono anche alcuni corsi specifici dedicati alla sicurezza dei bambini, indirizzati in particolare a genitori, educatori, baby-sitter e in generale a chiunque voglia imparare. Un punto che viene trattato riguarda le chiamate al 112: quando farle e cosa dire all’operatore. Sembra una banalità, ma quando il panico prende il sopravvento può mandare in confusione anche di fronte a una telefonata.
“Nessuno pensa mai di ritrovarsi in una situazione del genere, finché non accade”, racconta Sella al Fattoquotidiano.it. Per questo, la scorsa estate, aveva deciso di fare un corso di primo soccorso: “Un’amica mi aveva raccontato di un episodio simile successo al ristorante. Quando l’ambulanza è arrivata ha detto ai presenti che, se nessuno fosse intervenuto, sarebbe morto. Ci siamo rese conto di quanto fosse importante e ci siamo organizzate”. Non poteva certo immaginare che, poche settimane dopo, avrebbe dovuto mettere in pratica ciò che sapeva.
“Tutti dovrebbero farlo: si può veramente cambiare il destino di qualcuno”
“Ovviamente, trovarcisi è diverso: hai paura di sbagliare, sei spaventata. Ma sai anche quanto sia importante intervenire subito”. Per questo, dice, ora vuole farlo nuovamente: “Spero ovviamente che non mi capiti mai più, ma voglio sentirmi sicura e sono nozioni da rinfrescare periodicamente, visto che non è il mio lavoro. Alla luce di quello che è successo lo consiglierei al 300% a tutti. Sempre più persone devono saperlo fare: si può veramente cambiare il destino di qualcuno”. “Vorrei che le persone si rendessero conto dell’importanza dei corsi di primo soccorso – conclude Maria Saveria Lensi – soprattutto i ragazzi. Le tragedie non capitano solo agli altri: se quell’uomo oggi è vivo e sta bene non è per un miracolo, è perché una persona sapeva cosa fare, pur non essendo medico”.
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