“Ho visto Emanuela Orlandi sul volo per Londra”: il memoriale del falso Baioni e i riscontri dell’ex maresciallo Dioguardi sulla pista che porta nel Regno Unito
- Postato il 12 ottobre 2025
- Crime
- Di Il Fatto Quotidiano
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Era l’autunno del 2022 quando un uomo contattò Pietro Orlandi. Gli disse di chiamarsi Vittorio Baioni, presentandosi, com’è stato appurato, con un nome falso al fratello della cittadina vaticana inspiegabilmente scomparsa il 22 giugno del 1983.
L’audizione
Di poche ore fa è la notizia che il vero Vittorio Baioni è stato convocato per giovedì davanti alla commissione parlamentare di inchiesta che indaga sui casi Orlandi-Gregori per cercare almeno di capire se c’è una ragione oppure no, per cui quell’anonimo interlocutore l’abbia tirato in ballo (facendo il suo nome) in uno dei misteri più oscuri della storia d’Italia. In queste ore il reporter di inchiesta Alessandro Ambrosini prova a fare chiarezza sui messaggi anonimi in questione del falso Baioni, che porterebbero alla cosiddetta Pista di Londra. Questa ipotesi investigativa vede la 15enne vaticana, tenuta in un regime di segregazione nella capitale del Regno Unito, in un istituto religioso, almeno fino al ’97 come emerge anche dalla nota spese dei “cinque fogli” pubblicati dopo lo scandalo di Vatileaks, nel 2017.
I messaggi
Ecco intanto cosa scrisse il finto Vittorio Baioni a Pietro Orlandi nel 2022, secondo quanto riportato dal blog Notte Criminale. In particolare, si concentra sul suo ruolo all’interno della vicenda. Ruolo che, lo ribadiamo, è sempre da verificare così come il contenuto dei suoi messaggi: “La mia ideologia di estrema destra mi ha portato ad unirmi ai Nuclei Armati Rivoluzionari a fine degli anni ’70. Conoscevo e conosco molte personalità, ed ho preso parte personalmente ad alcuni eventi. Insieme a Fioravanti e altri uomini ho preso parte al danneggiamento degli impianti di distruzione di carburante di Antonio Fiorucci la notte del 27 Ottobre 1978. Le mie abilità di “soldato” erano note nell’ambiente malavitoso Romano, ma non ero un “comandante”, non ho mai voluto esserlo e non era nella mia indole. Ero il tipico uomo che faceva ciò che gli dicevi, e lo faceva bene, e la gente a Roma lo sapeva. Mi sono avvicinato al Cardinale Ugo Poletti agli inizi degli anni ’80. É più corretto dire che il Cardinale si è avvicinato a noi. È successo durante il periodo dell’assassinio di Vittorio Bachelet da parte delle Brigate Rosse. È da quel periodo che Poletti ha cominciato a legare con l’estrema destra, anche se era nota la sua avversione verso il Marxismo da molto tempo già. È proprio di Marxismo che parlammo la prima volta che lo vidi, entrambi abbiamo avuto una conversazione piacevole, e mi ha preso in simpatia. Ricordo che è proprio ad inizio anni ’80 che Poletti ebbe incontri politici importanti, e la sua influenza crebbe notevolmente”.
Analisi
Alessandro Ambrosini ci dà un’analisi attenta di questo scenario, conoscendo bene gli ambienti a cui l’anonimo interlocutore dice di appartenere. Prima di diventare un reporter, anche Ambrosini ha militato per anni negli ambienti della destra extraparlamentare, fino a fondare un noto movimento nazionale, in cui era conosciuto come “Ambro” che oggi ci dice: “In questo suo incipit, l’uomo apre una finestra nel caso Orlandi, che non era mai stata presa in considerazione. Apre uno spiraglio in un mondo dove i confini sono stati molto labili. Sono quelli che divisero la criminalità legata alla Banda della Magliana a una specifica batteria dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari). Non bisogna sbagliarsi sui ruoli. Ci furono responsabilità, tra i due mondi, più personali (vedi De Pedis per la Bdm) che a livello di sigla, di gruppo. (…) Sembra voglia indicare, con la citazione dell’attentato al distributore di Antonio Fiorucci, una batteria specifica dei Nar, una batteria che avesse in qualche modo un legame con il Cardinale Ugo Poletti. Di questa batteria facevano parte Massimo Carminati, Stefano Soderini, Stefano Tiraboschi, Cristiano Fioravanti e Vittorio Baioni, (come è scritto anche nell’ordinanza del magistrato Otello Lupacchini, ndr). Come abbiamo visto, il nome che crea questo legame è proprio Stefano Soderini con l’appunto sulla sua agenda (su cui era scritto il nome del cardinale Poletti, ndr). Il riferimento è importante. Richiama a un fatto riscontrabile. (…) C’è poi un secondo particolare che va sottolineato quando lui dice: “È da quel periodo che Poletti ha cominciato a legare con l’estrema destra”. Nessuno, tantomeno qualcuno che è appartenuto ai Nar, avrebbe mai mischiato quello specifico mondo al termine “estrema destra”. Questione di identità molto forte e differenze sostanziali nei termini”.
Si legge ancora dai messaggi: “Racconterò i fatti non facendo nomi. Faccio una premessa. Di queste persone, soltanto una è ancora viva, ed ho contatti con questa persona, che si rifiuta di collaborare. Le altre, dato che sono morte, non mi sento di fare i loro nomi, poiché non potrebbero difendersi dalle mie accuse e ne risentirebbe soltanto la loro famiglia. Queste persone non sono mai state condannate per questa vicenda e sono morte con i segreti dentro. Un giorno, ad inizio ’83 mi sembra Marzo, mi chiama una persona che chiamerò A, dicendomi: “Vieni a Castelnuovo di Porto, in Via Botero (mi disse anche il civico che sfortunatamente non ricordo), e vieni con la tua auto. Non venire con auto rubate (capitava che giravo con auto rubate in quel periodo). Ho preso la mia auto e sono andato a Castelnuovo. Lì mi trovo S, C, e A con una ragazzina, poteva avere 13,14 anni. Era sveglia, ma sembrava sotto effetto di farmaci, non diceva una parola e sembrava assonnata, non ho fatto domande. Ho guidato io fino a Roma alla fine della Via Antonietta Buscarra. In questo vicolo, ci aspettava un Mercedes nero o blu (Al buio vedo poco, soffro di retinite pigmentosa atipica, e scambio facilmente questi colori nel cuore della notte). Da quest’auto scende un uomo che in futuro conoscerò molto meglio ma che conobbi quel giorno, prese la bambina e se ne andò. Non so se in macchina vi erano altri individui. Ovviamente, feci domande. Ricordo ancora quelle parole: “Pischelle da dare al Vaticano, ci fanno orge e quelle cose la”. Chiunque si chiederebbe come non fossi inorridito e disturbato da quello che stava accadendo, come potessi far parte di tutto ciò. Nella mia testa io pensavo che, anche se io non fossi andato lì, qualcuno mi avrebbe facilmente sostituito, non sarebbe cambiato nulla. Tanto vale che andavo io e mi prendevo la simpatia delle persone giuste che mi avrebbero potuto aiutare a fare soldi e successo”. (fonte: Notte Criminale)
Ambrosini ha quindi verificato l’indirizzo citato di via Botero a Castelnuovo di Porto (Provincia di Roma): “Non esiste Via Botero in quel paese. Come nei paesi limitrofi. Esiste però a Roma, dove c’è un commissariato di Polizia. Che senso poteva avere dare questa indicazione fasulla? Il mistero l’abbiamo svelato nel tempo: Castelnuovo di Porto era il paese in cui nacque una persona che, nell’ambito dell’ordinanza di rinvio a giudizio contro la Banda della Magliana fu annoverato tra gli imputati. Lo stesso abitava in via Botero 14 (dove ora non risiede più). Il resto della narrazione ha tutti i crismi del “già letto” e coincide con la modalità dei “messaggi nascosti”. Dove sono importanti i dettagli più del narrato. Dove si mischiano verità e bugie”.
Il passaggio chiave
Ecco quanto si legge ancora dal memoriale di questa persona che dopo aver contattato Pietro Orlandi con una falsa identità si è praticamente dissolto: “Il 22 Giugno mi chiama ancora A, e mi dice la solita cosa. Vado al solito posto e trovo una ragazza, come al solito. La ragazza era esattamente come le altre per me, stesso sguardo delle altre, stessa espressione, nulla era diverso. Però i piani improvvisamente sono diversi dal solito: C. e S. vengono mandati via con la ragazza, si occuperanno di darle un tetto, cibo e acqua, mentre io quella sera sono rimasto con A. A è intento a sistemare e riconoscere tutti gli oggetti di Emanuela Orlandi, si, era lei, così diceva la fototessera della scuola di musica. Poi, passato non molto, andiamo a fare una telefonata da un telefono pubblico della zona. “A” mi dice di telefonare, di chiedere di parlare con il Cardinale Casaroli e di dirgli che Emanuela è stata rapita. Io chiamo e dico che voglio parlare con il Cardinale Casaroli e successivamente, quando mi viene comunicato che non c’è, comunico, sotto consulto con A, che Emanuela è stata rapita alla Sala Stampa e che Casaroli capirà. Vengo a sapere che la ragazza era di Città del Vaticano, e che la ragazza era stata tenuta d’occhio per mesi, perchè era una ragazza che Ugo Poletti bramava da tempo ed era follemente innamorato di lei. La ragazza quindi veniva adesso usata per scopi “estorsivi” non nei confronti della famiglia, ma proprio del Cardinale e di tutta la Chiesa. Non posso dire specificatamente quali fossero gli interessi, economici e altro, ma sicuramente erano interessi massivi, immensi, quelli messi in gioco. Successivamente, accompagno A e torno a casa” (fonte: Notte Criminale). Quest’uomo quindi si autodenuncia per il suo ruolo nel rapimento di Emanuela.
Il volo Cai
E scrive infine l’anonimo al fratello della cittadina vaticana scomparsa: “Vengo chiamato nuovamente soltanto il 3 di Luglio, quindi io non ho assistito personalmente a nulla di ciò che è avvenuto nelle giornate di mezzo e, per quanto alcune cose potrei saperle, sono cose che so per “sentito dire” e quindi non le dirò. Qui voglio soltanto dire ciò che ho vissuto e che ho la certezza sia accaduto. Il 3 Luglio mi viene detto di fare i bagagli e che devo necessariamente andare a Londra. Era proprio Ugo Poletti che aveva voluto la mia presenza (come ho detto lo conoscevo personalmente), e mi avrebbe pagato profumatamente (non mi ha chiamato lui, ma mi è stato riferito). Mi viene detto di non preoccuparmi per i documenti di imbarco, di non preoccuparmi di niente, ma di andare a Fiumicino ad un determinato orario (era notte, non ricordo l’orario preciso), mi avrebbe preso A. Una volta in auto con A, questo mi ha spiegato come tutto era andato per il meglio, ma adesso bisognava fare un grande favore a Poletti di conseguenza. Mi imbarco in un volo Alitalia dove praticamente siamo pochissime persone, credo una ventina o giù di lì. Riconosco solo l’uomo che “ritirava” sempre le ragazze ed Emanuela Orlandi. In più ci sono altri preti, suore e altri laici che non ho più rivisto ne conoscevo. L’uomo, che da ora chiamerò Z, è seduto accanto a me. Emanuela Orlandi è seduta accanto ad un prete che non riconosco. Incominciamo a parlare con Z. Emanuela vivrà a Londra e saremo in pochi a tenerla d’occhio, io terrò contatti con A in Italia che mi dirà quando potrò ritornare. A sarà impegnato in Italia nel depistaggio insieme agli altri membri della organizzazione. A Londra Emanuela viene portata all’Ostello dei padri Scalabrini, e noi abbiamo un appartamento praticamente accanto. I primi tempi noi non abbiamo mai visto Emanuela, è stata rinchiusa in casa con dei preti e delle suore italiani, che poi dopo un periodo di tempo che non ricordo (ma saranno state settimane) sono ritornati in Italia”.
Questo ultimo passaggio in cui si scrive del trasferimento di Emanuela Orlandi a Londra coincide con quanto dichiarato nel 2024 dall’ex maresciallo dell’Aeronautica Giuseppe Dioguardi “che parlò di un volo notturno del Cai (a compagnia aerea dei servizi segreti) sollecitato dal Cardinale Piovanelli, è in quel genere di voli che non esistono carte d’imbarco o controlli serrati”. (fonte: Notte Criminale). L’ex maresciallo oggi in pensione ha rilasciato le sue dichiarazioni alla Rai, alla commissione parlamentare e molto probabilmente anche alla Procura di Roma.
Ecco il passaggio finale del memoriale: “A quanto so, quelle persone era designate a fare il lavaggio del cervello alla ragazza, erano persone esperte in questo tipo di pratiche. Io, in generale, Emanuela la vedevo poco niente. Io però ero colui che gestiva il passaggio di documenti e “pizzini” tra le varie mani, anche importanti. Di fatto ho ancora conservati alcuni documenti che ho avuto modo di dare a Pietro Orlandi. Ci tengo a dire di fatto che alcuni documenti di quel tempo venivano appositamente trascritti con piccole inesattezze e disattenzioni. Il tutto è sempre stato fatto per sradicare la veridicità del documento in un futuro ritrovamento (vedi doc. Ruini). Inoltre, svariati documenti, avevano svariate copie anche l’una diversa dall’altra in piccoli dettagli”.
“Chiunque abbia scritto questo memoriale – conclude Ambrisini – aveva lo scopo di farlo arrivare dentro i “palazzi”. Perché dentro ai “palazzi” c’è qualcuno che conosce questa storia, che conosce il perché il “muro di gomma” eretto dal Vaticano dura da oltre quarant’anni. Sarà questo il “vestito” giusto per questa vicenda? Non possiamo dirlo con certezza, ma questo scenario è il più coerente. Sono tessere di un puzzle che si incastrano. Sono frame di un film drammatico”.
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