Hollywood conquista le sale, ma gira in Italia: la controffensiva di Cinecittà
- Postato il 6 maggio 2025
- Di Panorama
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Mentre il presidente americano Donald Trump minaccia di estendere la guerra dei dazi anche al settore cinematografico – ipotizzando una tariffa d’ingresso per i film stranieri negli Stati Uniti – Hollywood continua a dominare incontrastata nelle sale italiane. Nel 2024, i film statunitensi si sono infatti accaparrati più della metà degli incassi al botteghino nazionale: 268 milioni di euro, pari al 54,2% del totale, con 36,4 milioni di spettatori, ovvero il 52,3% delle presenze.
Al confronto, il cinema italiano – comprese le coproduzioni – resta indietro, con 121,4 milioni di euro (24,6%) e circa 18 milioni di spettatori (25,7%). Un gap evidente, alimentato anche dalla sproporzione tra i blockbuster americani e le produzioni italiane: il maggiore successo del 2024 è stato Inside Out 2, con 46,5 milioni di euro incassati, mentre Il ragazzo dai pantaloni rosa, miglior risultato tra i film italiani, ha raggiunto i 9 milioni, piazzandosi al decimo posto nella classifica assoluta.
Di fronte a un mercato così sbilanciato, le iniziative per promuovere il cinema italiano all’estero si fanno sempre più strategiche. Tra queste spicca Open Roads: New Italian Cinema, la principale vetrina del nostro cinema in Nord America. La rassegna, organizzata da Cinecittà in collaborazione con Film at Lincoln Center, si svolgerà a New York dal 29 maggio al 5 giugno, portando sul grande schermo 14 titoli che hanno segnato la recente stagione cinematografica. Molti saranno presentati in anteprima americana e cittadina, con l’obiettivo di intercettare l’attenzione dell’industria e del pubblico USA, specie in vista degli Oscar.
Ma nonostante l’invasione americana nei cinema italiani, il flusso opposto – quello delle produzioni hollywoodiane in Italia – è tutt’altro che marginale. Cinecittà e le film commission regionali lavorano intensamente per attrarre set internazionali, complice un sistema di tax credit altamente competitivo, insieme a location iconiche e un clima favorevole. Un mix che continua a sedurre le grandi major statunitensi, sempre più spesso in cerca di scenari suggestivi e risparmio sui costi di produzione.
“Sappiamo quanto le produzioni americane beneficino dei nostri incentivi fiscali, e ancor più di quell’ecosistema di bellezze, clima, location, cultura, stile, per cui da sempre hanno scelto l’Italia cercando qualità che non si trovano in altri luoghi”, ha dichiarato l’amministratrice delegata di Cinecittà, Emanuela Cacciamani. L’auspicio, ha aggiunto, è che la “cooperazione” continui, a beneficio di un “arricchimento economico e culturale degli spettatori del mondo”.
A preoccupare Trump e parte di Hollywood, infatti, è proprio il fenomeno della delocalizzazione delle produzioni, sempre più frequente e vantaggioso per i colossi del cinema. Attualmente, sono attivi 30 set cinematografici in Italia, tra cui alcune importanti produzioni statunitensi: The Dog Stars, diretto da Ridley Scott, e The Odyssey, firmato da Christopher Nolan per Universal Pictures, con la produzione di Emma Thomas e della loro casa Syncopy.
Scott ha iniziato le riprese il 25 aprile e lavorerà per circa due mesi, coinvolgendo oltre 400 professionisti italiani e più di 100 stranieri. Nolan, invece, girerà per 12 settimane, impiegando 220 maestranze italiane e 250 statunitensi. Complessivamente, da inizio anno, i set avviati in Italia sono stati 105, di cui una decina con partecipazione internazionale. Tuttavia, avere un quadro dettagliato degli effetti economici del settore resta complesso.
“Noi ci stiamo lavorando, ma per quanto riguarda il lavoro è un settore difficilissimo da monitorare anche per l’Inps”, ha spiegato Sabina Di Marco, segretaria nazionale Slc Cgil. La sindacalista non risparmia critiche alla proposta di Trump: “Resta il fatto che questo dibattito è surreale e imbarazzante: non solo l’idea dei dazi è antieconomica ma è la negazione stessa dell’idea della cultura che è senza confini, transnazionale”.
Un’idea, quella dei dazi sui film stranieri, che ha già sollevato tensioni legali negli Stati Uniti. Bob Salladay, senior advisor per la comunicazione del governatore della California Gavin Newsom, ha dichiarato al sito Deadline: “Riteniamo che il presidente Donald Trump non abbia l’autorità di imporre dazi ai sensi dell’International Economic Emergency Powers Act, poiché i dazi non sono elencati come rimedio in tale legge”. Non a caso, la California è stato il primo Stato a fare causa alla Casa Bianca su questo fronte, e nuove azioni legali potrebbero presto seguirne.