I brand della moda al bivio: ultra-lusso o ultra-fast fashion?

  • Postato il 24 agosto 2025
  • Moda
  • Di Artribune
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L’inarrestabile pressione del fast fashion. I dazi di Trump. Le mosse mercantili di XI Jinping. L’erosione del potere di acquisto del ceto medio. Le frenetiche migrazioni dei nuovi ricchi. Tutti fattori che stanno mettendo i brand della moda di fronte a un bivio (… una rotonda a scorrimento veloce?). Che cosa ci sia alla fine dei tracciati da intraprendere, nessuno lo sa. Ruotano i designer, cambiano i Ceo, ma all’orizzonte nessun porto sicuro. Tuttavia, qualche segnale arriva: due segmenti di mercato stanno definendo i loro contorni. Sono segmenti “estremi” e per certi versi paradossali: da una parte abbiamo l’ultra-lusso e dell’ultra-fast fashion.

L’ultra lusso nel mondo della moda

Il primo è dominato dagli HNWI (High Net Worth Individual).  Questo termine è traslato dal settore finanziario e indica individui con risorse al di sopra di 1 milione di euro in asset investibili, escluso l’immobile di residenza principale. Come HNWI sono generalmente indicati clienti di private banking, wealth management che spendono oltre 50.000 € all’anno in beni di lusso e well-being. Gli HNWI rappresentano meno dell’1% del mercato, ma ne generano il 23% del valore: questo è quanto sostiene  l’ultimo rapporto True Luxury Global Consumer Insights redatto da  Boston Consulting Group  in collaborazione con Altagamma. Sempre secondo questo rapporto il loro numero si sta espandendo anno dopo anno e il 50% di questo gruppo prevede un aumento ulteriore del proprio budget di spesa. Nel fashion questo spazio è attualmente presidiato da brand come Hermès, Chanel, Bottega Veneta, Loro Piana o Brunello Cucinelli che hanno registrato tutti di recete risultati positivi in controtendenza con quanto sta accadendo del settore. 

Dune Sandals di The Row. © The Row
Dune Sandals di The Row. © The Row

Nuovi brand emergenti nell’ultra-lusso

Come logico, se questo spazio si amplia, nuovi brand provano a inserirvisi. Un caso particolarmente significativo è quello di The Row, fondato nel 2006 a New York dalle sorelle Olsen. Il nome scelto fa riferimento al Savile Row, la celebre via londinese un tempo mecca della sartoria maschile: è il segno dell’attenzione per l’artigianato che le Olsen vogliono trasmettere: il loro vuole essere uno stile “pulito” che si concentra innanzitutto sulla qualità tanto dei tessuti che della sartoria.  Mia, un abito midi realizzato in Italia in seta shantung leggera, con semplice design a trapezio, viene proposto a 3.200 $. Le borse della linea  Margaux, realizzate con materiali premium, un design discreto e nessun logo visibile si collocano in una fascia compresa tra i 3.500 e i 7.000 $.  I Dune Sandalinfradito in gomma, venduti a circa 690 $, hanno fatto rumore (anche polemico) per il design ridotto al minimo abbinato a un prezzo così elevato. Sono pezzi che hanno trovato popolarità sui social in contraddizione con la politica anti-social adottata dal brand.  Le presentazioni The Row si svolgono solitamente in ambienti raccolti spesso nel loro showroom nel West Village di New York. Nell’ottobre del 2024, The Row ha introdotto una politica ulteriormente restrittiva: durante la sfilata a Parigi non sono stati ammessi telefoni e fotocamere: gli ospiti disconnessi dal digitale sono stati invitati a prendere appunti su carta. È questo anche un modo per evitare lo streaming immediato. Una trovata di sapore snobistico?  
Nota finale, lo scorso anno, i fratelli Wertheimer (proprietari di Chanel) e Françoise Bettencourt Meyers (erede di L’Oréal la donna più ricca al mondo) ne hanno acquisito una quota, valutata 1 miliardo di dollari.

Il “patrimonio” dei brand dell’ultra-lusso

I brand dell’ultra-lusso sottolineano instancabilmente il loro heritage: Hermès è stato fondato nel 1837, Chanel nel 1910, Loro Piana nel 1924, Brunello Cucinelli nel 1978. È un elemento che piace agli HNWI i cui acquisti non sono guidati dal prezzo, ma dall’esclusività.  Il caso ideale è quello di un prodotto senza logo esposto, ma riconoscibile nella cerchia di appartenenza.  La principale minaccia per un marchio ultra-lusso è difatti l’ubiquità, tanto che alcuni marchi addirittura interrompono la produzione di un prodotto quando diventa troppo popolare. Hermès in questo è esemplare: si tratta di uno dei pochi brand ad avere più domanda che offerta. Le liste d’attesa per le borse Kelly Birkin sono celebri. Così accade per alcuni modelli di Rolex: per il GMT-Master II  (5 anni) e il Cosmograph Daytona (da 2 a 5 anni). L’effetto di gamification di liste del genere anziché irritare entusiasma clienti che altrimenti hanno già tutto.

L’ultra-fast fashion

All’estremo opposto dell’ultra-lusso prende forma il segmento dell’ultra-fast fashion che si basa su cicli di produzione fulminei, costi estremamente bassi e un turnover incessante di micro-tendenze veicolate attraverso i social media. Il sentimento guida su questo terreno è riassunto nell’acronimo FOMO (Fear Of Missing Out) cioè “paura di essere tagliati fuori”. Il termine, traslato dalla psicologia e dalla sociologia, descrivere l’ansia o il disagio che si prova quando si pensa che altri stiano vivendo esperienze interessanti da cui si è esclusi. Su questo genere di sindrome insistono i brand dell’ultra-fast fashion utilizzano grandi quantità di video haul (bottino, grande raccolta) diffusi su YouTube, TikTok e Instagram, dove l’influencer di turno mostra agli spettatori i propri nuovi acquisti. 

I brand dell’ultra-fast fashion

Brand come Shein e  Boohoo riescono a produrre migliaia di modelli in più persino rispetto alle loro controparti del fast fashion. Operano esclusivamente online riducendo tempi e costi legati ai negozi fisici. Mentre marchi del fast fashion come Zara e H&M introducono nuovi stili ogni settimana, lanciano centinaia di nuovi articoli ogni giorno e lo fanno assegnando loro prezzi imbattibili. Di Shein le pratiche di lavoro illegali e l’impatto ambientale devastante (utilizzo di fibre sintetiche derivate dai combustibili fossili e tinture tossiche) sono note.  Nel giugno scorso le autorità francesi hanno imposto multe per 40 milioni di euro a Shein per comunicazioni mendaci sulla sostenibilità degli articoli in vendita. A luglio una multa da 1 milione è arrivata da quelle italiane. Tuttavia, la domanda per i suoi prodotti continua a crescere: l’equivalente dell’abito Mia di The Row (3.200 $) qui lo trovi a 14 $, spese di spedizioni comprese.  Fondata nel 2008 in Cina, Shein è tuttavia diventato uno dei più grandi retailer di moda online al mondo. Tra il 2015 e il 2020 ha accelerato in USA ed Europa. Nel 2022 ha superato Zara e H&M come brand di moda più scaricato al mondo online. Lo scorso anno ha ottenuto ricavi intono ai 50 miliardi di dollari superiori a quelli di Gucci, Prada, Valentino, St. Laurent e Balenciaga e messi insieme.

Aldo Premoli

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L’articolo "I brand della moda al bivio: ultra-lusso o ultra-fast fashion?" è apparso per la prima volta su Artribune®.

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Artribune

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