I dazi di Trump spingono anche i Paesi dell’Asia sudorientale sempre più tra le braccia della Cina
- Postato il 11 settembre 2025
- Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
- 5 Visualizzazioni
.png)
La Cina sta spingendo i Paesi dell’Associazione delle Nazioni dell’Asia Sudorientale (Asean) a ratificare, entro la fine dell’anno, il potenziamento dell’accordo commerciale concordato lo scorso maggio. L’Asean è un organizzazione internazionale del sud-est asiatico che ha come Stati membri, tra gli altri, Indonesia, Vietnam, Filippine, Thailandia, Malesia e Singapore e che riveste un ruolo importante nelle dinamiche regionali. Il vice-ministro del Commercio cinese Yan Dong, come ricordato dal Jakarta Post, ha dichiarato, con un velato riferimento alla politica commerciale del Presidente americano Donald Trump, che “nonostante l’unilateralismo ed il protezionismo nelle catene di rifornimento globali, la Cina e l’Asean hanno insistito sulla cooperazione multilaterale per mantenere la stabilità e velocizzare le operazioni delle catene regionali di produzione industriale”.
Il potenziamento dell’accordo faciliterà gli scambi in settori come quello agricolo, digitale e farmaceutico. Lo scorso mese le esportazioni cinesi verso le nazioni Asean sono cresciute del 22,5% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un valore complessivo di 57,1 miliardi di dollari. La Cina ha, inoltre, fatto domanda di adesione al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership, un accordo commerciale che vede la partecipazione di nazioni come Perù, Regno Unito, Australia, Vietnam e Nuova Zelanda, originariamente ideato per contrastare la crescente influenza della Cina. Pechino, come ricordato dal Jakarta Post, sta cercando di posizionarsi come “la più aperta” tra le maggiori economie globali mentre Trump punisce l’Asia con i dazi e le politiche commerciali aggressive.
L’agenda protezionista della Casa Bianca ha lanciato una vera e propria offensiva commerciale contro i Paesi dell’Asean, soggetti a tariffe doganali tra le più elevate al mondo che hanno raggiunto il 49%. Gli obiettivi di Washington sono la riduzione della dipendenza dagli scambi con i Paesi con cui gli Stati Uniti accumulano deficit crescenti e il contenimento della Cina che da anni, come rileva il portale Notizie Geopolitiche, utilizza il Sud-est asiatico come piattaforma di esportazione verso Washington. La mossa spregiudicata di Trump ha sortito diversi effetti, in alcuni casi soddisfacenti in altri meno. Le nazioni dell’Asean non sono riuscite ad elaborare una risposta unitaria e coerente alle politiche americane e si sono frazionate dando vita a sforzi bilaterali per ridurre i dazi. A riuscirci, tra gli altri, sono stati il Vietnam, che ha ottenuto una riduzione al 20% in cambio della liberalizzazione del proprio mercato ai prodotti americani, l’Indonesia e le Filippine.
Le tre nazioni hanno fornito concessioni geopolitiche a Washington, impegnandosi in pratica o di fatto ad osteggiare le mosse di Pechino nella regione. Le nazioni più legate a Pechino, come Cambogia e Myanmar, non hanno invece raggiunto alcun intesa. Il rischio per Washington è quello di lasciare definitivamente a Pechino le nazioni su cui già esercitava una forte influenza e di inimicarsi esecutivi e popolazioni dei Paesi amici costretti, in ogni caso, a dover digerire il peso di dazi seppur ridotti e di concessioni in cambio di un mantenimento delle relazioni con l’Amministrazione Trump.
La politica commerciale della Casa Bianca si sta rivelando un pericoloso boomerang per Washington nel continente asiatico. Le sanzioni imposte all’India per ridurre l’acquisto del petrolio russo a prezzi scontati hanno, paradossalmente, portato a un riavvicinamento tra Nuova Delhi, Pechino e Mosca, fautrici di una sinergia continentale in grado di alterare gli equilibri regionali. Questa scelta ha demolito, in poche settimane, la tela diplomatica tessuta dalle precedenti amministrazioni e volta a coltivare l’India come un partner strategico per contenere l’espansionismo cinese in Asia.
Gli scambi commerciali tra Pechino e l’Asean hanno raggiunto i 597 miliardi di dollari nei primi sette mesi del 2025, cementando una relazione molto forte che ha reso Cina ed Asean, rispettivamente, i primi partner commerciali globali della controparte. Tra i pochi alleati inossidabili di Washington in Asia sono rimasti Corea del Sud, Giappone e Taiwan, unite dai timori nei confronti di Pechino ma anche relativamente deboli, dal punto di vista militare, rispetto alla Cina e dipendenti dall’aiuto militare americano. Il quadro continentale è favorevole a Pechino che, con pazienza ed una serie di mosse lente ma efficaci, si sta dimostrando un rivale formidabile per Washington.
L'articolo I dazi di Trump spingono anche i Paesi dell’Asia sudorientale sempre più tra le braccia della Cina proviene da Il Fatto Quotidiano.