“I giovani? Non sono scansafatiche, non accettano certi ritmi che abbiamo sostenuto noi. Un ristorante di proprietà? Mai più”: parla Filippo La Mantia

  • Postato il 31 agosto 2025
  • Cucina
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Voglio essere pagato per fare il lavoro che ho imparato in questi 35 anni. Mai più un ristorante di proprietà”. Lo chef palermitano Filippo La Mantia, tra i volti più conosciuti della cucina italiana, ha le idee chiare: non gestirà più alcun locale. Dopo le esperienze in Sicilia e a Roma, nel 2014 è approdato a Milano. Da due anni, però, il suo esercizio commerciale al Mercato Centrale ha chiuso. Ma più di un decennio fa, la città meneghina era diversa. “All’epoca, quando ho trattato il prezzo per il mio ristorante in piazza Risorgimento (l’attività è cessata nel 2020, ndr) mi sembrava alto, ma paragonandoli a quelli che ci sono oggi, mi sento di dire che era basso”, ha dichiarato in un’intervista a Il Giorno. Secondo lo chef, i prezzi nel mondo della ristorazione sono lievitati dopo l’Expo del 2015.

Oggi la città, per un privato che vuole aprire un locale, dal bar all’osteria, dalla locanda al ristorante stellato, è quasi impossibile – ha spiegato –. I costi di gestione sono altissimi e quindi lo puoi fare se hai molti soldi perché hai fatto investimenti in altri settori o perché li ha avuti in eredità. Mi riferisco al costo degli affitti che sono elevati a meno che tu non scelga di ‘sfruttare’ la periferia. Poi ci sono gli stipendi del personale da pagare, le utenze che sono aumentate e il costo della materia prima”. Fare un buon prezzo senza rinunciare alla qualità, a detta di La Mantia, è difficile. Nell’intervista, anche uno sfogo contro i ristoratori che, per far quadrare i conti, addebitano il taglio della torta o aumentano il costo del vino: “Bisogna avere il coraggio di parlare con il cliente”.

Al problema economico delle materie prime si aggiunge anche quello del personale. Anche perché “i giovani non vogliono più immolarsi al lavoro, ma non perché sono dei scansafatiche. Ho un figlio di 18 e so come sono – ha affermato lo chef –. Il Covid è stata per loro l’occasione per una presa di coscienza. Certi ritmi di lavoro che abbiamo sostenuto noi, loro non li accettano”. Ai colloqui, ha sottolineato lo chef, chiedono già condizioni ben precise. Per esempio, di non lavorare la domenica”.

Anche se si riuscisse a pagare l’affitto e a trovare il personale, mantenere un locale a Milano non è semplice. “I clienti sono tutti gourmet e vogliono mangiare bene. Devi saperli fidelizzare, non basta più contare sugli amici o conoscenti per avere il ristorante pieno tutte le sere”, ha evidenziato La Mantia. E potrebbe anche non bastare. Un’ulteriore spinta deve arrivare dal turismo, soprattutto durante eventi come la Fashion Week o il Salone del Mobile. “Ma devi avere un bel locale, nella zona giusta perché comunque turisti e visitatori non vanno a mangiare in fondo ai Navigli, scelgono zone più centrali, come Brera e Tortona”.

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