I potenti del mondo al funerale di Papa Bergoglio: ora un Papa nero dall’Africa?

  • Postato il 23 aprile 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Per i funerali di Francesco sabato a Roma ci sarà il mondo. Cifre da capogiro: 200 mila fedeli in piazza, capi di stato e di governo come mai in passato.

Trump, Zelensky, Ursula von der Leyen, Macron, Scholz, Starmer, i monarchi di Spagna e del Belgio, il brasiliano Da Silva, l’argentino Mayer. Non mancherà nessuno o quasi. Netanyau, infatti, rimarrà a casa, lo si poteva prevedere.

Una città blindata dove sarà difficile muoversi. In piazza migliaia fra poliziotti, carabinieri e finanzieri. Tutti per dare l’estremo addio al papa degli umili. Sarà una cerimonia semplice, così la voleva il pontefice, ma proprio per questo più vicina a quelli che non desiderano falsità e lacrime facili.

Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi non si nasconde una certa inquietudine, ma si augura che tutto vada per il meglio a dimostrazione che in Italia la difesa dell’ordine pubblico non ha forse concorrenti.

Tutto bene, allora? No, nemmeno per sogno: anche in questo caso chi va alla ricerca delle polemiche non si fa attendere.

Per la morte di Francesco, il governo ha stabilito cinque giorni di lutto nazionale. Fra questi, il 25 aprile, festa della Liberazione che nel 2025 compie l’ottantesimo anno.

Polemiche anche alla morte del Papa

I potenti del mondo al funerale di Papa Bergoglio: sarà un Papa nero dall’Africa?
I potenti del mondo al funerale di Papa Bergoglio: sarà un Papa nero dall’Africa? – Blitzquotidiano.it – (foto ANSA)

Poteva mancare chi si inalberasse subito? Per carità, una parte politica si innervosisce perché il ministro Musumeci dice che, in questo caso, ci si augura che le manifestazioni siano “sobrie”.

Ecco l’aggettivo che fa esplodere il malcontento. A prendere subito la parola Nicola Fratoianni, un leader della sinistra estrema, che non vedeva l’ora di far sentire la sua voce. “Sono allergici all’antifascismo”, tuona con sicurezza, felice di strappare un titolo sui giornali.

Era strafelice  il nostro uomo politico di poter intervenire e di farlo con la solita solfa del fascismo e antifascismo anche nei giorni in cui Roma è la capitale di tutti.

Ok, d’accordo: Fratoianni avrà toccato il cielo con le dita per aver raggiunto l’ob che voleva.

Ora, l’informazione, non becera e di parte, si metta l’animo in pace perché altri sono i problemi che si dovranno affrontare.

Primo fra tutti: chi sarà il successore di Bergoglio, il riformista ed il tradizionale insieme? Il pontefice che non si pronunciava sui gay, ma che al contempo sosteneva che l’aborto è un omicidio?

Le previsioni sono difficili, se non impossibili, se è vero, come è vero, il vecchio detto che ritiene “che chi entra papa in conclave ne esce cardinale”.

La manovre sotterranee sono cominciate, inutile sostenere che tutto si svolga alla luce del sole.

Becciu vorrebbe

Anche nella Chiesa le polemiche non mancano: quella del cardinale Angelo Becciu che vorrebbe partecipare al voto, anche se condannato. Il segretario di stato della Santa Sede risponde con un “no assoluto” e lui replica che Bergoglio lo avrebbe fatto entrare in Conclave. Al novantanove per cento (se non al cento) avrà ragione chi lo escluderà dall’esprimere il suo giudizio, ma è un particolare che non si poteva dimenticare. Chi sarà, dunque, papa quando la folla in piazza San Pietro vedrà uscire dal comignolo la fumata bianca? Gli italiani Parolin e Zuppi non si pronunciano, ma in cuor loro la speranza di vestirsi di bianco non la nascondono platealmente.

Sarà dura, però, perché gli avversari sono tanti e di prestigio. La sorpresa, ma non tanto, sarebbe quella di scegliere un cardinale di colore, ad esempio l’ arcivescovo della repubblica del Congo, Fridolin Besungu  che molti considerano “il Beroglio nero”. O quello del Ghana, Peter Kodwo Appiah Turkson. O quello della Costa d’Avorio, Ignace Bessi Dogbo.

Ma è inutile fare altri pronistici, bisogna solo aspettare l’annuncio “Habemus papam” con la folla che applaude ancor prima di sapere il suo nome.l

Nemmeno la diplomazia rimarrà inerte vista la grande occasione di vedere tanti uomini di governo riuniti insieme. Ci saranno incontri underground o colloqui che potrebbero portare a nuove rivoluzioni? Chissà?

Ad esempio, Trump e Ursulas Von der Leyen, favorevoli al summit di Roma quando si parlerà di dazi e del futuro dell’Europa. Giorgia Meloni lo spera e si augura che prima di giugno Roma possa essere di nuovo un capoluogo internazionale.

 

 

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Blitz

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