I potenti del mondo ossessionati dall’immortalità
- Postato il 23 settembre 2025
- Di Panorama
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Di che cosa parlano i potenti del mondo? Di immortalità. Lo ha rivelato un microfono lasciato inavvertitamente aperto alla parata militare di Pechino per l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Ci sono Vladimir Putin (Russia), Xi Jinping (Cina) e Kim Jong-Un (Corea del Nord) che camminano seguiti dal solito codazzo di diplomatici, gerarchi e ufficiali. Tutt’attorno il contesto, imponente e anche un po’ spaventoso, di piazza Tienanmen con la prova di potenza degli aspiranti padroni del pianeta: la parata militare, i carri armati, i missili, i droni, la supertecnologia, l’orgoglio e la forza, le bandiere rosse e i soldati in tenuta da combattimento. Eppure loro, i capi, quelli che stanno alla guida di tutto ciò, sembrano avere una preoccupazione che supera tutte le altre. Sembrano avere una domanda che conta più della spartizione dei territori, persino più della trattativa sui soldi. E quando sono fra di loro, quando pensano che nessuno li ascolti, si fanno proprio quella domanda. La domanda essenziale, per loro come per tutti: fino a quando vivrò?
Vita e morte oltre la geopolitica
Non che il resto sia da meno, sia chiaro. La rilevanza di quegli incontri è stata a più riprese sottolineata da tutti i grandi analisti internazionali. I temi affrontati, le strategie, la geopolitica, la politica economica, la politica militare e quella energetica, armi e gas, sanzioni e collaborazioni, tutto questo è stato sicuramente al centro dei colloqui. Delle trattative. Delle discussioni. Ma lì, nel momento in cui non avevano un’agenda fissata, in cui non c’erano i segretari a sottoporre i dossier, in uno dei pochi momenti che il cerimoniale lasciava libero da discorsi ufficiali, di che cosa hanno parlato quei potentissimi potenti? Della vita e della morte. Delle questioni essenziali. Perché i grandi del mondo a volte riescono a modellare a loro piacimento il passato. Ma non si capacitano di non riuscire a modellare a loro piacimento il futuro.
Sono dittatori, autocrati, non esitano a dare ordini crudeli, a massacrare interi popoli e oppositori. Sono duri, spietati, a volte persino feroci. E sono circondati da corti fedeli che allontano ogni fastidio, ogni critica, ogni voce sgradita. Ma nessuna corte fedele può allontanare quella voce che viene da dentro e che ricorda loro che sono destinati a morire. Le domande dei giornalisti si possono reprimere, quelle dei cittadini pure, quelle delle proteste figuriamoci. Ma la domanda che sale dal cuore, seppur indurito, quella no. Quella è inevitabile. E la domanda è: che vale comandare il mondo, muovere eserciti, spartirsi le terre, che vale tutto ciò di fronte alla morte?
Putin e la promessa dei 150 anni
«Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via», dice il salmo 90. Ed è proprio sui settant’anni, che in quel fuori onda cinese, si concentra Putin. Dice che a settant’anni una volta eri vecchio, ora a settant’anni «sei ancora un bambino». E poi garantisce che si sta lavorando sulle biotecnologie, sul trapianto degli organi, per poter sostituire via via i pezzi del corpo umano che si consumano con altri nuovi in modo da arrivare «entro la fine del secolo a 150 anni», e poi subito dopo «all’immortalità». Tutto campato in aria? Solo un’illusione? Probabilmente sì. Ma quello che mi ha colpito non è tanto la risposta (sbagliata) di Putin, quanto la sua domanda (giusta): come faremo a vivere per sempre?
La domanda universale
Quella, piaccia o no, è la domanda centrale. Insopprimibile. La domanda che ci facciamo tutti. Dal più buono al più criminale, dal più piccino al più potente, da Forlimpopoli a Tienanmen: l’uomo non è fatto per i limiti della vita terrena. Ha dentro di sé l’aspirazione all’infinito. E quest’aspirazione all’infinito, all’immortalità, al «per sempre», non possiamo cancellarla. Possiamo far finta che non ci sia. Possiamo seppellirla sotto quintali di distrazione. Ma la domanda resta sempre quella: come posso avere pane di vita eterna? C’è qualcuno che dà risposte sbagliate come Putin, attaccandosi alle biotecnologie modello Frankenstein. C’è qualcuno che dà risposta sbagliate come le sette, che trasformano questo bisogno di infinito dei seguaci in una forma di sfruttamento e di schiavitù. C’è qualcuno invece che ha dato un’altra risposta, oltre duemila anni fa, resuscitando dai morti e promettendoci la vita eterna. Ma chissà perché questa risposta, la stessa che hanno dato per secoli i nostri padri e i nostri nonni, oggi non sappiamo più insegnarla ai nostri figli.