Il cardinale Zuppi: “Disarmiamoci e non accettiamo alcuna forma di violenza. L’Europa deve risolvere i conflitti con il dialogo”
- Postato il 7 settembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Non so se don Oreste sarebbe salito sulla Flotilla ma avrebbe sicuramente trovato un modo per non assistere da lontano a quanto sta accadendo a Gaza”. Il prete citato è don Benzi, il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. Le parole pronunciate sono del cardinale Matteo Zuppi che sabato, nel centenario della nascita del sacerdote romagnolo, ha celebrato la messa sulla spiaggia libera del porto di Rimini. Una liturgia sulla sabbia che non vuol essere folclore né effetto scenico ma memoria viva, perché lì iniziò la rivoluzione di don Benzi che cominciò a bussare alle porte degli stabilimenti balneari romagnoli, uno a uno, finché la sua tenacia piegò quei muri invisibili e qualcuno accettò di ospitare comitive di ragazzi “scomodi”. Il presidente della Cei, quando il prete dalla tonica lisa aveva già cinquant’anni, era un giovane seminarista affascinato dalla figura di don Oreste.
Cardinale, quando iniziò a frequentare il sacerdote che stava dalla parte dei disabili, dei senzatetto, delle prostitute?
Con l’accordo di pace in Mozambico, nel 1992, al quale avevo lavorato con la comunità Sant’Egidio seguirono frequenti incontri a Rimini con don Oreste per conoscere le iniziative di Operazione Colomba nata dal desiderio di alcuni volontari e obiettori di coscienza della Papa Giovanni XXIII, di vivere concretamente la nonviolenza in zone di guerra. Mi colpì fin da subito la sua ferma volontà di stare sempre dalla parte dei più fragili, sempre nelle ferite della storia.
Un uomo di fede, un missionario al quale non sfuggiva la dimensione politica. A lui si deve, ad esempio, l’introduzione dell’affido familiare nell’ordinamento giuridico italiano.
Don Oreste esigeva quell’attenzione. La sua fermezza si sposava con la necessità d’intervento a difesa dei più deboli. Non aveva alcuna incertezza sul fatto che bisognava risolvere ciò che era ingiusto. Diceva che Dio ci aveva donato la famiglia, quindi tutti ne avevano diritto. Per lui, non esistevano utenti ma fratelli.
Benzi era contrario a compromessi come il metadone, la riduzione del danno, la depenalizzazione delle droghe leggere o della modica quantità. Un messaggio in controtendenza con la distribuzione di pipe sterili monouso alle persone che fanno uso di crack proprio nella sua città.
Sono preoccupazioni che vanno di pari passo, che hanno un comune denominatore: trovare le risposte adeguate. Per don Oreste era la comunità, l’aiutare i tossicodipendenti a ripartire dalla speranza. Altri pensano che in situazioni più critiche sia importante avvicinare i ragazzi. E’ necessario parlare dell’efficacia della terapia senza mai essere ideologici.
Dopo la morte del fondatore la Comunità Papa Giovanni XXIII ha continuato a vivere sulla scia del suo carisma ma con le sue gambe. A cosa si deve questo “miracolo”?
Lui ha sempre avuto fiducia negli altri affidando loro anche responsabilità. Era stato capace di essere carismatico ma allo stesso tempo di coinvolgere. Non era solo.
In questo momento che cosa possono fare le comunità cristiane per la pace? Lei ha letto a Marzabotto tutti i nomi dei bambini uccisi. Come provare a fermare questa guerra dal basso?
Prima di tutto la preghiera insieme alla solidarietà. Abbiamo bisogno di creare alleanze di pace come quella che abbiamo fatto tra i rappresentanti religiosi cattolici, ebrei e musulmani. E poi dobbiamo disarmarci.
Cosa intende con questo verbo? Pensa al tema del riarmo europeo?
Dobbiamo disarmarci dai pregiudizi, dagli stigmi, non accettare alcuna forma di violenza. La difesa dell’Europa poi dev’essere unita alla risoluzione dei conflitti con il dialogo. Dalla Seconda Guerra Mondiale è questa la nostra missione. Certo, abbiamo bisogno della difesa dell’Europa ma ci dev’essere un analogo investimento per mettere in campo ogni forma di dialogo.
La tre giorni riminese — promossa dal Comitato nazionale per il Centenario e dalla Fondazione don Oreste Benzi, insieme alla Comunità Papa Giovanni XXIII, alla Diocesi e al Comune di Rimini — prosegue domenica 7 settembre con incontri, testimonianze e momenti di festa. Ma l’apertura in riva al mare resta il segno più forte: un Vangelo senza muri né posti riservati, ma capace di parlare a tutti.
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