Il caso Rupnik è il simbolo della Chiesa che fatica a confrontarsi con gli abusi

  • Postato il 13 ottobre 2025
  • Cronaca
  • Di Agi.it
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Il caso Rupnik è il simbolo della Chiesa che fatica a confrontarsi con gli abusi

AGI - Il caso Rupnik rappresenta una delle vicende più complesse e dolorose per la Chiesa cattolica contemporanea perchè intreccia la dimensione spirituale e artistica con accuse di gravità estrema riguardo a presunti abusi sessuali, spirituali e di potere ai danni di persone sottoposte all'autorità del loro abusatore.

Chi è Marko Ivan Rupnik?

A essere accusato di questi crimini è un ex gesuita sloveno, Marko Ivan Rupnik, noto per i suoi mosaici presenti in numerosi santuari e chiese nel mondo e per la sua influenza nel campo dell'arte sacra. È stato accusato da diverse religiose di abusi psicologici, spirituali e sessuali avvenuti tra gli anni Novanta e Duemila in contesti comunitari legati al Centro Aletti da lui fondato a Roma.

Il caso ha suscitato grande scalpore perchè Rupnik per anni è stato una figura di riferimento per la riflessione teologica e per la pastorale artistica tanto che le sue opere erano considerate espressione di una profonda spiritualità orientale ispirata alla tradizione bizantina.

La denuncia delle vittime è emersa solo dopo molti anni di silenzio e di sofferenza quando alcune di loro hanno trovato il coraggio di raccontare le manipolazioni e le violenze subite in un clima di sudditanza psicologica alimentato dal carisma e dall'autorità spirituale del sacerdote.

In un primo momento padre Rupnik ricevette una scomunica dal Dicastero della Dottrina della Fede, ma il Vicariato si oppose e fu tolta in poche settimane. Il procedimento canonico continuò nella Compagnia di Gesù che ha espulso padre Rupnik, oggi sacerdote della diocesi di Capodistria. La Dottrina della Fede fu poi autorizzata da Papa Francesco a celebrare un nuovo processo che sta ora iniziando.

Ritardi e contraddizioni 

Il caso ha evidenziato dunque ritardi e contraddizioni nei meccanismi interni della Compagnia di Gesù e del Dicastero per la Dottrina della Fede che inizialmente avevano chiuso il procedimento salvo poi riaprirlo alla luce delle nuove testimonianze e delle forti reazioni dell'opinione pubblica. Il Centro Aletti da lui fondato, ha continuato a difenderlo sostenendo la sua innocenza e denunciando una campagna mediatica distorsiva. Tale posizione ha ulteriormente diviso il mondo ecclesiale tra chi ritiene indispensabile ascoltare le vittime e riconoscere la gravità del male compiuto e chi teme il nuovo processo cancelli anche l'eredità artistica di un autore che ha dato molto all'arte sacra contemporanea. Per ora alcuni vescovi hanno fatto coprire o rimuovere le opere di Rupnik per rispetto delle vittime, come avvenuto a Lourdes. Nel Palazzo Apostolico è firmata da Rupnik la cappella Redemptoris Mater che è ancora in uso ma viene poco frequententata.

La Chiesa che fatica a confrontarsi con gli abusi

Oggi il caso Rupnik resta simbolo di una Chiesa che fatica a confrontarsi fino in fondo con gli abusi di potere e di coscienza ma anche di una nuova consapevolezza che si fa strada tra i fedeli e le comunità religiose: quella secondo cui nessuna autorità spirituale può essere esente dal giudizio morale e nessuna opera artistica può oscurare il grido di chi ha sofferto.

L'esperienza delle vittime e la necessità di verità e giustizia chiedono ora una riflessione più ampia sul rapporto tra carisma e controllo sulle dinamiche di potere spirituale e sull'urgenza di una riforma che metta al centro la dignità delle persone e la trasparenza della Chiesa.

 

 

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Autore
Agi.it

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