Il Centro di Prodi non esiste perché non l’ha mai voluto. L’opinione di Merlo

  • Postato il 5 novembre 2025
  • Politica
  • Di Formiche
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Il pensiero di Romano Prodi non è mai facile da decifrare e da interpretare. Anche se, essendo da sempre molto legato al potere, il filo rosso che lega la sua riflessione è più semplice di quel che appare. Ora, e per non fare di tutta l’erba un fascio, mi soffermo esclusivamente attorno ad un solo aspetto che in questi ultimi tempi ha fatto discutere. Soprattutto quando si parla dell’assenza di ogni riferimento al Centro e a ciò che può rappresentare il Centro nell’attuale coalizione di sinistra e progressista del nostro Paese. E proprio Prodi viene individuato come colui che invita con più forza il capo del Pd, Schlein, ad allargare il recinto politico ed elettorale dell’attuale campo largo rispetto al suo attuale profilo di una sinistra radicale, massimalista, populista ed estremista. Ora, però, e al di là delle varie interpretazioni politiche che si danno sulla reale volontà dell’ex capo dell’Ulivo, non c’è alcun dubbio che il Centro che viene attribuito a Prodi resta sostanzialmente un mistero. E ciò per due ragioni.

Innanzitutto perché il professore bolognese, sempre molto attento alle logiche e alle dinamiche concrete e spregiudicate del potere, non ha mai parlato della necessità di rafforzare un’offerta politica centrista ma sempre e solo di allargare il perimetro dell’alleanza di sinistra per riequilibrarla rispetto al massimalismo e all’estremismo radicale dell’attuale segretaria del Pd Schlein. Del resto, il Centro è sempre stato una categoria sufficientemente estranea al verbo prodiano. È appena sufficiente ricordare, se non vogliamo sempre e solo santificare le sue parole – come è adusa quotidianamente la stampa compiacente progressista -, peraltro a volte molto scontate, i profondi dissapori e i forti contrasti con Franco Marini proprio sulla necessità di rilanciare e valorizzare il Centro e una “politica di centro” nel nostro Paese ai tempi dell’Ulivo ma anche dell’Unione. Motivazioni che rispondevano anche, per non dimenticare le antiche parole di Sandro Fontana proprio su Romano Prodi, a ragioni riconducibili a motivazioni dettate dal “rancore e dalla vendetta”. Comunque sia, il Centro non è mai stato un tema che ha fatto impazzire il professore bolognese che, del resto, non lo ha mai sposato. Sia nella sua esperienza nella Dc come “esperto” e come uomo di potere del sottogoverno e sia nella seconda repubblica all’interno della contesa politica.

In secondo luogo Prodi è sempre stato attento agli equilibri di potere all’interno della coalizione progressista e meno, molto meno, al suo riequilibrio politico. Non è un caso, del resto, che la sua predilezione è sempre e solo stata sulla figura che deve guidare l’intera alleanza di sinistra più che non sulla sua composizione politica. E, del resto, da autentico e consumato uomo di potere, questa era e resta la cifra distintiva e più importante per creare le condizioni reali per un’alternativa credibile e praticabile al centro destra in vista delle prossime elezioni politiche del 2027.

Ora, e alla luce di queste due oggettive considerazioni, si può tranquillamente concludere che la ricetta di Prodi non è affatto quella di rafforzare quel Centro e quella “politica di centro” di democristiana memoria. Molto più semplicemente si tratta di come individuare una figura di riferimento della coalizione progressista che non segua passivamente le indicazioni radicali e massimaliste della Schlein da un lato e che, dall’altro, sia in grado di allargare il recinto elettorale dell’alleanza stessa. Come sempre, un disegno politico, e di potere, che sia funzionale per tentare di vincere le elezioni. Ma, per favore, non parliamo più di un Centro prodiano.

Autore
Formiche

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