Il "cimitero delle auto" di Israele: un muro di veicoli per ricordare il 7 ottobre
- Postato il 27 novembre 2025
- Estero
- Di Agi.it
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Il "cimitero delle auto" di Israele: un muro di veicoli per ricordare il 7 ottobre
AGI - Lo Yad Vashem del 7 ottobre. Questo è per Israele il “cimitero delle auto” di Tkuma, a pochi chilometri da Gaza. Un vero e proprio muro di macchine crivellate di colpi e distrutte dai missili.
L’AGI ritorna in quello che un tempo era un semplice parcheggio vuoto a ovest del villaggio israeliano, nel deserto del Negev, e oggi rappresenta il nuovo memoriale per la ferita più grande per gli ebrei dopo l’Olocausto: l’attacco terroristico compiuto da Hamas poco più di due anni fa.
Sono oltre 1600 i veicoli - tra cui i pick up usati dai miliziani, moto e quello che resta di un’ambulanza - danneggiati durante l’attacco di Hamas e alcuni diventati gli ultimi rifugi per le vittime. “Lì dentro hanno recitato le loro ultime preghiere” spiega un giovanissimo soldato che due anni fa non era ancora maggiorenne. Poi la maggior parte di loro, sono stati trascinati fuori, uccisi, i loro corpi spesso mutilati e alcuni portati a Gaza, sia vivi che morti.
Il “Car Wall” - così lo chiamano in Israele - è oggi insieme allo spazio del Nova Festival a Re’im, il luogo di pellegrinaggio per ricordare e onorare i morti durante l’attacco di Hamas.
“5500 persone quella mattina si sono svegliate a Gaza, hanno imbracciato AK-47 e si sono diretti verso Israele con l’intenzione di massacrare il numero più alto di ebrei possibili”, racconta un ufficiale riservista dell’Idf, il capitano Adam Ittah, accompagnando i giornalisti e spiegando che a ogni macchina corrisponde la storia di una o più vittime. Come la Mazda 2 e la tragica fine dell’auto di Ron Shemer e Dan Ariel, con la quale i due ragazzi, insieme a un altro amico, Omer, il 6 ottobre decisero di recarsi al Festival. I tre provarono a scappare con l’auto subito dopo l’assalto, poi dopo aver realizzato di non avere possibilità di fuga, hanno deciso di nascondersi in rifugio, ma alle 6:39 del mattino vennero scoperti dai terroristi, i quali lanciarono tre granate dentro il rifugio. Omer fu l’unico a salvarsi, mentre il gemello di Dan andò a controllare praticamente ogni ospedale del Paese per trovare il fratello. Dopo quattro giorni tutta la famiglia ricevette la notizia che nessuna voleva ascoltare: Dan era morto.
Ittah prosegue raccontando il suo arrivo a Tkuma. La prima volta qui, Ittah ha visto un team di 30 riservisti che stavano pulendo e raccogliendo diverse oggetti dai veicoli. “Mi sono preso un minuto per comprendere cosa stessero facendo. Alla fine l’ho capito: stavano aspirando le ceneri delle vittime”, scandisce il capitano con la voce ancora tremante.
Alla fine del percorso, Ittah si sofferma sull’ultima targa, denominata Mazda 3, che racconta gli ultimi istanti di vita di Uriel Baruch e Michale Yoav. Michael poco prima di essere ucciso chiamò la moglie per comunicargli cosa stesse accadendo. All’improvviso, la chiamata si interruppe. Poco dopo, toccò alla moglie di Uriel telefonare per ricevere notizie dei due, ma al posto del marito, rispose un uomo con l’accento arabo: “Allahu Akbar”, e riattaccò. La macchina venne poi ritrovata sulla route 232. Oggi insieme ad altre 1650 auto, quel veicolo conserva gli ultimi tragici momenti per molte delle vittime del 7 ottobre. Un ‘piccolo’ Yad Vashem, per non dimenticare l’ennesima tragedia per il popolo ebraico.
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