Il concerto degli Oasis visto dalla GenZ: il ‘pellegrinaggio’ che inizia a Bergamo e arriva davanti ai ‘fratelli coltelli’, per vivere un sogno

  • Postato il 25 agosto 2025
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Avere vent’anni e andare a vedere gli Oasis che si sono ‘separati’ che eravamo piccini? Sì, perché siamo tra i fortunati che sono riusciti a comprare un biglietto per l’attesissima reunion. E perché abbiamo ascoltato e quel repertorio lo conosciamo. La sensazione, da subito, proprio dal gate dell’aeroporto di Bergamo dove abbiamo preso l’aereo per raggiungere Edimburgo, è quella di un pellegrinaggio: le persone che si stanno per imbarcare sul volo che li porterà a un rito collettivo hanno tutte le età. C’è un uomo sulla trentina con la maglia del Manchester City, la squadra per cui tifano i fratelli Gallagher, e sulla schiena ha il numero 10 e la scritta “Oasis”. Due persone, di circa 50 anni, indossano una maglietta con la copertina dell’album “(What’s the story) Morning glory” e scherzano sul fatto che Liam e Noel potrebbero litigare di nuovo e far saltare tutto. Un signore indossa un cappello da pescatore e degli occhiali da sole rotondi anche se è sera. Tutto sembra preannunciare il concerto più atteso del decennio. Ci siamo noi, io e i miei amici, poco più che ventenni.

A Edimburgo l’atmosfera non è diversa. Nonostante in città ci sia il Fringe festival, un evento che nel mese di agosto porta la popolazione della capitale scozzese quasi a raddoppiare, sembra che tutti siano lì per lo stesso motivo. Il concerto degli Oasis fa da sfondo a tutto. Camminando per le strade ci sono spettacoli di ogni tipo: circensi, comici, musicisti e intrattenitori trasformano la città in un gigantesco palcoscenico. Folle di persone si radunano in cerchio intorno a chi attira la loro attenzione, ma quest’anno la maggior parte degli spettatori indossa il merch della band di Manchester. Nei pub, in sottofondo, suonano le canzoni degli Oasis e le persone sedute a bere una birra canticchiano pregustando il concerto.

Prendiamo l’autobus su Princes Street in direzione Murrayfield Road, dove si trova ‘il nostro’ ingresso dello stadio. Sulla strada continua la parata di cosplayer dei fratelli Gallagher: persone vestite con cappelli da pescatore, giacche antipioggia, tute Adidas e altri look anni ’90. Il Murrayfield Hotel, proprio di fronte allo stadio, è stato ribattezzato “Oasisfield” per l’occasione e molti aspettano lì, circondati da barili di birra, il momento di entrare allo stadio.

La fila per entrare è lunga, ma l’atmosfera è elettrica. A decine si sono radunati in gruppetti nel parco fuori dallo stadio. Sono quelli che non sono riusciti a prendere il biglietto, ma non hanno intenzione di perdersi uno spettacolo del genere. Intoneranno comunque i successi della band. Un modo per dire anche io c’ero. Superati i controlli, ci si para davanti una folla di persone allegre, chiassose e spesso con più di una pinta in mano. Le file sembrano infinite in tutti gli stand allestiti intorno allo stadio: da quelli per il cibo e per le bevande a quelli per acquistare il merch, le persone in attesa sono così tante che le file sembrano mischiarsi.

Dopo aver preso una birra, quasi per non sentirci esclusi, abbiamo preso posto nel nostro settore. Ad aprire il concerto, come nelle date precedenti, è Richard Ashcroft, ex frontman dei Verve. Un ospite d’eccezione per scaldare un pubblico che non ha bisogno di essere scaldato. Ashcroft mette in scena una bella performance dei suoi brani più famosi, mentre il cielo di Edimburgo, prima nuvoloso, si apre, lasciando che il sole illumini il settore Est dello stadio. Quando canta Bittersweet Symphony sembra che il concerto sia il suo: tutti cantano a squarciagola. Un ragazzo mi si affianca, mi mette un braccio sulla spalla e canta il ritornello della canzone ondeggiando. Io canto insieme a lui e altre 60mila persone. Pausa.

It’s not a drill”, attenzione, non è un’esercitazione, si legge sui maxischermi sopra il palco. È finalmente realtà. I fratelli Gallagher, Noel, 58 anni, e Liam, 52, sono di nuovo sul palco a suonare insieme. La folla impazzisce. I due si tengono per mano, Liam con una giacca antipioggia nera, un cappello da pescatore bianco e delle maracas in mano e Noel con una camicia blu e un braccio al cielo. Si abbracciano e ognuno si mette al proprio posto. Lo show inizia con il brano Hello e dai posti in alto dove mi trovo vedo le persone nel parterre che saltano e ballano. Noel, durante la canzone, cambia le proprie espressioni in base al testo della canzone, mentre il fratello canta “Hello, it’s good to be back”. Poi un successo dietro l’altro, con lo stadio che canta all’unisono e si scatena. Impossibile restare seduti: Acquiesce, durante la quale Liam suona il suo tamburello e canta “We need each other”, quasi una dedica alla pace – forse – ritrovata col fratello, seguita da Morning Glory, Some Might Say e Bring It Down.

Non capisco bene cosa dicano i fratelli tra una canzone e l’altra. L’accento di Manchester mette a dura prova il mio B2 di inglese. Per Cigarettes and Alcohol, Liam chiede al pubblico di voltarsi dando le spalle al palco. Si salta e si canta, ma dopo poco nessuno riesce a continuare a guardare solo gli spalti, non dopo un’attesa così lunga. Poi Fade Away e Supersonic.

Anche prima di Roll With It Liam dice qualcosa di incomprensibile, ma il Daily Record del giorno dopo mi viene in soccorso. Il cantante ha definito il consiglio comunale di Edimburgo “un branco di serpenti“. Una replica a un rapporto delle autorità locali sulla sicurezza che sostanzialmente definiva i fan della band come degli uomini di mezza età ubriaconi. Ovviamente la cosa non è andata giù ai fratelli Gallagher. “Stiamo portando 1 miliardo di sterline a questa città”, ha detto Liam sottolineando che aspettano ancora delle scuse dal consiglio cittadino.

Circa a metà concerto, Liam cede il palco a Noel, regalandoci un momento romantico e malinconico. Quando canta Half the World Away lo stadio sembra sovrastare la sua voce. Ci sono anche Talk Tonight, “for the ladies”, come dice il maggiore dei fratelli Gallagher, e Little by Little, “for the lads”. Gli Oasis poi continuano a cantare un susseguirsi di inni generazionali, tra cui Stand by Me, Slide Away, Whatever e Live Forever. La voce di Liam è potente e aggressiva, aiutata dai cori e falsetti di Noel. I due, dopo anni di litigi, sul palco sembrano completarsi e forse un po’ completano anche noi.

L’ultima canzone in scaletta è Rock ‘n’ Roll Star, un brano che ti fa sentire onnipotente, ma l’apice si raggiunge alla fine del concerto, al momento del bis, che vede in sequenza The Masterplan, Don’t Look Back in Anger, Wonderwall e infine Champagne Supernova. Canzoni che potrebbe intonare il pubblico da solo, per quanto forte canta.

Lo show è finito. Abbiamo saltato, cantato e ballato. Non siamo stati seduti un attimo neanche noi sugli spalti. Molti si sono ammassati sulle ringhiere che segnavano la fine del settore per potersi scatenare ed essere anche solo un po’ più vicini ai loro idoli. Usciti dallo stadio, ci incamminiamo con una folla di persone verso l’uscita. Andando verso l’appartamento che avevamo affittato per la notte, un gruppo di ragazzi cammina a fianco a noi e continua a cantare i brani degli Oasis. Nessuno accetta che il sogno finisca, ma tutti ce ne andiamo felici, è una notte da ricordare che si abbiano venti o cinquant’anni poco importa.

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Il Fatto Quotidiano

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