Il cuore sportivo dell’antica Pompei: la Palestra Grande

Passeggiando tra le rovine di Pompei, a pochi passi dall’imponente Anfiteatro, si apre uno spazio vasto e maestoso: la Palestra Grande, una delle testimonianze più emblematiche di come l’ideologia romana si insinuasse nella vita quotidiana, persino nei luoghi dedicati all’esercizio fisico. Costruita nel I secolo a.C., nasce dall’esigenza concreta di offrire ai giovani pompeiani un luogo adeguato in cui praticare ginnastica, superando le limitazioni della più piccola e datata Palestra Sannitica, ospitata all’interno delle Terme Stabiane.

Con l’avvento dell’età augustea, tuttavia, la palestra assunse un ruolo ben più ambizioso: non si trattava più solo di allenarsi fisicamente, ma di formare cittadini devoti all’ordine politico imposto da Augusto. I giovani venivano così inquadrati in vere e proprie associazioni, i collegia iuvenum, e, sotto la supervisione dell’autorità imperiale, iniziavano un percorso di educazione fisica e morale. In tale prospettiva, il corpo diventava veicolo di propaganda, e l’allenamento un mezzo per instillare valori come disciplina, forza e fedeltà all’Impero.

Una geometria monumentale per esaltare lo spirito romano

La struttura si impone con una pianta rettangolare di 141 metri per 107, completamente racchiusa da un alto muro merlato che sembra proteggere, oltre al corpo, anche l’identità civica dei suoi frequentatori. Dieci porte consentivano l’accesso a un mondo dove il rigore architettonico si univa all’armonia classica. Le facciate, pur sobrie, erano arricchite da semicolonne, architravi e frontoni con capitelli modellati in forme semplici ma eleganti.

Il vero cuore della palestra era rappresentato dal vasto portico, che correva su tre lati con trentacinque colonne ciascuno, mentre sul lato occidentale se ne contavano quarantotto. Oggi, osservando i fusti delle colonne, si possono ancora distinguere le tracce del piombo fuso utilizzato per stabilizzarle dopo il devastante terremoto del 62 d.C. Un intervento d’urgenza, che però non fece in tempo a restituire piena solidità alla struttura prima della tragica eruzione del 79.

I capitelli, realizzati in tufo, rivelano una raffinatezza tipica dell’epoca: le foglie d’acanto avvolgono la parte inferiore, mentre volute di gusto ionico completano la composizione nella fascia superiore. Il piano del portico, leggermente sopraelevato, conduceva all’arena centrale tramite quattro scale laterali e una scalinata centrale più imponente, che con ogni probabilità fungeva anche da ingresso cerimoniale.

La piscina al centro del sapere fisico e simbolico

Proprio al centro della Palestra spiccava la natatio, una piscina di dimensioni notevoli (35×22 metri) costruita con un fondo inclinato: da una profondità iniziale di un metro si scendeva fino ai 2,60 metri.

Il riempimento avveniva grazie a un sofisticato sistema idraulico, con l’acqua convogliata da un castellum aquae collocato nel vicino vicolo occidentale.

Oltre a essere un luogo per esercitazioni di nuoto, la piscina costituiva anche un elemento scenografico e simbolico: l’acqua, elemento purificatore, era parte integrante della formazione del giovane cittadino romano.

Tra pitture, graffiti e tracce di vita quotidiana

Scorcio delle antiche rovine di Pompei
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Scorcio delle rovine di Pompei

Ma la Palestra Grande era anche spazio di socializzazione, teatro di conversazioni, di emozioni condivise e di gesti impulsivi.

Le pareti del portico e persino alcune colonne conservano tracce della decorazione pittorica in terzo stile, testimonianza dell’estetica raffinata che permeava anche gli ambienti più funzionali. Accanto alle eleganti composizioni, emergono le voci dei giovani pompeiani sotto forma di graffiti: commenti pungenti, confessioni d’amore, insulti coloriti. Da “Alla malora Casellius” fino al provocatorio “Iucundus caca male”, i messaggi graffiati nella pietra ci raccontano un’umanità sorprendentemente simile alla nostra, ricca di passioni, rivalità, vanità.

Quando il Vesuvio esplose nel 79 d.C., la Palestra Grande non fu risparmiata dalla furia della nube piroclastica. All’interno furono rinvenuti i resti di diciassette persone, mentre altre diciotto trovarono rifugio (e la morte) nella latrina. Molti dei corpi erano ancora adornati con monili d’oro, d’argento e bronzo, dettagli che raccontano l’improvvisa interruzione di vite altrimenti immerse nella quotidianità.

Oggi, passeggiando tra i platani che un tempo ombreggiavano l’area (di cui restano solo i calchi delle radici), si respira ancora l’essenza di quella Pompei viva e giovane, dove il motto latino mens sana in corpore sano prendeva forma concreta. La Palestra Grande non fu solo un luogo per scolpire il corpo, ma anche uno spazio in cui si forgiava l’identità di cittadini dell’Impero, ed è proprio in questa duplice dimensione, fisica e simbolica, che risiede la sua straordinaria importanza.

Autore
SiViaggia.it

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