Il decreto-beffa del Ministero della Cultura: solo 7 milioni ai festival nel 2025. Stanziamenti? Si sapranno solo a fine anno

  • Postato il 18 luglio 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nello scenario sempre più confuso del Ministero della Cultura, nello scontro in atto tra il ministro Alessandro Giuli e la sottosegretaria Lucia Borgonzoni (ovvero tra Fratelli d’Italia e Lega) una delle conseguenze è il rallentamento complessivo di tutta la macchina amministrativo-burocratica: non soltanto il sempre più controverso tax credit, ma anche il sostegno pubblico a tante altre attività del ‘sistema cinema‘ soffre di aggravate lentezze. Queste non vanno attribuite alla macchina amministrativa in sé, ma al decisore politico, ovvero al ministro e ai sottosegretari delegati, cui spetta la firma (talvolta formale, spesso sostanziale) dei provvedimenti. Il caso dei festival cinematografici è emblematico: la legge Franceschini del 2016 assegna loro gli spiccioli del ricco banchetto del sostegno pubblico al cinema e all’audiovisivo, ovvero l’1 % di quei 700 milioni di euro l’anno previsti per legge (in gran parte assorbiti dal credito di imposta). Eppure si tratta di uno dei settori di attività più vivaci e preziosi per la stimolazione della cultura, per la diffusione di opere di ricerca e sperimentazione. In Italia, secondo le elaborazioni del progetto dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale IsICult “Italia dei Festival”, sono circa 500 le kermesse di cinema disseminate lungo tutta la Penisola, su un totale di oltre 3mila festival (dato che include anche teatro, musica, danza, letteratura ed altre arti): meno di 400 di esse bussa ogni anno alle porte del Mic, e circa 200 istanze vengono accolte, con contributi statali che oscillano tra le centinaia di migliaia di euro ed un minimo di 10mila euro.

Nel 2024, tra festival e rassegne di cinema, il Ministero ha finanziato 192 iniziative, ovvero la metà di quei 382 postulanti che hanno bussato alle porte della Direzione Cinema e Audiovisivo. L’anno scorso era stato introdotto dall’allora ministro Gennaro Sangiuliano (FdI) un tetto di 400mila euro per evitare che alcuni festival, come Giffoni Valle Piana (caro al governatore della Campania Vincenzo De Luca), assorbissero troppe risorse (nel 2023 ben 950.000 euro), ma quest’anno il limite è stato incomprensibilmente eliminato. I festival vengono selezionati da una commissione ministeriale di 12 esperti scelta discrezionalmente dal ministro, senza alcuna procedura pubblica. Qualche settimana fa la maggioranza dei membri di questa commissione (coordinata dall’avvocato Gianfranco Rinaldi) si è dimessa, sia per rischi di conflitti di interessi sia per contestare il regolamento di assegnazione dei contributi.

Martedì 15 luglio, nonostante fosse dimissionario da una decina di giorni, l’ex direttore generale del Cinema e Audiovisivo Nicola Borrelli ha apposto la propria firma sul bando per l’anno 2025, ovvero per le attività festivaliere che vanno dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025. Meglio tardi che mai? Molti temevano lo slittamento del bando addirittura a settembre. L’avviso è aperto dal 30 luglio al 27 agosto. Nominata la commissione, si prevedono almeno due mesi di procedure istruttorie. Risultato? I festival cinematografici italiani sapranno paradossalmente forse a dicembre 2025 se potranno beneficiare del sostegno dello Stato per le attività già svolte nel corso del 2025.

Le reazioni degli organizzatori di festival, a fronte di questo ennesimo bando-beffa, sono dure e acide, ma quasi nessuno ha il coraggio di protestare pubblicamente perché diffuso è il timore di ritorsioni. Su questa surreale dinamica burocratica di (mal) governo della politica culturale, la sempre entusiasta Sottosegretaria leghista tace. E venerdì 18 luglio giunge la notizia di un’improvvisa “convocazione” al Ministero della Cultura di molte rappresentanze del settore (dai produttori agli autori ma anche le piattaforme come Netflix): cosa andranno ad annunciare il ministro Giuli e la sottosegretaria Borgonzoni lunedì 21 luglio al Collegio Romano? Alcuni osservano che si tratta di una convocazione piuttosto aperta, ma curiosamente non sono stati invitati due soggetti che pure rappresentano migliaia di operatori e lavoratori del settore, ovvero Unita e #Siamoaititolidicoda: proprio quei due soggetti che non hanno firmato la lettera di richiesta di incontro con la sottosegretaria Borgonzoni, lettera che secondo alcune ricostruzioni era stata sollecitata da lei stessa (la diretta interessata ha smentito) per riaffermare di fronte al Ministro il suo personale dominio politico sul settore cine-audiovisivo.

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