Il democratico che imita Trump per batterlo: chi è Gavin Newsom il camaleonte californiano che mira già alla Casa Bianca
- Postato il 1 luglio 2025
- Di Panorama
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È un vero e proprio eroe quello che sembra stia sorgendo negli Stati Uniti! A sentire certa stampa, pare che il governatore della California, Gavin Newsom, sia un cavaliere senza macchia e senza paura, pronto a sfidare quel bieco autoritario di Donald Trump, «reo» di aver schierato la Guardia nazionale e i marines per far fronte ai disordini scoppiati recentemente a Los Angeles. Del resto, è lo stesso Newsom che sta portando avanti questa narrazione. «La democrazia è sotto attacco davanti ai nostri occhi: il momento che temevamo è arrivato», ha dichiarato il diretto interessato, accusando inoltre la Casa Bianca di «abuso di potere» e facendole anche causa, per cercare di impedirle il dispiegamento della Guardia nazionale.
Insomma, il governatore, aiutato anche da una parte della stampa, si sta presentando come un paladino della libertà contro un Trump equiparato più o meno a una sorta di tirannico Giorgio III. Eppure, se andiamo un poco al di là di questo manicheismo semplicistico, scopriremo forse che, alla base della linea di Newsom, si registrano motivazioni differenti da quella della «difesa della democrazia». Certo, c’è chi penserà magari che siamo maliziosi. Tuttavia, come diceva uno che se ne intendeva, a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Eh sì, perché, dietro all’attivismo per la democrazia, il governatore cela in realtà serie ambizioni presidenziali in vista delle elezioni del 2028.
Ambizioni che Newsom sta da tempo coltivando a suon di camaleontismo politico: un camaleontismo, per inciso, venato da una discreta dose di machiavellismo. Figlio di William Newsom (giudice della Corte d’appello di San Francisco, assai vicino alla dinastia Getty), Gavin era un tempo il paladino riconosciuto della sinistra woke di marca californiana e assai apprezzata dai ceti urbani altolocati delle due Coste. Nel 2020, firmò una legge che consentiva ai detenuti transgender della California di essere collocati in carceri che rispondessero alla loro identità di genere. Due anni dopo, ne firmò un’altra che autorizzava il Medical board of California a sanzionare i medici che diffondevano informazioni sul Covid-19 ritenute non allineate al «consenso scientifico contemporaneo». È inoltre storicamente un fautore dell’auto elettrica per ragioni ambientaliste. Eppure, all’improvviso, è emerso un cambiamento. Dopo la vittoria di Trump lo scorso novembre, Newsom ha iniziato a prendere le distanze dalla deriva woke. A marzo, ha detto di essere contrario alla competizione dei transgender negli sport femminili e ha anche abolito due normative green per far fronte alla crisi degli incendi boschivi. A maggio, ha inoltre proposto di congelare il programma sanitario statale a favore degli immigrati irregolari. Insomma, il paladino liberal ha virato significativamente a destra.
Una conversione sulla via di Damasco? Non esattamente. Diciamo che si è piuttosto trattato di un furbo calcolo elettorale. Che Newsom nutra ambizioni presidenziali, è noto da anni. Tuttavia, nel corso del 2024, il governatore ha giocato abilmente le sue carte. Prima ha evitato di scendere in campo contro Joe Biden alle primarie dem, scongiurando così il rischio di bruciarsi. Poi, quando lo stesso Biden si è ritirato, ha lasciato che fosse Kamala Harris a prenderne il posto nella competizione elettorale: una mossa machiavellica, che aveva il preciso intento (tra l’altro riuscitissimo) di mandare l’allora vicepresidente americano politicamente a sbattere. L’obiettivo era d’altronde chiaro: il fallimento della Harris ha reso aperta la competizione per le primarie dem del 2028. Primarie a cui Newsom sembra abbia tutta l’intenzione di candidarsi.
E arriviamo così al cuore della sua strategia. La vittoria novembrina di Trump ha dimostrato che la base democratica della Rust Belt, in buona parte costituita da elettori appartenenti alla working class, guarda ormai con estrema irritazione all’ideologia woke. Newsom ha quindi fiutato il cambio di corrente. E si è adeguato, come abbiamo visto, buttandosi a destra sulla questione dei transgender negli sport e su quella dell’immigrazione irregolare. Tuttavia la linea «law and order» recentemente promossa da Trump a Los Angeles era un’occasione politico-mediatica troppo ghiotta per il governatore, che infatti si è prontamente rispostato a sinistra. Proponendosi come il baluardo della democrazia, Newsom punta infatti a sfruttare una copertura mediatica a lui favorevole. Il che ha due obiettivi: posizionarsi come il front runner alle primarie dem del 2028 e, al contempo, accreditare le proprie doti di leadership all’interno di un partito, quello democratico, che è ormai da mesi nel caos.
Più che a Trump, Newsom punta dunque a tagliare politicamente le gambe ai suoi possibili rivali interni: dal governatore della Pennsylvania Josh Shapiro (che deve vedersela con la concorrenza interna del senatore John Fetterman) alla collega del Michigan Gretchen Whitmer, passando per la deputata Alexandria Ocasio-Cortez. E attenzione: gli avversari hanno capito benissimo a che gioco sta giocando il governatore della California. Non a caso, Shapiro ha fatto sapere che «non avrà paura di opporsi» a Trump, nel caso quest’ultimo dovesse inviare dei soldati anche nella sua Pennsylvania. E non è solo una questione interna ai dem. JD Vance, che sarà verosimilmente il successore dello stesso Trump nel Partito repubblicano alle prossime presidenziali, già considera Newsom come il suo probabile avversario. E infatti ha accusato il governatore della California di aver «incoraggiato» i disordini di Los Angeles. «Il problema sei tu», ha dichiarato l’attuale vicepresidente americano su X, rivolgendosi direttamente a Newsom.
Resta comunque da vedere se la strategia «democristiana» del governatore si rivelerà vincente. Già Biden aveva impostato la sua ultima campagna elettorale del 2024 sulla «difesa della democrazia» e abbiamo visto che le cose non sono andate esattamente per il verso giusto.
Inoltre, pur essendo politicamente molto più scaltro di Kamala Harris, il governatore della California rischia non poco con la sua linea ondivaga: una linea che, come nel caso della stessa Harris l’anno scorso, potrebbe finire con l’infastidire o confondere l’elettorato. Senza trascurare che, come già accennato, la base dem della Rust Belt non è troppo bendisposta verso gli esponenti dell’astrusa sinistra liberal californiana (quelli che, per intenderci, già Ronald Reagan definiva spregiativamente i «San Francisco Democrats»). Newsom dovrà quindi faticare non poco per accattivarsi le simpatie della working class e per arginare, da questo punto di vista, la concorrenza di Shapiro: un profilo che, almeno sulla carta, risulta più attrattivo per i colletti blu.
Infine attenzione: andando al di là del solo perimetro elettorale dem, è tutto da dimostrare che, a livello nazionale, la battaglia di Newsom contro Trump su Los Angeles si rivelerà realmente popolare. Una delle ragioni che, l’anno scorso, hanno portato alla vittoria dell’attuale presidente americano è stata infatti proprio la sua linea dura in termini di sicurezza e contrasto all’immigrazione clandestina.
Insomma, se dovesse virare su una strategia improntata al solo anti trumpismo, non è detto che Newsom arriverà elettoralmente troppo lontano. La strada per il 2028 risulta ancora lunga, è vero. Tuttavia, l’unico auspicio, almeno per il momento, è che la si smetta di dipingere il governatore californiano come un “paladino della libertà”. Newsom non è mosso da un grande afflato ideale, ma da calcoli elettorali. Legittimi, per carità. Ma sempre di calcoli elettorali si tratta.