Il diritto dell’immigrazione diventa la nuova frontiera legale del calcio globale
- Postato il 6 novembre 2025
- Business
- Di Forbes Italia
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di Oliver Mellors
Avvocato e docente universitario, scrittore e speaker internazionale, membro uscente del board Uefa Academy Alumni Association, Carlo Rombolà rappresenta una delle voci più autorevoli nel panorama legale legato al mondo del calcio. Da oltre vent’anni si occupa di diritto dello sport e dell’immigrazione, un ambito sempre più strategico in un settore globale per definizione. Forbes lo ha intervistato su questi temi.
Avvocato Rombolà, partiamo dal suo percorso. Come nasce il suo legame con il diritto sportivo e internazionale?
La mia esperienza nel mondo Uefa è cominciata con il Football Law Programme, un corso di alta specializzazione in diritto calcistico internazionale dedicato ai professionisti del settore giuridico. Successivamente, sono entrato nel board della Uefa Academy Alumni Association, che riunisce oltre tremila diplomati provenienti da ogni continente: persone che oggi operano stabilmente in club, federazioni e istituzioni sportive globali. Parallelamente ho fondato a Roma lo studio che porta il mio nome, attivo nel diritto dello sport, internazionale e dell’immigrazione. È una dimensione che mi ha permesso di coniugare competenze giuridiche e relazioni umane, lavorando con clienti provenienti da tutti e cinque i continenti.
Negli ultimi anni lei ha concentrato molta attenzione sull’immigrazione legata al calcio. In che modo questi due mondi si incontrano?
Nel calcio di oggi, l’immigrazione non è più solo una questione burocratica: è un tema identitario, economico e culturale. Ogni trasferimento internazionale implica permessi di soggiorno, status lavorativo, vincoli normativi e differenze tra ordinamenti che vanno conosciute a fondo. Lavorare in questo ambito significa tutelare la mobilità dei professionisti del calcio — calciatori, allenatori, dirigenti — ma anche supportare club e intermediari nel garantire che ogni operazione sia conforme alle leggi nazionali e alle regolamentazioni Fifa e Uefa. È un lavoro complesso, ma estremamente stimolante.
Quanto pesa oggi la conoscenza delle normative migratorie per club e procuratori che operano a livello internazionale?
È diventata una competenza imprescindibile. Le società sportive si muovono su mercati globali e non possono permettersi errori procedurali che rischiano di invalidare un contratto o rallentare un trasferimento. Dall’ottenimento dei visti ai requisiti per i permessi di lavoro, fino alle norme fiscali e previdenziali, la materia è molto tecnica e in continua evoluzione. Avere al fianco professionisti capaci di interpretare questi scenari significa evitare rischi, ma anche cogliere opportunità strategiche in modo più rapido e consapevole.
Dal suo osservatorio, quali sono le principali criticità legali nei trasferimenti internazionali?
Spesso il problema nasce dalla mancanza di armonizzazione tra ordinamenti nazionali. Ogni Paese ha regole diverse su visti, imposte o riconoscimento dei titoli professionali. Questo può generare lungaggini e fraintendimenti che incidono anche sul lato sportivo. Inoltre, la tutela dei minori stranieri resta un tema delicatissimo: il confine tra legittimo trasferimento e sfruttamento può essere sottile, e la normativa Fifa è giustamente molto severa. Infine, è importante vigilare sulla proliferazione di figure non qualificate o improvvisate nel mercato delle intermediazioni: una consulenza legale adeguata è spesso la miglior forma di protezione.
L’intelligenza artificiale e la digitalizzazione stanno cambiando anche il lavoro degli avvocati. Che impatto avranno nel suo settore?
L’impatto è già evidente. Le piattaforme di analisi dei contratti, la gestione dei flussi documentali e la raccolta di dati a livello internazionale stanno trasformando la professione. Ma la tecnologia da sola non basta: serve la capacità di interpretare i contesti e le persone. L’intelligenza artificiale può supportare, non sostituire, la competenza giuridica e la sensibilità culturale. In un settore come il calcio, dove la dimensione umana è ancora centrale, questa distinzione resta fondamentale.
Che consiglio darebbe a un giovane che sogna di intraprendere una carriera come la sua?
Ricordo una lezione universitaria recente: su un centinaio di studenti, solo due hanno detto di voler fare gli avvocati. È un segnale dei tempi, ma anche uno stimolo. Credo che ci sia ancora spazio per chi sa unire passione, competenza e visione internazionale. Il diritto è vastissimo: occorre capire in quale direzione si vuole andare e costruire una rete di relazioni anche fuori dal proprio Paese. Infine, formarsi continuamente — non solo sul piano giuridico, ma anche umano e culturale. Come direbbe un grande allenatore: “chi sa solo di diritto, non sa niente di diritto”.
L’articolo Il diritto dell’immigrazione diventa la nuova frontiera legale del calcio globale è tratto da Forbes Italia.