“Il divorzio? In garage avevo cinque macchine, la mattina dopo non c’erano più. Sono passata da servitù e soldi a pioggia a dover ripartire da zero”: Rita Rusic racconta la separazione da Cecchi Gori
- Postato il 3 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Rita Rusic si è raccontata a Il Giornale, e lo ha fatto a cominciare da quando, a quattro anni, fuggì in Italia dalla Jugoslavia, assieme alla famiglia: “Siamo arrivati in Italia nel 1964… Siamo entrati come turisti e poi siamo andati a fare la fila al campo profughi di San Sabba, che è un ex campo di concentramento a Trieste. Li ti davano i documenti, dividevano i maschi dalle femmine e ti mandavano allo stanzone. Noi bambini andavamo con la mamma. Il papà da un’altra parte. Lo stanzone era pieno di letti, uno sopra all’altro, i materassi erano luridi, polvere, macchie di sangue”. Un racconto di passaggi da un campo all’altro, poi il collegio, e il sogno di bambina: “Mi ricordo che una volta me lo chiesero e io risposi così: Mettermi su una poltrona, battere le mani e dal soffitto cadono i soldi…”.
La chiacchierata è lunga e tocca diversi temi, compreso il divorzio da Vittorio Cecchi Gori: “È stata una guerra. Beh, diciamo una rissa e in una rissa il primo cazzotto è il più importante. Il primo cazzotto l’ho preso io. Poi ho preso il secondo, il terzo”. Rusic ammette che il produttore fu “determinante per farmi iniziare”, ma precisa: “Poi però, quando lavori, nessuno ti può aiutare. Se vali va bene, se non vali non si può fare niente”. E quando è arrivata la separazione? “Vittorio era un uomo molto forte e molto arrabbiato con me. Disse a tutti: Non dovete avere più niente a che fare con lei. Un giorno dovevo vedere Leonardo (Pieraccioni: fu lei a produrre Il Ciclone, ndr). Avevamo appuntamento il pomeriggio. All’ora di pranzo torno a casa e trovo un suo messaggio nella segreteria del telefono. Ti devo parlare. Strano – mi dico – non mi chiama mai a casa. Richiamo e lui balbetta: Sai, Vittorio è un po’ arrabbiato Meglio che non ci vediamo. Una legnata. Piansi tanto”.
E la stessa cosa accadde “con tutti. Chi più chi meno. Volatilizzati. È successo con Antonio Albanese, col quale avevamo avuto successi incredibili, persino con Vincenzo Cerami, che pure era uno scrittore molto affermato, è successo con molti registi amici, anche con Virzì”. Il racconto va avanti: “(…) in garage avevo cinque macchine. Beh, la mattina dopo non c’erano più. Le aveva fatte portare via tutte col carro attrezzi. Sono passata dagli aerei privati, la servitù, i soldi a pioggia, a dover ripartire praticamente da zero (…) Ero sola. Ho reagito. Ho fatto quello che avrei dovuto fare a 20 anni e che non avevo fatto. Sono andata in America, ho mandato la mia prima lavatrice, ho imparato a fare la casalinga. E la sera andavo a ballare come i ragazzini”.
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