Il frate vescovo di Genova denuncia: troppi poveri! Dove sono finiti i soldi?

  • Postato il 29 giugno 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Il frate vescovo padre Marco Tasca, francescano dei minori conventuali, successore di san Francesco e oggi arcivescovo di Genova da cinque anni, scoperchia la verità sullo stato della città, dopo anni di studio e osservazione. Approfitta della Festa storica di San Giovanni Battista, il patrono di Zena, le cui ceneri vengono tradizionalmente portate in una preziosa urna fino al mare in una liturgia di grande spettacolarità.

I riti sacri, che durano ore nella grande cattedrale di san Lorenzo, sprofondata nei vicoli e in questo 2025 in un caldo terribile, la processione con i grandi Cristi, trasportati, uno dopo l’altro verso il mare, ultimo della fila quello più antico della Confraternita di santa Zita, disegnato da Anton Maria Maragliano a fine Settecento, peso 150 chili, altezza tre metri, trasportato da otto portatori in veste bianca e cinghie di cuoio scuro.

Tutta la città dei fedeli dietro, con la nuova sindaca, Silvia Salis, con il suo bimbo di un anno e mezzo in braccio, come una Madonna Pellegrina, il presidente della Regione Marco Bucci, sempre un po’ ingrugnito.

Ma padre Tasca, così si fa chiamare questo arcivescovo genovese che Genova uno così non lo aveva mai visto, abituata alla berrette cardinalizie, alle vesti porpora fino ai piedi, agli anelli di brillanti e le croci scintillanti sul petto, soprattutto dal cardinale principe, Giuseppe Siri in avanti, cambia i tempi del grandei rito di Giovanni Battista, che a Genova si chiama affettuosamente “Baciccia” e fa il suo discorso alla città prima della processione verso il mare, nella discesa che conduce fino al porto antico e non dopo, come era tradizione.

Le risorse di Genova

Il frate vescovo di Genova denuncia: troppi poveri! Dove sono finiti i soldi? Nella foto silvia salis festeggia la carica di sindaco di genova
Il frate vescovo di Genova denuncia: troppi poveri! Dove sono finiti i soldi? (foto ANSA) – Blitz quotidianoit

E scaglia le sue pietre, una una ad una, a lungo preparate e che cadono pesantemente su tutte le discussioni che la città, appena uscita dall’eterno tempo elettorale ha consumato, consegnandosi poi alla ragazza Silvia Salis, centro sinistra, ex atleta azzurra e ex vicepresidente del Coni.

Povertà, lavoro e soprattutto solitudine di una Genova anziana, fatta al 42 per cento di persone sole, di unifamiglie.

Denuncia, con il suo leggero accento veneto lui nato a Pieve di Sacco, provincia di Padova, i 30 mila poveri che vivono nella sua città. Povertà assoluta su una popolazione di 550 mila abitanti. Denuncia, impugnando il suo pastorale, in piedi davanti alla chiesa piena, “l’impoverimento del ceto medio, provocato dall’erosione del potere di acquisto, con le famiglie che non riescono a fronteggiare le spese crescenti”.

E poi l’emergenza casa con “duemila domande di sfratto in maggioranza per morosità.”

“Chi si rivolge alle strutture assistenziali per chiedere aiuto è spesso una donna anziana, vedova, con bassa pensione di reversibilità. Anziani soli, famiglie sempre più piccole, le madri sole sono il 21,2 e il 5,8 per cento i padri soli con un figlio”, sottolinea l’arcivescovo.

Turismo e precariato

Le pietre che sono come fulmini che piovono dal pulpito dalla città come mai era successo e riguardano soprattutto il lavoro che manca, le donne che “sperimentano una vulnerabilità lavorativa, come il part time, che spesso non è una scelta e coinvolge il 30 per cento delle donne.” E i giovani, i neet, tra i 15 e i 29 anni, che non studiano e non lavorano.

Insomma è un grido d’allarme, anche un po’ improvviso, che spiazza una città in bilico tra la definizione di Bucci, che la descriveva come “meravigliosa” e la visione della nuova sindaca, il cui programma era intervenire proprio sulle fragilità sociali.

Altro che “meravigliosa”, quella di Padre Tasca, prima di arrivare a Genova, principale dei frati minori conventuali, quindi capo di tutti i religiosi dell’ordine di san Francesco nel mondo, una specie di papa-frate con il saio, è una città inginocchiata e che bisogna far rialzare con solidarietà e assistenza.

Il 47 per cento delle persone, vuol dire oltre duecentomila, sono sole e questo fa precipitare la qualità della vita. Anziani che vivono disconnessi dalla comunità. In un contesto socio culturale che non li raggiunge più.

E le giovani generazioni vivono problemi esistenziali tra crisi di sens, disturbi di umore e ansia e assenza di comunità .

Conclusione perentoria: la solitudine è definita il male planetario di questa generazione.

Che fare in questo quadro sociale, così pesantemente descritto, prevalentemente sulle basi dei rapporti della Charitas? La soluzione di Tasca non può che essere quella della sua Chiesa e della impostazione del suo Papa, che è stato Francesco: lavorare in squadra, impegnare il volontariato, le scuole, le associazioni, gli operatori sociali, tutti da schierare sul fronte di chi vive ai margini.

Il discorso-omelia- monito certamente spiazza quella parte di Genova che fino a pochi mesi fa centrava la sua visione in grandi soluzioni di opere pubbliche, di grandi lavori destinati a portare la modernità, lo sviluppo, la ricaduta per tutti di un benessere conquistato con le chiavi di una rivoluzione fondata sul riavvio da quella “decrescita felice”, che era lo stampo della gestione urbana precedente delle giunte di centro sinistra: ottimismo, grandi investimenti, i miliardi del Pnrr, mai così tanti, oltre a sei, la grande diga foranea nuova, i tunnel, le funivie, i grandi flussi turistici.

La spietata analisti di padre Tasca entra anche dentro i gangli di questo presunto sviluppo, criticando il turismo, che “gonfia le tasche di pochi”, che riempie di B&B il centro storico, snaturandolo e compromettendone lo sviluppo.

”Come dicono i dati, ammonisce Tasca, il turismo è un settore a bassa produttività, che occupa molti lavoratori sotto pagati e precari con scarsa innovazione e bassi salari, inoltre in molti casi il turismo sembra alimentare rendite per i benestanti che trasformano case e alloggi in B&B e aumentano gli affitti ordinari.

Questa sembra proprio una scudisciata sulle prospettive di sviluppo di Genova, sui dati ottimistici che sono stati diffusi fino a ieri e che offrono, invece, l’immagine di una città nella quale l’occupazione cresce, i contratti di lavoro si stabilizzano e il traino del turismo con quei tre milioni e mezzo di croceristi, che sbarcano o partono da Genova, è destinato a tirare.

Ma l’analisi di Tasca ridimensiona la impostazione ottimistica sul lavoro, scendendo nel dettaglio anche dei dati positivi che vanno scorporati e indicano, per esempio, il vantaggio netto dei laureati sui diplomati, le differenze nelle zone della città, l’abisso dei giovani che in certe aree al 28 per cento sono neet, non lavorano e non cercano di farlo, il fatto che la maggior parte dei nuovi impieghi riguardi chi ha più di 45 anni.

In più il dato forte, che nasce dalla “povertà”: tre persone su dieci rinunciano a curarsi.

È una delle facce che mostra la povertà “silenziosa” che colpisce chi magari ha un lavoro, ma non ce la fa lo stesso a arrivare a fine mese. E tutto questo innesca enormi problemi psicologici che stanno “atterrando” una intera generazione.

Sulla scia di queste parole, così dure e pronunciate per la prima volta da questo arcivescovo, che sicuramente era presente nella città, ma non era mai stato così esplicito e dettagliato, così “politico”, la processione parte dal sagrato della grande cattedrale e sfila verso il mare, dove celebrerà il rapporto laborioso tra la città, il mare, il porto, che è la sua anima.

Uno dietro l’altro sfilano i grandi Cristi nella processione delle Casacce, il Cristo risorto di Savona, quello di san Biagio di Valpolcevera , di Sampierdarena, seguiti da quelli di Acquasanta, di Mele, di Fabbriche, fino a quello storico di santa Zita.

L’urna con le ceneri di Giovanni Battista, circondata dalle tonache del clero genovese e seguita dalla sindaco e da Bucci, viaggia fino al bordo del Porto Antico. E’ il momento solenne della benedizione tra porto e città, che, dopo quelle parole, ha un senso diverso, molto diverso.

Poi la processione torna verso la cattedrale per l’atto finale.

Il giorno prima il grande falò di San Giovanni era stato l’inizio della festa patronale. La fiamma era salita dritta e decisa, segno di tempi positivi che si preparano, secondo gli aruspici di questa tradizione molto popolare. Le parole “forti” del frate vescovo in questa luce scuotono ancora di più non solo i fedeli di san Giovanni ma tutto un mondo.

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Blitz

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