Il garofano di Meloni a Mattarella chiude il caso Garofani, domenica si vota, tutti nervosi
- Postato il 20 novembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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Meno male: il caso Garofani (definiamolo così) ha avuto solo il compito di agitare le acque, nulla più.
Fra una settimana qualcuno, forse, nemmeno lo rammenterà tanto è stato inutile da un punto di vista politico. “Rinnoviamo la nostra stima al presidente Mattarella” scrivono gli alti vertici di Fratelli d’Italia. Una delusione per quanti ritenevano di poter cavalcare il dissidio fino alle estreme conseguenze.
Siamo in campagna elettorale, ogni occasione è buona per essere strumentalizzata. D’altronde, la sinistra riteneva di aver preso un sonoro ceffone con il condono edilizio, bisognava rifarsi al più presto se si voleva salvare il salvabile.
Garofani con poco profumo

È andata male, anche se il consigliere Francesco Saverio Garofani rimarrà al suo posto. Dimissioni? Per il momento non ci pensa proprio, non lo vorrebberro neanche i suoi amici-nemici pur convinti dello scivolone che ha fatto parlando ad una cena in maniera poco diplomatica.
Sono stati sufficienti venti minuti di colloquio tra il capo dello Stato e il presidente del Consiglio per archiviare una polemica strumentale. D’altronde, se si vogliono puntualizzare i rapporti degli ultimi tre anni fra il Quirinale e Palazzo Chigi, si deve riconoscere che sono stati sempre buoni anche se le due cariche istituzionali possono avere avuto a volte opinioni diverse.
Che si volesse cavalcare il cosiddetto dissidio fra il Colle e la presidenza del Consiglio era apparso chiaro sin dai primi momenti: se non altro per la violenza del linguaggio con cui la sinistra aveva immediatamente preso al volo il conflitto. Si parlava di una minaccia contro il Quirinale, di aver inventato un piano solo per screditare la più alta istituzione dello Stato, addirittura di una mossa con cui la Meloni puntava ad essere lei la prima donna del nostro Paese a diventare capo dello Stato.
C’è Meloni al telefono
Visto che le acque si ingarbugliavano e non promettevano nulla di buono la premier ha alzato il telefono ed ha chiesto al presidente un incontro avvenuto una manciata di minuti dopo.
Che il, consigliere Garofani sia stato non solo poco attento, ma “indisciplinato” e niente affatto diplomatico, lo si evince anche dal silenzio del Quirinale che non è intervenuto dopo che la Meloni aveva spiegato come le parole del giornalista (ex direttore del Popolo, il quotidiano della Dc) fossero state inopportune.
Se quell’orientamento della premier non fosse piaciuto a Mattarella il Quirinale avrebbe risposto come ha fatto quando il capogruppo dei Fratelli d’Italia aveva chiesto a Garofani di smentire quel che aveva riportato in prima pagina la “Verità”.
Ora, la maggioranza vorrebbe non solo vincere, ma stravincere chiedendo a gran voce le dimissioni del disattento consigliere.
Però, è chiaro ed evidente che questa fuga dal Colle non ci sarà mai oggi. Semmai un domani, quando le polemiche saranno un ricordo.
“Meglio una parola in meno che una parola in più”, sostiene un vecchio e saggio proverbio siciliano, la terra del capo dello Stato.
Un cena fra amici
Invece è avvenuto l’esatto contrario il giorno della cena passata con gli amici (uno dei quali ha tradito).Garofani si è lasciato andare venendo meno a quello che un noto scrittore definiva il silenzio degli intelligenti.
Tutta questa bagarre che ha avuto poche ore di pubblicità è avvenuta alla vigilia (o quasi) di una competizione elettorale che interesserà tre regioni. il Veneto, la Puglia e la Campania.
Sulle prime due i sondaggi sono chiari e non hanno paura di essere smentiti. È sulla terza che lo scontro si farà più duro perchè il campo largo è riuscito a trovare un accordo, ma è proprio nello stesso Pd che si è aperto un dissidio difficilmente risolvibile.
Elly Schlein teme la vendetta dell’ormai ex governatore Vincenzo De Luca che potrebbe votare scheda bianca ordinando ai suoi fedelissimi di comportarsi ugualmente. Pure se il voto dovesse andar bene, la segretaria non vivrà certo giorni tranquilli. I moderati del Pd sono sul piede di guerra e non abbandoneranno la preda.
Garofani sogna il ritorno di Prodi
C’è chi sogna come Ernesto Maria Ruffini (l’ex direttore dell’agenzia delle entrate) un ritorno di Romano Prodi alla guida di una lista civica nazionale; o chi, più semplicemente, vorrebbe sbarazzarsi della “rivoluzionaria” per mettere al suo posto, un’altra donna, astro nascente dei dem, al secolo Silvia Salis, da pochi mesi sindaco di Genova.
Meglio, quindi, rallegrarsi andando alla ricerca di notizie che ci confortano oltre che stupirci. Ad esempio quella che riguarda Roma il cui sindaco ritiene che le strisce pedonali debbono essere rialzate di modo che le macchine siano obbligate a rallentare.
Quanti però inciamperanno sulla novità, magari procurandosi una frattura? No, passiamo ad altro: all’ottimo risultato degli azzurri, privi dei due suoi campioni Sinner e Musetti. A volte le riserve, meno avide di danaro, riescono ugualmente ad entusiasmare i tifosi.
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