Il jazz di Roberto Occhipinti incanta Cosenza: «Non sei tu a scegliere la musica: è lei che sceglie te»

  • Postato il 24 luglio 2025
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Il jazz di Roberto Occhipinti incanta Cosenza: «Non sei tu a scegliere la musica: è lei che sceglie te»

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Dalle radici siciliane al palco con i Gorillaz, dalle collaborazioni con Hilario Duran e Stefano Bollani a nuovi progetti tra Canada e Sicilia: il bassista di fama internazionale Roberto Occhipinti racconta in un’intervista il suo jazz senza confini e la musica come missione. “The Next Step”, un disco che parla di memoria e rinascita.


COSENZA – Un’ondata di jazz raffinato e cosmopolita ha attraversato Villa Rendano grazie al concerto del Roberto Occhipinti Quartet, capace di catturare e scuotere il pubblico con la sua intensità. Carismatico, versatile, con un contrabbasso che parla tutte le lingue del mondo, Roberto Occhipinti, nato a Toronto e figura di riferimento della scena jazzistica canadese e internazionale, ha guidato il suo quartetto in una serata che ha intrecciato jazz, musica classica e world music, confermando la sua caratura di musicista eclettico e produttore pluripremiato.

Accanto a lui, tre musicisti di altissimo livello: il batterista Marcello Pellitteri, il sassofonista contralto Luis Gonzalez Deniz e il pianista e compositore Adrean Farrugia. Insieme hanno costruito un racconto sonoro fatto di interplay, lirismo e improvvisazione, portando sul palco di Cosenza una vera lezione di eleganza jazzistica vibrante e pulsante. Ad aprire la serata, il giovane cantautore Nico Arezzo, che ha saputo conquistare il pubblico con la sua sensibilità e le sonorità avvolgenti, creando l’atmosfera ideale per una serata ricca di energia ed emozione.

Con cinque premi Juno all’attivo e collaborazioni con artisti come Jane Bunnett, Hilario Duran, Enrico Rava e Stefano Bollani, Roberto Occhipinti si conferma una presenza imprescindibile per chi ama un jazz colto, senza confini, capace di unire culture e generazioni in un linguaggio che non smette mai di sorprendere. A rendere possibile questa serata, la visione e l’impegno di Alex Adriano e Francesco Morrone, che con determinazione hanno riportato a Villa Rendano il grande jazz. Per saperne di più abbiamo intervistato Roberto Occhipinti: ci ha aperto le porte del suo universo musicale, raccontandoci il jazz come un linguaggio che abbatte ogni confine e unisce culture lontane. Tra storie inedite delle sue collaborazioni internazionali e anticipazioni sui progetti futuri, ci ha svelato come continuerà a scrivere nuove pagine di musica contemporanea.

Roberto Occhipinti, partiamo dalle origini: com’è stato crescere a Toronto e muovere i primi passi come musicista in una scena così viva e multiculturale?

«Le mie radici sono siculo-canadesi, vengo da Modica… o meglio, i miei genitori. Sono partiti dalla Sicilia negli anni ’50. Dico sempre che loro erano gli ultimi dei Mohicani… io mi considero il primo dei Modicani (sorride, ndr). Sono nato in Canada, ma la Sicilia mi scorre nel sangue. Ho avuto la fortuna di crescere in una città come Toronto, piena di stimoli e opportunità: a casa nostra la musica era ovunque. Fratelli, cugini, tutti con uno strumento in mano. È così che si comincia: senza rendertene conto, la musica diventa il tuo modo di stare al mondo».

Jazz, classica, world music. Come riesce a far convivere mondi così diversi? Cosa la affascina di più di ognuno?

«Il jazz è un linguaggio aperto: puoi dialogare con chiunque, ovunque. È grazie al jazz se ho potuto suonare in Africa, a Cuba, in Brasile con musicisti di ogni angolo del pianeta.  Quando parlo di musica “classica”, intendo la grande musica europea: è una delle tradizioni più ricche al mondo. Un invito a contaminare tutto, a non mettere confini al suono».

Roberto Occhipinti, ha collaborato con artisti di fama internazionale come Jane Bunnett, Enrico Rava, Stefano Bollani. C’è una collaborazione che l’ha segnata più delle altre?

«Da 25 anni suono con Hilario Duran, pianista cubano che quest’anno ha vinto un Grammy. Con i musicisti cubani mi sento a casa: c’è la stessa anima che ritrovo nei siciliani, nei calabresi; un’energia del Sud che ci rende fratelli, anche sul palco».

Ha suonato a Villa Rendano con il suo quartetto. Che legame ha con la Calabria?

«In Calabria ci sono stato vent’anni fa, ma non mi è mai uscita dal cuore. Sono stato al mare a Paola. A Toronto i calabresi sono tantissimi, ci sentiamo parte della stessa famiglia. Questa serata nasce dall’amicizia con Alex Adriano. Ha lavorato in Canada, è un bravissimo tecnico del suono. Sapeva che sarei tornato in Italia per alcuni concerti, incluso Atina Jazz a cura di Elide Di Duca, e mi ha invitato a suonare qui. Sono orgoglioso di aver portato la mia musica in un posto così speciale: Villa Rendano è una cornice meravigliosa».

Roberto Occhipinti, mi dica di più sul suo ultimo disco. “The next step” è un titolo che suggerisce evoluzione, dico bene?

«Esatto. Nei dischi precedenti ho sperimentato formazioni più grandi, lavoravo con l’orchestra dell’opera di Toronto, e ho sempre cercato di usare le corde in modo diverso. Ma il jazz mi ha riportato al trio, con Adrean Farrugia e Larnell Lewis. Questo disco è dedicato agli amici che ci hanno lasciato durante il Covid,; è un omaggio a chi non c’è più, ma continua a camminare ancora accanto a noi».

E per lei, qual è il prossimo step?

«Tornare a suonare in Italia, il luogo dove tutti i musicisti del mondo sognano di esibirsi. Il pubblico italiano ha un rispetto e un amore per la musica che ti ripaga di ogni fatica. A ottobre sarò in Sardegna per un festival, e non vedo l’ora».

Ci racconta la sua esperienza con i Gorillaz?

«Ti confesso che non avevo la minima idea di chi fossero! Era un venerdì sera, ero a casa con mio figlio, quando alle 23 mi squillò il telefono: ‹Puoi venire a suonare con questo gruppo?›. Io, un po’ perplesso, chiesi a mio figlio: ‹Senti, tu sai chi sono questi Gorillaz? Mi stanno invitando a suonare con loro… che faccio?›. Lui mi guardò con gli occhi che brillavano: ‹Papà, devi andare subito!›. Era un loro fan. Così iniziò tutto: feci il tour con loro in Nord America e in Europa, e insieme realizzammo il progetto Mali Music in Africa… E sai qual è la cosa più assurda? Non ho mai ascoltato un disco!».

Un ricordo speciale o un retroscena da condividere?

«Noi musicisti siamo una tribù. Ho avuto la fortuna di suonare con grandi artisti che, prima di tutto, sono grandi persone. C’è un rispetto profondo tra noi, una fratellanza vera. Questo è il lato più bello di questa vita».

Che consigli darebbe a un giovane bassista o contrabbassista che desidera intraprendere una carriera versatile come la sua?

«Non sei tu a scegliere la musica, è lei che sceglie te. Io volevo suonare il sassofono, ma il contrabbasso era la mia voce. Ai giovani dico: portate avanti il vostro sogno, anche se oggi la vita del musicista è diventata ancora più difficile tra cachet e date. Ma sono ottimista: il livello dei giovani musicisti si è alzato tantissimo, come Nico Arezzo che ha aperto il nostro concerto a Villa Rendano e ha eseguito due brani con noi. È davvero in gamba».

Nuovi progetti in cantiere?

«Con la mia etichetta discografica in Canada stiamo lavorando su tre dischi. Tra questi c’è un progetto con Daniela Spalletta, una bravissima cantante siciliana venuta in Canada per registrare con noi. Insieme a mio fratello Michael abbiamo vinto il premio “Ragusani nel mondo”. Abbiamo realizzato un progetto che fonde musica siciliana e jazz, e vogliamo proseguire in questa direzione».

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