Il lato nero della Spagna: per i 50 anni della morte di Francisco Franco messe e raduni tra neonazisti e preti compiacenti

  • Postato il 20 novembre 2025
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A cinquant’anni dalla morte di Francisco Franco, in Spagna si moltiplicano messe, omaggi e iniziative pubbliche che celebrano la figura del dittatore. Da Madrid a Valencia, passando per decine di parrocchie, il 20 novembre — data simbolica del 20-N, giorno della morte sia del Caudillo sia del falangista José Antonio Primo de Rivera — diventa ancora una volta il palcoscenico di un nostalgismo organizzato, che unisce fondazioni franchiste, movimenti ultracattolici e sacerdoti apertamente conservatori. Il tutto nell’indifferenza, quando non nel silenzio complice, di buona parte della gerarchia ecclesiastica.

Al centro di questa rete spiccano due attori storici: la Famiglia Franco, che custodisce l’eredità politica del dittatore, e la Fundación Nacional Francisco Franco, oggi sotto esame per violazione della legge sulla memoria democratica. Nonostante il possibile scioglimento, la Fnff continua a convocare i suoi sostenitori e quest’anno invita a una messa nella parrocchia madrilena dei Dodici Apostoli, mentre promuove celebrazioni in molte altre diocesi. Accanto alla fondazione opera il Movimiento Católico Español, guidato da José Luis Corral, veterano dell’ultracattolicesimo spagnolo. Per il Mce non conta chi organizzi la messa: conta l’obiettivo, ovvero pregare per Franco e per Primo de Rivera.

Sul fronte ecclesiastico non mancano figure controverse. Tra queste, il sacerdote Jesús Calvo, volto storico del tradizionalismo cattolico e sostenitore dichiarato del regime, simbolo di quella miscela di nostalgia autoritaria e religiosità identitaria che segna una parte della Chiesa spagnola. Ma Calvo non è un caso isolato: secondo le associazioni memorialiste, ogni anno decine di parroci celebrano messe per l’anima del dittatore. Molti lo fanno in silenzio, temendo esposizione mediatica o richiami dei vescovi, ma senza mai interrompere la pratica.

La reazione arriva soprattutto dall’Asociación para la Recuperación de la Memoria Histórica. Il presidente Emilio Silva accusa la Chiesa di legittimare, con queste celebrazioni, un regime responsabile di repressione e crimini sistematici. L’associazione chiede al governo di intervenire, anche riconsiderando i privilegi fiscali concessi all’istituzione ecclesiastica. Le tensioni sono esplose soprattutto nella Comunità Valenciana, dove la messa per Franco celebrata nella parrocchia di Simat de la Valldigna — pagata da un fedele — è stata definita “un’umiliazione” dalle famiglie delle vittime della dittatura.

Le messe, però, rappresentano solo un tassello di un apparato più ampio. Come documentano diverse inchieste, durante la “settimana del 20-N” si organizzano una ventina di eventi: manifestazioni, cene nostalgiche, discorsi pubblici. Il Mce ha convocato un raduno a Plaza de Oriente con la partecipazione della neonazista Isabel Peralta; la Falange Española de las Jons sfila da via Génova fino alla sede del Psoe denunciando un immaginario “genocidio degli spagnoli”; nostalgici si recano nei cimiteri di Mingorrubio e San Isidro per omaggi floreali a Franco e Primo de Rivera. La Fnff prepara una cena in luogo segreto, mentre gruppi affini si ritrovano nel “Chino franquista”, bar madrileno noto per l’estetica falangista. Il 22 novembre la Comunión Tradicionalista Carlista annuncia una messa al Cerro de los Ángeles con slogan come “España vive” e richiami al golpe definito “crociata”.

Dietro questo calendario fitto si muove una rete strutturata, che continua a reinterpretare il franchismo come un riferimento politico, culturale e religioso. Il fatto che molte diocesi mantengano un silenzio costante solleva interrogativi giuridici e morali: come può una democrazia tollerare celebrazioni pubbliche di un regime dittatoriale? E quale spazio resta per la memoria delle vittime, quando chi difende l’eredità del Caudillo mantiene una visibilità tanto capillare? Per i nostalgici, quelle messe non sono un rito privato: sono un gesto politico. Per chi difende la memoria democratica, rappresentano la prova che il franchismo non è mai del tutto uscito dalla scena pubblica spagnola.

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