“Il lavoro di Alberto in Venezuela era solo di carattere umanitario, non politico”: parla Armanda Colusso, la madre di Trentini

  • Postato il 5 giugno 2025
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Per Armanda Colusso la fiducia è la priorità, anche se l’attesa è sempre più dura. La sua preghiera è quella di una madre, affinché il figlio “stia bene”, “non gli manchi nulla” e soprattutto “ritorni presto a casa”. Alberto Trentini ha varcato la soglia dei 200 giorni di detenzione a Caracas, da quando il 15 novembre 2024 è stato arrestato per motivi ancora da chiarire nella località venezuelana di Guasdualito. Da allora la vita è scandita da notti insonni e giornate sospese aspettando notizie sul figlio, cooperante di Venezia arrivato in Venezuela su mandato della ong per cui lavorava, Humanity & Inclusion. “Ogni mattina, dover aggiungere al calendario un altro giorno di prigionia di Alberto è una sofferenza indicibile”, confida Armanda a ilfattoquotidiano.it.

Il silenzio e le strumentalizzazioni da Caracas Al tempo di attesa si aggiunge il silenzio, interrotto solo dalla chiamata dello scorso 16 maggio e mai così lungo per un italiano trattenuto all’estero. “Dopo la telefonata di Alberto alla nostra famiglia e un momento di euforia anche mediatica, non abbiamo più avuto informazioni. Ancora oggi – dice – non mi so rassegnare al suo arresto, né ai duecento giorni di prigionia”. Armanda sottolinea ancora una volta che “il suo lavoro non aveva connotazione politica, ma esclusivamente umanitaria”. E ha bisogno di ribadirlo spesso per mantenere la persona di Alberto al riparo da distorsioni, false accuse e strumentalizzazioni. Negli ultimi mesi ilfatto.it è venuto a conoscenza di non pochi tentativi – anche nelle ultime ore – da parte di settori dell’opposizione venezuelana, desiderosi di trasformare il caso del cooperante italiano in una bandiera anti-Maduro. Ma la famiglia e l’avvocatessa Alessandra Ballerini, legale rappresentante di Trentini, tengono alta l’attenzione per evitare che la sua immagine venga distorta o politicizzata. Con il tempo hanno imparato a distinguere tra la solidarietà autentica e l’operato di faccendieri che vorrebbero lucrare sulla vicenda.

Una cosa è certa: nulla c’entra Alberto con le tensioni che si sono innescate in Venezuela l’estate scorsa, dopo le presidenziali contestate dal candidato oppositore Edmundo Gonzalez Urrutia. Tant’è che al momento dell’arresto, il 15 novembre 2024, Alberto “era in Venezuela da solo tre settimane”, ricorda la mamma, “ed era in missione come cooperante”. In quasi vent’anni di servizio come operatore umanitario Trentini non ha mai avuto problemi: nessun passo in falso, nessuna mossa sbagliata. Così lo ha ricordato anche l’onlus Cefa di Bologna qualche mese fa a PresaDiretta. Sul caso, nei mesi scorsi, ilfatto.it ha provato a contattare l’incaricato degli Affari di Caracas a Roma e l’ambasciata venezuelana presso la Santa Sede senza esito positivo. Fonti hanno però rivelato che il suo è un caso di diplomazia degli ostaggi, in cui Caracas trattiene qualcuno per chiedere qualcosa in cambio. Il resto è oggetto di trattativa, e potrà emergere solo in un secondo momento.

L’attesa I tempi dei negoziati e della politica sono lunghi. E nel frattempo la vita scorre. Certo, Armanda riconosce l’impegno della Farnesina nei riguardi del figlio – e in particolare di Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato – ma non nasconde la preoccupazione. La prigionia pesa sulla vita di chiunque, ancor di più se si è innocenti. “Voglio ricordare che sei mesi e mezzo di carcere e isolamento vanno a minare il suo equilibrio fisico e psichico e se restiamo immobili saremo in qualche modo colpevoli”, dice. Allo stesso tempo Armanda rivolge un ulteriore appello all’opinione pubblica, ricordando che “parlare di Alberto aiuterà a risvegliare le coscienze e spronare chi può adoperarsi e impegnarsi per liberarlo”. C’è chi la ascolta, con la raccolta firme su Change.org che è a circa 106mila adesioni e il digiuno a staffetta, oggi al novantesimo giorno, che ne conta più di duemila. A quest’ultimo hanno aderito, tra gli altri, anche il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, don Luigi Ciotti, la giornalista Cecilia Sala e Veronica Berti, moglie di Andrea Bocelli.

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Il Fatto Quotidiano

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