Il lutto si addice ad Elettra, debutta l’11 ottobre la nuova produzione del Teatro Nazionale firmata Livermore

  • Postato il 8 ottobre 2025
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Genova. Davide Livermore sceglie il capolavoro di Eugene O’Neill, Il lutto si addice ad Elettra (Mourning becomes Electra – 1931), per l’inaugurazione della stagione del Teatro Nazionale di Genova. Il testo, nella nuova traduzione di Margherita Rubino, rappresenta la continuità con un percorso che dopo l’Orestea lo ha portato a scandagliare le eterne fragilità umane, a latitudini ed epoche storiche diverse, passando anche per Il giro di vite, della scorsa stagione.

“Il testo di O’ Neill non è una semplice riscrittura dell’Orestea – afferma Livermore – ma è una creazione totalmente nuova che si compie aderendo perfettamente alla propria contemporaneità. Un classico che si riverbera ancora oggi ben oltre il Novecento: un affresco familiare, un viaggio affascinante e inquietante tra mito archetipico e moderna psicoanalisi, tra dramma borghese e tragedia”.

Questo titolo è anche una dedica ideale allo spettacolo che quasi trent’anni fa (stagione 1996\97) debuttò a Genova, con la regia di Luca Ronconi, a 10 anni dalla sua scomparsa. In quella edizione Elisabetta Pozzi interpretava Lavinia, mentre oggi è Christine allora interpretata da Mariangela Melato”.

In scena anche Paolo Pierobon, Linda Gennari, Marco Foschi, Aldo Ottobrino, Carolina Rapillo, Davide Niccolini.

La scena, a cura di Davide Livermore, è un’ambientazione onirica che evoca le prospettive sghembe dei film di Wiene o Hitchcock, mentre i costumi che richiamano la fine degli anni Quaranta sono di Gianluca Falaschi, le luci di Aldo Mantovani; la regista assistente è Mercedes Martini.

Repliche fino a domenica 26 ottobre.

Il lutto si addice ad Elettra – Le note di regia di Davide Livermore

“L’operazione di O’Neill − scrive Livermore nelle note di regia − è stata geniale, fondare il teatro contemporaneo americano partendo dalla più grande trilogia della storia, che ancora ci parla di noi, in modo potente. Ci parla di eredità, di drammi e traumi familiari, anche a chi crede di non averne, siamo tutti coinvolti. Per me questo testo è l’affermazione della tragedia nella nostra epoca. La Tragedia non è qualcosa di immoto, “si muove” e si adatta in maniera plastica alla contemporaneità in cui viene riscritta. 2500 anni dopo O’Neill non può non constatare che, nel permanere degli elementi tragici, la società è cambiata. Il senso collettivo oggi non è più rappresentato dalla polis, ma dall’individuo. Ciascuno deve illuminare personalmente la propria strada, essere tribunale di sé stesso. Nella tragedia di O’Neill, la psicoanalisi freudiana si sostituisce alla presenza degli dèi. E allora quel senso di giustizia assoluto, divino, cui tendeva il tribunale descritto da Eschilo, viene sostituito dal cammino verso un senso di responsabilità personale, che deve sorgere in ogni spettatore. Questa è la catarsi de Il lutto si addice ad Elettra: l’indignazione, il rigore morale, la coerenza e quindi il senso di azione che deve scaturire concretamente nella vita di ogni uomo… Pensiamo anche al coro, tanto potente nella tragedia classica: O’Neill prova a mantenerlo, ma non è più un coro che commenta, non è più la collettività che giudica moralmente gli eventi. Quel che resta, come spesso accade nella nostra società, è poco più che un chiacchiericcio. L’Ottocento della fine della guerra di Secessione, in cui è ambientato il dramma di O’Neill, perde i contorni e diventa storia amplificata e esasperata. Abbiamo tolto la caratterizzazione storica a favore di quella psicologica dei personaggi mettendo il fuoco, sulla storia, le parole e l’interpretazione degli attori per uno dei migliori cast che ho avuto nella mia vita”.

Per Livermore questo cast è fatto “non solo di nomi, ma di nomi che calzano perfettamente ai personaggi. Non posso non partire da Elisabetta Pozzi: con lei attraversiamo trenta anni di teatro italiano. Questo suo passaggio dal ruolo di figlia, che interpretava nell’edizione di Ronconi, a quello di madre, mi commuove, perché è una grandissima interprete che dà prova, per l’ennesima volta, di una militanza e di un’adesione totale alla vita teatrale. E trovo bellissimo il passaggio di testimone: Melato-Pozzi e ora Pozzi-Gennari. Di Linda Gennari, in questi anni, stiamo assistendo all’ingresso in una maturità interpretativa, dopo averla vista in Orestea, Grounded, Maria Stuarda, Il viaggio di Victor. Il comparto degli uomini, poi, è semplicemente formidabile. Paolo Pierobon mi ha incantato per la capacità unica di passare dal teatro al cinema portando sempre un valore assoluto di qualità, che incarna con grande sapienza. Stessa cosa posso dire di Marco Foschi: il suo Orin Mannon è straordinariamente sensibile, inquieto, dolente, febbrilmente nevrotico. Poi Aldo Ottobrino: interprete fantastico, il suo è un Adam Brant disperato, sensuale. E sono orgoglioso dei due giovani, Carolina Rapillo e Davide Niccolini: il modo in cui affrontano Ezel e Peter è la conferma della straordinarietà non solo passata, ma presente e futura della Accademia “Mariangela Melato” del Teatro Nazionale di Genova”.

Elisabetta Pozzi: “Emergono tutte le sfaccettature dei personaggi”

Elisabetta Pozzi dice: “Dopo quasi trent’anni, torno a questo testo. Ripenso, certo, a quell’esperienza che avevo vissuto interpretando il ruolo di Lavinia, la figlia. Perché quello spettacolo, quel personaggio fatto allora, è un ricordo vivo, rimasto nella memoria storica della mia vita d’attrice. Era una grande responsabilità, mi confrontavo con un’attrice come Mariangela Melato. L’approccio di Livermore fa sì che affrontiamo O’Neill con un taglio quasi cinematografico, in una prospettiva “metateatrale”. Con Livermore siamo dentro la tragedia, lo dobbiamo essere fino in fondo, ci lasciamo travolgere. In questa messa in scena emergono tutte le sfaccettature dei personaggi, tutti gli aspetti più neri e reconditi: la regia di Livermore, così potente, piena di suoni, musiche, di rimandi anche a certa cinematografia, credo proprio possa risultare di grande impatto per gli spettatori”.

Autore
Genova24

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