“Il mio primo film al cinema fu Grease”, il regista Glazer racconta: “Il design sonoro della Zona di interesse preparato per un anno”
- Postato il 28 giugno 2025
- Cinema
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Con La zona di interesse volevamo porci interrogativi su chi siamo, su quanto siamo capaci di perpetrare il male senza essere degli psicopatici. Il film vuole essere una riflessione profonda sul crimine a livello universale”. Così Jonathan Glazer torna a raccontare il senso profondo del suo capolavoro del 2023 davanti al pubblico di Bologna al festival Il Cinema Ritrovato, che ha gremito la sala del Cinema Modernissimo per la sua Masterclass di ieri sera. Del resto il cineasta londinese, di famiglia ebraica, non ha mai nascosto il suo orrore contro i crimini israeliani contro la popolazione palestinese, basti ricordare il suo coraggioso discorso alla notte degli Oscar 2024 quando ricevette la statuetta per il miglior film straniero.
Autore considerato cult nonostante annoveri solo quattro lungometraggi finora in carriera – ma con una videografia ricca di clip musicali di rilievo (di artisti come Radiohead, Massive Attack, Nick Cave..) e di installazioni sonore e visive – Glazer è uno dei pochi registi cinematografici contemporanei rimasti volutamente fuori dall’ingranaggio della produzione continuativa, “faccio film solo quando sento veramente l’esigenza e l’urgenza di raccontare qualcosa usando il linguaggio del cinema” ha infatti specificato.
Non è un caso, pertanto, che i suoi film siano arrivati fra lunghi intervalli temporali, il maggiore dei quali è rappresentato dai 10 anni che separano Under the Skin (2013) da La zona di interesse. “Prendo molto tempo per sentire, pensare, capire e immaginare i miei progetti ciascuno dei quali parte da un frammento visivo, un’immagine per così dire, attorno alla quale avvio un’esplorazione, costruisco un plot e dei personaggi. Non ho modelli particolari a cui ispirarmi, nasce tutto dal di dentro”. Di fatto, il suo background è tutt’altro che cinephile: “Vedevo film molto mainstream e tradizionali in tv con mio padre che era un illustratore di riviste; il mio primo titolo al cinema è stato Grease, il primo che invece mi ha scosso è stato O Lucky Man di Lindsay Anderson”.
Poco influenzato dai suoi connazionali “a parte gli eccezionali Ken Russell e Derek Jarman”, il 60enne nativo nei sobborghi della capitale britannica si sente più a suo agio con le cinematografie tedesca, italiana, francese e persino indiana. “Ciò che mi interessa del cinema è il dialogo che riesce a instaurare con lo spettatore. Penso infatti che i film non debbano diventare pezzi da museo, bensì luoghi di partecipazione, di interazione, di costruzione collettiva ma anche personale di un senso”.
Per quanto Sexy Beast – L’ultimo colpo della bestia (2000) con Ben Kingsley, Birth – Io sono Sean (2004) con Nicole Kidman e Under the Skin (2013) con Scarlett Johansson non trascurino affatto l’elemento sonoro come parte del racconto, è con La zona di interesse che Glazer utilizza il suono quale sostanza drammaturgica essenziale. “Ho preparato per un anno intero il design sonoro del film che nasce con lo spazio narrativo di un dramma collocato nel tempo ma anche fuori dal tempo per la sua gravità”. Artista a tutto tondo – “Non analizzo cosa faccio ma lo faccio e basta” – Glazer ha “promesso” alla platea che non aspetterà ancora 10 anni prima di realizzare un nuovo lungometraggio: “Penso di avere qualcosa in testa che potrei presto tradurre in un film”.
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