Il Mondo Arabo-Islamico contro Israele: Condanna unanime dopo l’attacco a Doha. Il Qatar chiede sanzioni, la Turchia minaccia il ritiro dai negoziati

  • Postato il 16 settembre 2025
  • Esteri
  • Di Paese Italia Press
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di Silvia Gambadoro

DOHA – Si è concluso con una dura dichiarazione congiunta di 25 punti il vertice straordinario arabo-islamico tenutosi nella capitale del Qatar, convocato in risposta all’attacco aereo israeliano del 9 settembre che ha colpito residenze a Doha, presumibilmente ospitanti leader ideologici di Hamas. Un attacco che ha acceso la miccia di una condanna unanime nel mondo arabo e islamico, e che rischia ora di compromettere seriamente ogni prospettiva di negoziato per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.

Il paradosso del negoziatore colpito

Israele, accusato da Doha di terrorismo di Stato, ha lanciato il raid in pieno territorio qatariota, nonostante il Qatar rappresenti uno dei principali mediatori nei colloqui per la liberazione degli ostaggi israeliani. Un gesto che non ha solo messo a repentaglio il fragile equilibrio diplomatico, ma ha anche, secondo molti leader arabi, svuotato di significato il concetto stesso di negoziazione.

“Se Israele vuole assassinare i leader, perché avviare negoziati?” ha tuonato l’emiro Tamim bin Hamad Al-Thani. Una domanda che riecheggia nelle dichiarazioni di numerosi capi di Stato presenti al vertice, da Erdogan a Al-Sisi, tutti concordi nel definire l’attacco un’aggressione premeditata contro uno Stato sovrano impegnato nella mediazione.

La Lega Araba si ricompatta

Per una volta, l’immagine di una Lega Araba frammentata ha ceduto il passo a una scena inedita: l’unità. Dall’Arabia Saudita all’Iran, passando per il Marocco, la Turchia e la Palestina, tutti i presenti hanno espresso sostegno al Qatar e condanna senza riserve delle azioni israeliane. “Il Qatar non è solo”, ha dichiarato il Segretario Generale Ahmed Aboul Gheit. “Un attacco a uno di noi è un attacco a tutti noi”.

Una retorica che segna un cambio di fase

La retorica utilizzata durante il vertice ha segnato un’evoluzione nel discorso politico arabo: da semplice solidarietà a una narrativa di contrapposizione strutturale. Israele non è stato solo accusato di crimini di guerra, ma descritto come una minaccia esistenziale all’intera regione. La nozione di “Grande Israele” è tornata al centro delle critiche, vista da molti come un progetto coloniale che minaccia direttamente i confini di paesi vicini.

“Netanyahu vuole rendere Gaza inabitabile,” ha affermato Al-Thani, e le sue parole sono state riprese e amplificate da altri leader regionali, tra cui il primo ministro iracheno Al-Sudani e il presidente egiziano Al-Sisi. Quest’ultimo ha sottolineato come le politiche israeliane rappresentino un ostacolo sistemico alla pace e un elemento destabilizzante per tutta la regione.

Turchia e Qatar sul piede di guerra diplomatica

Non meno dure le parole del presidente turco Erdogan, che ha definito Israele un paese che persegue politiche “bandite” e ha minacciato sanzioni economiche, mettendo sul tavolo anche una potenziale cooperazione militare tra paesi islamici. L’insofferenza turca si estende anche agli Stati Uniti, accusati di complicità per il loro presunto supporto all’attacco.

Erdogan ha anche lasciato intendere che la Turchia potrebbe riconsiderare il suo ruolo di mediatore nei negoziati di Gaza, e persino nel conflitto Russia-Ucraina, aprendo scenari geopolitici inediti in un contesto internazionale sempre più polarizzato.

Un mondo diviso tra due blocchi

Il vertice ha anche messo in luce una realtà geopolitica sempre più bipolare. Il blocco arabo-islamico, pur variegato al suo interno, sembra orientarsi verso una maggiore coesione strategica, anche in risposta all’apparente disimpegno europeo e al sostegno occidentale – giudicato incondizionato – nei confronti di Israele.

La proposta, avanzata da Al-Sisi, di istituire un meccanismo di consultazione arabo-islamico “simile alla NATO”, sebbene ambiziosa, rivela il livello di frustrazione e la volontà crescente di costruire un’alternativa autonoma agli attuali equilibri globali.

Una dichiarazione congiunta, molte domande aperte

La dichiarazione finale ha ribadito il sostegno al Qatar, chiesto sanzioni contro Israele e rilanciato l’urgenza di una soluzione a due Stati. Ma al di là delle parole, resta il dubbio su quanto potere reale abbiano questi Paesi per influenzare la situazione sul terreno, soprattutto di fronte a un Israele determinato e sostenuto dalle principali potenze occidentali.

Nel frattempo, a Gaza, il numero delle vittime palestinesi supera i 64.000, secondo il ministero della salute di Hamas, e la prospettiva di pace appare ogni giorno più lontana.

Il vertice ha certamente mandato un segnale forte, ma il vero banco di prova sarà la coerenza tra dichiarazioni e azioni. In gioco non c’è solo il destino del popolo palestinese, ma la credibilità di un intero blocco geopolitico che oggi più che mai chiede di essere ascoltato.

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