Il mondo sogna la pace, in Italia si litiga per no vax e Castellina
- Postato il 20 agosto 2025
- Agenzie
- Di Blitz
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Gli accordi tardano ad arrivare: gli ostacoli, anche di poco conto, impediscono che si giunga in fretta alla pace.
Mentre i grandi si interrogano e cercano di primeggiare, in Ucraina e a Gaza si continua a morire. Missili e droni piovono ininterrotamente dal cielo, i bombardamenti non si fermano, gli eserciti fanno il resto distruggendo città e inveendo contro i civili che con queste guerre non hanno niente da spartire.
Allora, invece che bruciare le tappe di quegli incontri che potrebbero condurre alla pace, si dibatte su dove dovrebbero avvenire.
Il Cremlino indica Mosca, Zelensky risponde niet, anzi “Hi”, come dicono gli ucrani nella loro lingua. Trump indica Budapest che rimane una ipotesi; Macron, il prezzemolino in ogni minestra, non ha dubbi: Ginevra.
Il popolo europeo rimane allibito, non riesce a comprendere questo atteggiamento perché le armi non tacciono e non si chiude in fretta quel che, al contrario, si rimanda trovando mille scuse.
Come sarà difesa l’Ucraina in futuro? La proposta di farla entrare nella Nato ha ormai pochissime probabilità di andare a dama.
La via alla pace di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni indica un’altra strada: quella che il vecchio continente interverrebbe nel caso in cui Putin volesse invadere nuovamente Kiev e dintorni. Se ciò dovesse avvenire, l’Europa avrebbe tutto il diritto di intromettersi senza violare l’articolo cinque del trattato. internazionale.
Mosca non vuole nemmeno sentir parlare di una ipotesi del genere.Trump è più prudente: niente soldati americani in Ucraina, solo copertura aerea. L’unico a menare una danza contraria è Macron, il quale insieme con il premier inglese Keir Starmer (che non è più europeo) vorrebbe in quel caso mandare subito le truppe europee con conseguenze catastrofiche se il conflitto dovesse allargarsi.
Il Cremlino continua a menare il can per l’aia, in parole più semplici a temporeggiare senza mai interrompere l’aggressione, di modo che potrebbe dire un domani che i territori occupati sono ormai definitivamente russi e non si toccano.
Zelensky afferma che i confini non si cambiano con la forza, cosicché il balletto prosegue e in Ucraina (come ugualmente a Gaza) le morti di innocenti aumentano.
Trump diventa improvvisamente più duro, ritorna lo sceriffo di qualche settimana fa. Dice senza usare mezzi termini: “Se Mosca non coopererà avrà risposte spiacevoli”.
Chiacchiere per il momento, solo chiacchiere che non portano direttamente alla pace. Anzi la rimandano tenendo con il fiato sospeso tutto il mondo.
La sinistra europea, quella più intransigente, tuona: “Il presidente americano deve smetterla di cambiare parere ogni giorno”. “Perché Putin come si comporta? Proprio allo stesso modo”, replicano i conservatori.
In tanti sono per la linea Meloni, una persona politica che Trump considera “una grande leader, fonte di ispirazione”. Queste parole mandano su tutte le furie chi in Italia vorrebbe far fuori la premier la quale continua ad avere molte preferenze che peserebbero molto se si andasse a votare.
Conte e Schlein smentiti in Europa
La situazione internazionale non aiuta Giuseppe Conte ed Elly Schlein perché nel vecchio continente plaudono alle iniziative della Meloni e sono quindi d’accordo con Trump.
Meglio tornare nei nostri confini, dove la guerra ideologica non si placa. Si pensa alle elezioni regionali e si punta a dare uno spintone all’alleanza di centro destra.
Si prende spunto da qualsiasi circostanza: l’ultima in ordine di tempo riguarda il ministro della salute Orazio Schillaci, il quale ha “mandato a casa” due no vax che facevano parte del comitato tecnico sui vaccini. “La scienza deve coltivare i dubbi”, affermano Matteo Salvini e Francesco Lollobrigida due stretti collaboratori della maggioranza.
Anche la Meloni è irritata al riguardo e l’opposizione si scatena: “Nemmeno fra i ministri c’è accordo. Come si può andare avanti così?” Lo dirà il futuro.
Ad un programma della terza rete della Rai (scusate, ho preso un abbaglio, si trattava de La7) viene invitata Luciana Castellina. La ricordate? Una giornalista militante del Partito comunista che il PCI radiò perchè co-fondatrice del Manifesto, un quotidiano tuttora in edicola.
Poteva mancare la domanda di rito? Che cosa ne pensa di Giorgia Meloni, la prima donna italiana a diventare presidente del consiglio? Risposta secca: “È brava a fare propaganda, conosce l’arte della comunicazione, peccato che è fascista”. Lei non si ritiene tale, replica uno dei due giornalisti.
“Va bene, la Meloni può dire quello che vuole, ma le sue decisioni, i suoi atteggiamenti hanno tutti lo stesso marchio”.
Un’informazione riflessiva avrebbe dovuto intervenire, far sorgere dubbi a proposito. Invece, silenzio assoluto. Se poi la Meloni cerca di non avere rapporti con la stampa da che parte è la ragione?
Chi fa il nostro mestiere dovrebbe essere terzo, cioè super partes e non “imbrattare i giornali”, come scrive stamane sulla Stampa di Torino Mattia Feltri. Tutto il resto è inutile.
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