Il motore dell’auto europea fatica a ripartire. Stellantis ammette: “Navighiamo a vista”
- Postato il 30 aprile 2025
- Di Panorama
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L’auto europea perde colpi. Stellantis, gigante azzoppato lo dimostra. I numeri parlano chiaro: ricavi in calo del 14% nel primo trimestre, immatricolazioni in flessione del 9%, e soprattutto – fatto non trascurabile – la sospensione della guidance sull’intero esercizio. Un segnale inequivocabile di quanto l’incertezza stia diventando, per i costruttori, l’unica vera certezza.
Il trimestre si è chiuso con 35,8 miliardi di euro di fatturato, lontani dai 41,7 miliardi dello stesso periodo del 2024. Il dato, secondo gli analisti di Citi, è in linea con le attese, ma ciò non toglie che per un gruppo della scala di Stellantis il rallentamento sia rilevante. Ancora più allarmante è il quadro disaggregato per aree geografiche: il Nord America, mercato chiave per il gruppo grazie ai marchi Jeep e RAM, ha registrato una contrazione del 25% nei ricavi e del 20% nelle immatricolazioni. A pesare, la chiusura prolungata degli impianti a gennaio, ma anche un prodotto non più allineato alle nuove esigenze del mercato e un mix commerciale meno favorevole.
Il colpo è forte, ma non arriva isolato. Anche il mercato europeo rallenta: -8% nelle consegne e -3% nei ricavi. La decisione di cessare la produzione di alcuni veicoli nei segmenti A e B e la debolezza strutturale del comparto dei veicoli commerciali leggeri hanno fatto la loro parte. Non si tratta solo di una flessione ciclica: è il segnale di un’industria che fatica a riorientarsi nel mezzo della transizione tecnologica e geopolitica che la attraversa.
La sospensione della guidance è forse il dato più eloquente. Stellantis non riesce, o meglio non può, formulare previsioni attendibili sul futuro prossimo. Le incertezze sono molte, ma la principale è legata ai dazi statunitensi: la nuova amministrazione Trump ha già annunciato sovrattasse del 25% su automobili e componenti prodotti fuori dagli USA. Una misura poi parzialmente ammorbidita da ordini esecutivi che prevedono rimborsi decrescenti per chi produce almeno parte del veicolo sul suolo americano. Ma il danno – soprattutto psicologico e strategico – è fatto. E Stellantis, che costruisce circa due quinti dei veicoli venduti in America al di fuori del continente, è tra i più esposti.
Il presidente John Elkann ha colto l’occasione per esprimere apprezzamento verso l’approccio “più graduale” adottato da Washington, parlando di “fiducia in una collaborazione continua” con l’amministrazione statunitense. Dichiarazioni misurate, ma che celano un’urgenza crescente: quella di ridefinire la strategia industriale e logistica di fronte a una globalizzazione che arretra e a una politica commerciale sempre più aggressiva da parte delle grandi potenze economiche.
Ma il malessere non riguarda solo Stellantis. I big tedeschi dell’automotive navigano nella stessa tempesta. Volkswagen, primo costruttore europeo, ha visto l’utile netto crollare del 40% nel primo trimestre, mentre Mercedes-Benz ha registrato un calo ancora più marcato, pari al 43%. Per entrambe, la causa è un mix tossico: calo della domanda globale, esplosione dei costi energetici post-Ucraina, concorrenza sempre più feroce – e spesso sussidiata – da parte dei costruttori cinesi. A ciò si aggiungono le incertezze regolamentari e la crescente difficoltà nel gestire la transizione elettrica con tempi e margini compatibili con i bilanci aziendali.
E tuttavia, nonostante la frenata, Stellantis prova a rilanciare. Il gruppo ha sottolineato alcuni segnali positivi: negli Stati Uniti, gli ordini retail di marzo sono balzati dell’82% rispetto a un anno prima, raggiungendo il miglior risultato mensile dal giugno 2023. In Europa, la quota di mercato è risalita al 17,3%, con modelli come la nuova Citroën C3, la Peugeot 5008 e la Opel Grandland che iniziano a trovare consensi. Le nuove Fiat Grande Panda, Citroën C3 Aircross e Opel/Vauxhall Frontera promettono di dare ulteriore slancio nei mesi a venire.
Sul piano industriale, Stellantis scommette anche su due pilastri strategici: l’innovazione tecnologica e la diversificazione geografica. La prima prende forma nel lancio del sistema di guida autonoma Stla AutoDrive 1.0, dotato di funzionalità “hands-free” e “eyes-off” fino a 60 km/h, oltre alla prosecuzione della partnership con la startup francese Mistral AI per integrare assistenti vocali evoluti nei veicoli. La seconda si concretizza nell’espansione del cosiddetto “Third Engine”, l’insieme delle attività nei mercati extra-UE e USA: Sud America, Africa, Medio Oriente e Asia-Pacifico. In Sud America, in particolare, si segnala una crescita del 19% nelle spedizioni e del 6% nei ricavi, trainata dalla ripresa della domanda in Brasile e Argentina.
Ma non tutto brilla. Resta un punto dolente: Maserati. Il marchio del lusso ha visto dimezzarsi sia le spedizioni (-48%) sia i ricavi (-50%). La gamma ridotta, la domanda fiacca e l’adozione di politiche di sconto aggressive in Nord America hanno depotenziato il brand, che continua a essere oggetto di voci di possibile cessione, puntualmente smentite dalla casa madre.
Intanto, sul fronte governance, si prepara un passaggio chiave: il nuovo amministratore delegato sarà nominato entro la metà dell’anno, dopo l’uscita di scena di Carlos Tavares a fine 2024. La guida del gruppo è attualmente affidata a una reggenza ad interim, ma è chiaro che il successore dovrà affrontare sfide di sistema, non solo aziendali.
Nel frattempo, Stellantis ha confermato la distribuzione di un dividendo ordinario di 0,68 euro per azione, in pagamento il 5 maggio. Una scelta che appare come un segnale di tenuta verso gli azionisti, ma che solleva interrogativi sulla sostenibilità nel medio termine di una politica così generosa in una fase di rallentamento strutturale.
Il motore dell’automotive europeo, insomma, gira a regime ridotto. E Stellantis ne è lo specchio più grande e visibile. In un’industria dove l’inerzia pesa quanto l’innovazione, sarà la capacità di adattamento a determinare i vincitori di domani.