Il Pd vuole stabilire chi sono i cattolici buoni

  • Postato il 31 agosto 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Il Pd vuole stabilire chi sono i cattolici buoni

Il dibattito dentro al Pd è appassionante quanto un corso di uncinetto. Si addormenta perfino il computer. È come una serie tv con repliche continue. Quella intitolata “Il Pd e i cattolici” è di nuovo in onda in questi giorni, da quando i “compagni” e i “catto-compagni” sono rimasti traumatizzati per il successo di Giorgia Meloni al Meeting di Rimini. La replica prevede sempre l’intervista a Rosy Bindi, quella a Graziano del Rio (uscite entrambe nei giorni scorsi) e quella a un (ex? post?) comunista, in questo caso Gianni Cuperlo (intervistato ieri). È la solita storia, come i vecchi film di “Don Camillo e Peppone” su Rete 4, ma mentre questi ultimi continuano a divertire, hanno attori eccezionali e li rivedi volentieri, le repliche del Pd hanno il sapore della ribollita che ormai ha la muffa alta come un piumone. Perché i film guareschiani raccontano un’Italia autentica, dove i cattolici erano cattolici e i comunisti erano comunisti. Ciascuno faceva il mestiere suo. Invece nel Pd è tutto finto.

È il fondale di un teatro cadente per personaggi in cerca d’autore. Una scenografia di compensato e piallacci. Il Pd – che potrebbe significare “Pirandelliani” - è uno, nessuno, centomila. Non credono più nel comunismo gli uni e non credono più nella Democrazia cristiana gli altri. Ma si presentano sempre come salvatori dell’umanità per riuscire a governare anche senza vincere le elezioni. Del passato Dc/Pci è rimasto l’attaccamento al potere. Cuperlo, che è “quello colto”, ieri se la raccontava così: «Il Pd nacque nella consapevolezza che nessuna di quelle culture (Pci e Dc, ndr) da sola disponeva più delle risorse politiche, intellettuali, a volte anche morali per stare in un tempo nuovo». Ma ecco la traduzione di Massimo Cacciari: «Il Pd non è un partito, è un insieme di avanzi di partito il cui unico collante è il potere. Deve resistere al governo per esistere... Se salta l’alleanza con i 5stelle loro che fanno? Non hanno strategia, non hanno anima». Hanno vissuto di rendita (ben radicati nell’establishment burocratico) sui vecchi elettorati del Pci e della sinistra Dc ormai sempre più ridotti. Ma ora, con la segreteria della Schlein (un fritto misto fra il Leoncavallo, il Gay Pride, il M5S e un comizio Pro-Pal), non sanno più come raggiungere l’elettorato cattolico e quello moderato e riformista. Si sentono radioattivi.

Così cercano una riconquista. Gianni Cuperlo è stato tenuto in soffitta per anni: una volta – con un guizzo di malinconica autoironia pubblicò su Facebook la battuta sul misantropo che aveva scritto sul campanello di casa «Gianni Cuperlo» con lo scopo di «non essere cercato da nessuno». Ora però si propone alla Schlein come stratega di scuola Pci e, nell’intervista di ieri, è subito scivolato su una buccia di banana: «Nel Pd piena accoglienza per i cattolici alla Bergoglio» (titolo della Stampa). Facendo capire così che per i compagni il Pd è il vecchio Pci mascherato e i cattolici sono ospiti, non comproprietari. Mario Adinolfi, che fu un fondatore del Pd, da cui è uscito, ha scritto: «A Cuperlo suggerisco la lettura di Dignitas Infinita, il documento Vaticano del 2024 che sintetizza la posizione di Bergoglio sulle questioni cruciali che riguardano la dignità dell’essere umano. Ho paura che Cuperlo scoprirebbe che manco i cattolici “alla Bergoglio” gli piacciono. Cuperlo (e quelli come lui) vogliono solo i cattolici alla Cuperlo, cioè proni al volere dei capi comunisti».

Ha esternato pure Rosy Bindi che non deve aver ancora digerito la battutaccia che Berlusconi le fece a “Porta a porta” se, a distanza di anni, cerca di riciclarla goffamente dicendo, oggi, che «la Meloni è stata più abile che bugiarda». Poi – come quello che spiega la sua barzelletta perché non ha fatto ridere nessuno – aggiunge: «Ho trovato il suo discorso molto bugiardo». Bindi, che è più estremista di Cuperlo, ha detto: «Da cattolica, non c’è una cosa che Schlein dica su cui non sono d’accordo, compresi i temi eticamente sensibili». Ha fatto questa dichiarazione proprio il giorno in cui Leone XIV, parlando su cattolici e politica, ha detto l’esatto contrario, delegittimando totalmente il catto-progressismo. Ha infatti spiegato che «il cristianesimo non si può ridurre a una semplice devozione privata», sottolineando che i politici cattolici devono rifarsi alla dottrina sociale della Chiesa e di fronte alle «pressioni», alle «direttive di partito», alle «colonizzazioni ideologiche» (sui temi eticamente sensibili) «devono avere il coraggio di dire “no, non posso”, quando è in gioco la verità».

 

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È quello che i cattolici del Pd non fanno. Non hanno una loro identità che li distingua. Quando si ascoltano i cattodem viene in mente una battuta del card. Giacomo Biffi: «Non bisogna aver paura dei cattolici non praticanti, ma dei praticanti non cattolici». Graziano Delrio ha fatto un’analisi obiettiva e ha riconosciuto: «Giorgia Meloni ha una strategia efficace... ascolta ed entra in sintonia culturale con mondi lontani da lei, come Cl o la Cisl... Il centrosinistra quella strategia non l’ha ancora trovata». Con la Schlein non la troverà. Neanche con cattolici alla Bindi. S’illudono che – come ha scritto Repubblica – il milione di giovani del Giubileo di Tor Vergata sia diverso dal pubblico del Meeting, cioè sia più progressista. Non sanno che è vero il contrario. Per esempio il Cammino Neocatecumenale, che lì aveva 120 mila giovani, è molto più “integralista” (per usare una categoria dei giornali) degli attuali ciellini. Il cristianesimo sta rinascendo in tanti Paesi del mondo, ma mai come “progressista”, in genere come tradizionalista. Dove ci sono pastori modernisti le chiese si svuotano. L’ideologia della sinistra è il deserto. Il nichilismo.

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Autore
Libero Quotidiano

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