Il peccato originale dell’Occidente

  • Postato il 10 luglio 2025
  • Editoriale
  • Di Paese Italia Press
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di Massimo Reina
Chi dà il diritto all’Occidente di decidere per gli altri, di imporre le sue idee e il suo fintissimo concetto di democrazia?
C’è qualcosa di profondamente osceno, quasi sacrilego, nella presunzione occidentale di possedere il segreto della felicità. È una bestemmia laica, travestita da missione salvifica, che si aggira per il mondo come un predicatore venduto alla Coca-Cola, con la Bibbia dei diritti umani nella mano destra e il catalogo Amazon nella sinistra.
Non è scritto in nessun libro sacro — né nella Genesi né nel Capitale — che la gioia debba necessariamente passare per la fibra ottica, per il frigorifero pieno, per le offerte last minute di Netflix.
Eppure l’Occidente si comporta come se lo fosse: come se fosse un dogma, una verità rivelata che va imposta con il sorriso dei talk show e con la brutalità degli F-16.
Chi ha detto che per essere felici bisogna parlare inglese, ascoltare Spotify, mangiare fast food e ridere di meme? Chi ha stabilito che il volto della libertà debba somigliare a un’adolescente sbiadita che balla su TikTok tra un filtro e uno sponsor? Esistono persone al mondo che hanno “solo” quello che basta. In Iran, nello Zimbabwe, a Cuba, in certe contrade dimenticate dalla geografia turistica. Ci sono bambini che giocano scalzi in cortili impolverati, ma che hanno il volto sereno. Madri che sorridono mentre impastano il pane con le mani, non con la lavatrice del progresso.
Perché la felicità non è nei “diritti acquisiti”, ma nella memoria collettiva, nella lingua del villaggio, nel canto del mattino, nella lentezza che sa resistere al tempo delle notifiche. Ma questo l’Occidente non lo sopporta. Perché è cresciuto nella nevrosi dell’identico, nell’ansia del modello unico. Chi vive in altro modo — e peggio ancora, chi vive felice in altro modo — rappresenta un’eresia intollerabile. E allora si muovono i crociati di oggi: prima gli influencer, poi le ONG, poi i contractors, poi i sobillatori, infine i piani Marshall 2.0.
Si bombardano città con la scusa della libertà, si rieducano popoli con la retorica della pace, si impongono governi come si installano app sul telefono. È il colonialismo dell’anima. E quando tutto è ridotto in cenere — quando gli ulivi sono stati sradicati e le tradizioni sbeffeggiate — arriva la beffa finale: ti offrono un reality show, un McDonald’s, un mutuo a tasso variabile. E ti chiedono anche di ringraziare.
Così nasce l’ibrido umano del nuovo millennio: un contadino senza terra, un cittadino senza città, un uomo senza passato. Spinto a odiare ciò che era, incapace di amare ciò che è diventato. E allora c’è da chidere — senza ironia, ma con dolore:
Chi vi ha dato questo diritto? Chi vi ha nominato sacerdoti della modernità? Chi vi ha fatto credere che l’unica verità sia quella che passa da Cupertino, da Wall Street, da Bruxelles?
Se la libertà significa distruggere ogni differenza, se la pace si ottiene riducendo tutto al silenzio dell’omologazione, allora l’Occidente ha smarrito la sua anima.E chi lo segue, lo fa non per scelta, ma per disperazione. Perché voi, dietro ai vostri slogan, alle vostre StartUp, ai vostri diritti in saldo, non offrite un mondo migliore. Offrite una gabbia d’oro. E la chiamate progresso.
 

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