Il piano tecnico-politico di Meloni convince Trump, ma non Mosca. Parla Missiroli

  • Postato il 23 maggio 2025
  • Esteri
  • Di Formiche
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Negli scorsi giorni sono emersi nuovi dettagli relativi agli sviluppi del negoziato sul conflitto in Ucraina, dalla possibilità di un incontro tra le parti coinvolte nella neutrale sede vaticana (possibilità poi smentita dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov) al consolidamento della posizione dei Paesi del G7 nei confronti di Mosca, fino all’imposizione di nuove sanzioni europee contro Mosca. In questo contesto emerge un certo attivismo da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che mantenendo contatti con alcune delle più importanti delle parti coinvolte ha in qualche modo spinto in avanti i lavori. Della strategia impiegata da Giorgia Meloni, così come del più generale sviluppo dei negoziati sul cessate il fuoco, Formiche.net ne ha parlato con Antonio Missiroli, ex-direttore dell’European Union Institute of Security Studies e già assistente del segretario generale della Nato per le emerging security challenges, che ha fornito la sua lettura della situazione attuale.

Su cosa può puntare Giorgia Meloni? Quali sono i suoi punti di forza?

La carta su cui punta Giorgia Meloni è la presunta prossimità ideologica con l’amministrazione Trump e quindi la possibilità di svolgere un ruolo se non di mediazione, perché è difficile mediare tra un gruppo di cui si fa parte e uno di cui non si fa parte, sicuramente di facilitazione del dialogo. Ma su questa dinamica pesano le tensioni commerciali tra Stati Uniti ed Unione europea, di cui l’Italia è comunque parte. Ma Meloni, nonostante le difficoltà interne, si è comunque mossa.

Su quali passi?

Sull’Ucraina, Meloni si è appoggiata sulle vicende che hanno contrassegnato prima la morte di Francesco e la successiva nomina del nuovo Pontefice, cercando di contribuire in qualche modo a riunire a Roma tutte le personalità coinvolte in questo negoziato. Tra queste personalità c’è lo stesso Leone XIV, che si sta distaccando dal suo predecessore sul tema specifico, poiché mentre Francesco chiedeva semplicemente la pace, talvolta dando l’impressione di chiedere sostanzialmente all’Ucraina di arrendersi, il nuovo Pontefice ha lanciato alcuni messaggi abbastanza chiari alla stessa amministrazione Trump e si è rivolto direttamente a Zelensky, mostrando una solidarietà nei confronti dell’Ucraina. L’offerta stessa di condurre o di ospitare i negoziati in Vaticano è un po’ un corollario di questo nuovo atteggiamento, anche se proprio per questo non c’è da sorprendersi del fatto che Lavrov abbia considerato irrealistica questa possibilità, vedendo nel Pontefice e in Roma come sede dei negoziati una sede non sufficientemente neutrale, perché Mosca potesse accettarla.

E quali potrebbero essere sedi negoziali e anche attori da coinvolgere in questo processo, attori considerati equidistanti in qualche modo? Penso per esempio alla Turchia, ma magari ce ne sono altri.

La Turchia un tentativo lo ha fatto e credo che, da un punto di vista di visibilità diplomatica internazionale, nonostante non sia approdato a granché, sia stato un parziale successo per Ankara. Non si vedono molti altri volontari all’orizzonte in questo momento, e credo che la ragione sia abbastanza comprensibile.

Cosa intende?

C’è chiaramente una disponibilità ucraina a un cessate il fuoco come premessa necessaria per un negoziato sull’eventuale armistizio. Esito a parlare di pace, ma sicuramente un armistizio con alcuni impegni reciproci sarebbe qualcosa di concepibile in prospettiva. Allo stesso tempo è abbastanza evidente che Mosca non vuole questo tipo di approccio, cioè non vuole un cessate il fuoco preliminare senza condizioni per poi arrivare a un negoziato successivo sull’armistizio. Vuole ottenere in anticipo una serie di concessioni come premesse per un cessate il fuoco. E quindi, con questi due approcci difficilmente compatibili fra di loro, è evidente che chiunque avesse anche lontanamente l’intenzione di proporsi come mediatore si troverebbe di fronte alla prospettiva di un fallimento. Quindi l’impressione è che siamo in una fase di stallo e di attesa per capire quali altre mosse possono essere fatte dagli attori principali, quali esternazioni possa fare Trump anche di fronte all’evidente stallo del suo stesso tentativo di mediazione diplomatica fra le due parti. In altre parole, non vedo a breve termine qualcuno che possa saltare fuori dal cappello e risolvere una situazione che è chiaramente bloccata da due approcci difficilmente compatibili fra loro.

In queste ore si sta parlando della conversazione avuta tra Giorgia Meloni e Donald Trump, concernente tra le altre cose un piano su due fasi, una di carattere tecnico e un’altra di carattere politico. Potrebbe rivelarsi una strategia efficace?

Potrebbe. Richiama molto l’approccio di Zelensky: si va prima a un cessate il fuoco tecnico, che tocchi istanze come lo scambio dei prigionieri come in parte già avvenuto in passato, e poi si passa a un negoziato politico. La mia impressione, come già detto, è che Mosca non accetti questo approccio. Il Cremlino ritiene di avere un vantaggio dal punto di vista militare convenzionale, quindi di poter continuare a esercitare pressione su Kyiv, ed è disposta a sedersi al tavolo del negoziato solo dopo aver ricevuto assicurazioni di portare a casa almeno alcuni dei risultati che si propone. Ma ciò è evidentemente una posizione inaccettabile dal punto di vista ucraino. Credo che questa opposizione strutturale sia difficile da superare, anche se possono essere trovate delle formule per cercare di tenere in vita dei negoziati tecnici. Ma da qui a un cessate il fuoco e all’apertura di un negoziato su un futuro armistizio corre ancora molto.

Nel caso venisse effettivamente raggiunto un cessate il fuoco, secondo lei Mosca lo sfrutterebbe per “riprendere fiato” o si dimostrerebbe rispettosa dello stesso?

Di nuovo, io credo che Mosca accetterebbe un cessate il fuoco solo dopo aver ottenuto dei risultati e delle concessioni, non prima. Dopo aver ottenuto tali concessioni, ad esempio territoriali o relative alle sanzioni economiche, è ovvio che potrebbe anche decidere di dare tempo al cessate il fuoco per ricostituire le proprie riserve, per rilanciare in parte l’economia che è in uno stato molto difficile, e così via. Ma non credo che Mosca intenda accettare un cessate il fuoco semplicemente come misura tattica, perché è assolutamente necessario per Putin in questo momento poter portare a casa dei risultati. Putin si può permettere di mantenere lo stato di guerra ancora per altre settimane e mesi, nella speranza che Trump a un certo punto decida di chiamarsi fuori, magari sospendendo o addirittura cancellando gli aiuti di assistenza militare convenzionale all’Ucraina, o togliendo le sanzioni economiche nei confronti di Mosca. Ma da quest’ultimo punto di vista, il comunicato di ieri del G7 è abbastanza incoraggiante.

In che senso?

Nel senso che l’amministrazione americana, in sede di ministri delle finanze e di governatori delle banche centrali, ha accettato di tenere aperta la possibilità di nuove sanzioni, di nuova pressione economica nei confronti di Mosca. Il timore da parte degli altri paesi occidentali era che l’amministrazione Trump fosse addirittura pronta a cominciare a togliere le sanzioni a Mosca, il che sarebbe stato evidentemente un incoraggiamento ulteriore a Putin di continuare sulla linea che ha adottato finora.

Possiamo interpretare questo sviluppo come un segnale positivo nelle relazioni transatlantiche in questo momento storico particolare?

Può darsi che sia un passaggio tattico da parte dell’amministrazione Trump, ma certamente è un risultato migliore di quello della precedente riunione a livello di ministri degli esteri del G7, in cui Washington si era rifiutata di inserire nel comunicato finale qualunque indicazione sulle responsabilità di Mosca nel conflitto e sulla necessità di supportare e sostenere l’Ucraina. Rispetto a quello, evidentemente c’è un’evoluzione positiva a livello di G7. Ma ripeto, è del tutto possibile che sia un elemento di carattere tattico per cercare di esercitare un minimo di pressione supplementare su Mosca. Non erano mancate nei giorni scorsi le dichiarazioni, anche da parte del vicepresidente Vance, sul fatto che Washington ritenesse che le richieste di Mosca fossero eccessive. C’è un tentativo di aggiustamento della posizione diplomatica americana in questo momento che deve essere sfruttato nei giorni a venire.

Autore
Formiche

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