Il Ponte di Messina si farà mai: giudici a gamba tesa, Governo compatto, cosa c’è dietro
- Postato il 30 ottobre 2025
- Politica
- Di Blitz
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                                                                            Primo Sul Ponte di Messina ballano oltre tredici miliardi di euro. Che fine faranno questi soldi?
La Corte dei Conti non ha dubbi: “Non s’ha fare”, sentenzia come i bravi di Don Rodrigo.
Viene negata la legittimità della delibera: per ora sono soltanto parole perché le motivazioni della decisione si conosceranno fra un mese.
La maggioranza di governo si inalbera, Giorgia Meloni dice che “siamo di fronte all’ennesima invasione dei magistrati”; Matteo Salvini sostiene che è “un grosso danno per il Paese”, però si andrà avanti nonostante i veti e gli sgambetti di chi non capisce l’importanza dell’opera.
Antonio Tajani si fa sentire: “È inammissibile”, tuona. Malgrado gli screzi e i distinguo degli ultimi tempi, la destra si ricompatta e punta il dito contro il Pd che vuole lo stop della costruzione.
Ero poco più che un ragazzo: è da allora che si discute dell’ importanza del ponte, della sua necessità imprescindibile o, al contrario, della sua inutilità.
“Sono soldi gettati dalla finestra”: questa è l’opinione dei contrari i quali insistono: “Il danaro nel Mezzogiorno serve per rendere il Sud diverso, non più lontano mille miglia dal ricco Nord”.
Un ponte fra nord e sud

Un contrasto evidente e non nuovo per il nostro Paese: da una parte si invocano i tanti posti di lavoro che si verrebbero a perdere; dall’altra si è convinti del contrario perchè l’opera servirebbe per togliere dall’isolamento una parte dell’Italia che si sente abbandonata da Roma.
Nell’occhio del ciclone finisce per l’ennesima volta la magistratura che continua a intervenire laddove non dovrebbe. “È la Corte dei ponti”, titola ironicamente un giornale. “Tutti giù dal ponte”, gli fa eco un altro.
Insomma, si butta in farsa un’opera su cui si dibatte da più di mezzo secolo. Allora sarebbe il caso di piantarla e di sedersi attorno ad un tavolo per trovare un accordo per un’opera che potrebbe cambiare il volto di questo territorio in cui viviamo.
Invece diventa la solita lite tra maggioranza e opposizione. Non si guarda all’utilità o alla inutilità del ponte, ma solo a portare acqua al mulino di destra o sinistra.
Se poi, in certi settori, il Paese langue e la gente non crede più al Palazzo una ragione c’è. Colpa dell’ideologia che non guarda in faccia nessuno, nemmeno quando si tratta di impiegare molti e svariati miliardi per un ponte che dovrebbe unire la Calabria alla Sicilia. “Pensate che cosa vorrà dire per la comunicazione e il vantaggio della nostra economia”, insistono i favorevoli.
“Non è niente vero”, rispondono i contrari. “L’opera non cambierebbe nulla, se non una vittoria insensata di chi è al governo che si potrebbe vantare per anni dell’iniziativa di cui sono stati i padrini”.
Il conflitto fra destra e magistrati
Senza contare che la decisione della Corte dei Conti non fa che esasperare il conflitto che c’è tra giustizia e politica.
È un modo come un altro per esasperare la divisione, per dare una spinta a quella che si deve considerare una guerra (non è un termine esagerato) tra due poteri dello Stato che, al contrario, dovrebbero lavorare di concerto per raggiungere quei risultati di cui tutti abbiamo bisogno.
Ponte sullo Stretto a parte, la politica non prende mai un giorno di permesso.
Non si possono fare ventiquattro ore di festa quando bollono in pentola decine e decine di problemi. Il governo studia e verifica la situazione, il Pd, con i suoi cespugli al seguito, non dimentica di essere opposizione, il cane da guardia del Paese.
Pure il sindacato si spacca: la Cgil rimane sola a sbraitare e a dare la possibilità a Maurizio Landini di dimostrare che la sua creatura è viva e vegeta. Però, mentre Cisl e Uil firmano rinnovi di contratto di lavoro assai favorevoli agli operai, i “cervelli” della Cgil pensano a organizzare ulteriori marce di protesta che purtroppo servono a ben poco, se non a bloccare il traffico di molte città italiane.
Non solo: dati dell’Istat (quindi non di parte) confermano un aumento dell’occupazione e il successo dell’export con gli Stati Uniti: più 34,4 per cento.
Nel Pd non si respira ancora un’aria tranquilla. Ora ci mancava pure Romano Prodi (si, proprio lui) a infiammare il palcoscenico della sinistra. “In Italia, non c’è nessuna deriva autoritaria e la democrazia non è in pericolo”, ritiene. Semmai è la sinistra colpevole di non presentare un progetto che possa illuminare la scena politica.
Scoppia l’incendio in via del Nazareno: qualcuno pensa (a ragione o a torto) che il padrino abbia in animo di far nascere un nuovo partito della sinistra che si allontani dal Pd. I riformisti si interrogano: “Potremmo essere da quella parte se davvero Prodi ha questa intenzione?”
Torna alla ribalta (dopo un brevissimo periodo) Francesca Albanese che tuona contro il genocidio che sta compiendo Israele. Se la prende con molti Paesi complici, tra cui anche l’Italia. Capite, complici: lo dice una italiana non un esponente che la pensa come Hamas.
“E’ una strega”, sostiene qualcuno. La Albanese risponde a tono: “Se lo fossi avrei impedito il genocidio”. È un sostantivo che le piace assai!.
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