“Il Pride è il termometro del Paese. Oggi più che mai servono coraggio e conflitto”
- Postato il 14 giugno 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo il trentennale celebrato lo scorso anno, il Roma Pride torna a marciare per le strade della Capitale sabato 14 giugno. Un’edizione che sceglie un titolo forte, diretto, impossibile da ignorare: “Fuorilegge”. “Un titolo che descrive perfettamente la condizione in cui lo Stato italiano costringe ancora oggi le famiglie arcobaleno e moltissime persone della comunità LGBTQIA+” spiega a ilfattoquotidiano.it Mario Colamarino, portavoce del Roma Pride e presidente del Circolo Mario Mieli.
“Ci hanno chiamato fuorilegge per anni. Ma oggi, in Italia, essere una persona trans o una famiglia con due papà significa non avere alcun riconoscimento, alcuna tutela. E anche se una recente sentenza della Corte Costituzionale ha aperto uno spiraglio per le coppie di mamme, siamo ancora lontani da una vera parità” sottolinea Colamarino. Un’accusa che pesa, e che ha una direzione precisa: “C’è una legge italiana che vieta la gestazione per altri e non solo: la considera un reato universale. È un’impostazione che ci allontana dai Paesi con cui dovremmo condividere valori democratici e ci avvicina ad altri ben meno liberali”.
Il titolo del Pride, racconta il portavoce, ha assunto un significato ancora più potente grazie alla scelta della madrina di quest’anno: Rose Villain, la cantante che con la canzone, portata quest’anno a Sanremo, “Fuorilegge” ha trasformato quel termine in un simbolo di ribellione ironica e liberatoria. “Non è stata una scelta costruita a tavolino, ma quasi profetica. Fuorilegge è uno dei suoi brani più rappresentativi, e il pezzo risuona perfettamente con lo spirito della parata”.
Uno spirito che trova piena espressione anche nel manifesto ufficiale del Roma Pride 2025, pubblicato nelle scorse settimane: un testo militante, duro, esplicitamente politico, che rivendica con forza la natura conflittuale del Pride e ne riafferma il valore originario di lotta.
“Ci hanno derise, siamo state cacciate di casa, ci hanno picchiate, ci hanno ucciso. Hanno provato a farci tacere. Ma noi gridiamo ancora più forte“, si legge nell’incipit. La parola fuorilegge viene rivendicata come un segno di resistenza, non di vergogna: “Da 31 anni il Roma Pride è fuorilegge. Lo è perché ha sempre infranto le leggi dell’odio, dell’esclusione, del silenzio”.
Il manifesto punta il dito anche contro il contesto internazionale. Dal ritorno al potere di Trump negli Stati Uniti, dove scrivono “si cancellano diritti e memorie, eliminando la T da Stonewall, fino all’Ungheria, dove i Pride sono stati vietati”. Ma la denuncia più forte è rivolta all’Italia:
“Questo governo – si legge – è il più reazionario della storia repubblicana: censura, cancella, colpisce le famiglie arcobaleno, lascia sole le persone trans, toglie fondi ai centri antiviolenza. L’indifferenza istituzionale diventa complicità”.
Un quadro che, per Colamarino, segna uno dei momenti più difficili degli ultimi anni: “Viviamo in un mondo che sta cambiando rapidamente, e non sempre in meglio. Basta guardare cosa accade negli Stati Uniti con l’amministrazione Trump, o in Ungheria, dove i Pride sono vietati”.
E l’Italia? “Fino a qualche tempo fa, Meloni cercava di mostrarsi attenta ai diritti civili quando incontrava Biden. Oggi quell’imbarazzo internazionale è sparito. La destra al governo si sente legittimata, e il silenzio diventa complicità: nemmeno una parola dopo gli ultimi attacchi alle persone trans per strada, nemmeno un segnale quando i nostri diritti vengono erosi” spiega Colamarino.
Per il terzo anno consecutivo, il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca non concederà il patrocinio al Pride. Una scelta che, per Colamarino, svela una profonda incoerenza: “Rocca si era presentato come vicino alla comunità, ricordando il suo passato nella Croce Rossa. Ma nei fatti ha fatto il contrario. L’anno scorso prima ha dato il patrocinio, poi lo ha ritirato. Quest’anno non abbiamo nemmeno pensato di chiederlo: il patrocinio deve essere accompagnato da politiche coerenti e da un impegno costante durante tutto l’anno”.
Il Comune di Roma invece ha deciso di sostenere il Pride con il patrocinio ed economicamente. “L’amministrazione Gualtieri partecipa e sostiene concretamente. Non solo il giorno del Pride, ma durante tutto l’anno, con progetti, bandi, eventi e un ufficio di scopo, guidato da Marilena Grassadonia. Questo vuol dire avere una visione di città. E oggi Roma sta iniziando a somigliare davvero a una capitale europea dei diritti”.
L’orizzonte resta, però, internazionale. “Roma deve tornare a ospitare eventi come l’Europride, deve essere capofila nella rete delle città dei diritti. Lo dico anche da membro di organizzazioni internazionali di Pride: servono ambizioni alte e serve visione” spiega Colamarino.
Il suo auspicio è che il Roma Pride possa diventare un punto di riferimento anche per quei sindaci italiani e europei che ogni giorno si battono per i diritti in contesti ostili, come in Polonia, in Ungheria, o in Croazia: “Lì spesso chi amministra è in prima linea contro governi che vogliono cancellarci”.
“Il Pride è un termometro politico e sociale del Paese. Non è una festa neutra, ma una presa di parola collettiva. E oggi più che mai serve coraggio, serve conflitto, serve dire le cose come stanno”,conclude Colamarino. Roma è pronta a fare la sua parte. Ma per i promotori, la posta in gioco va ben oltre le strade della Capitale: “Il nostro obiettivo è che il mese del Pride e le sue iniziative diventino una piattaforma permanente di diritti. Perché finché ci diranno che siamo fuorilegge, continueremo a esserlo. Ma a testa alta”.
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