Il referendum spacca il Pd mentre Landini mira al posto di Elly Schlein

  • Postato il 14 maggio 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Pace e referendum. Dovremmo esser lieti noi europei se Putin ci insula definendoci deficienti.

Lo fa perchè se non accettasse la pace che tutto il mondo chiede a gran voce scatterebbero contro la Russia nuove sanzioni. Giuste, anzi sacrosante.

Dunque, meglio lasciare lo zar al suo destino e occuparci dei fatti nostri che non sono pochi.

A destra, non c’è quell’amalgama che la Meloni si augurerebbe: un giorno Salvini ed un altro Tajani non rendono tranquilli i giorni della premier che deve usare una grande diplomazia (di cui è dotata) per salvare il salvabile.

Sinistra e referendum

Elly Schlein e il referendum
Il referendum spacca il Pd, Landini mira al posto di Elly Schlein – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

Ma ancora più cupo è il futuro della sinistra che non trova pace sul voto referendario dell’otto e il nove giugno. È il Pd il vero nodo dell’opposizione: i moderati sono usciti dal guscio e ora non solo mugugnano, ma vanno all’attacco dicendo chiaro e tondo che non voteranno si al Jobs Act.

Si scatena un vero e proprio inferno, perchè Elly Schlein stavolta non usa le mezze misure. Minaccia le purghe che vogliono dire licenziamento e non ammette deroghe perchè per il “si” la direzione nazionale non ha avuto dubbi e si è espressa all’unanimità.

Un grosso guaio, perchè non sono esponenti di poco conto quelli che si sono messi di traverso. Qualche nome convincerà chi non crede alla bagarre: Giorgio Gori, l’ex sindaco di Bergamo, uomo di gran peso nel partito; Pina Picierno, vice presidente della commissione europea (non c’è da aggiungere altro); Lorenzo Guerini, ex numero uno del ministero della difesa.

E molti altri, più una serie di gente dello spettacolo con a capo Geppi Cucciari che esternò il suo giudizio in tv alla presenza del Capo dello Stato.

Quale futuro per il Pd?

Capite bene che questa vera e propria guerra diventa davvero una bella complicazione per il Pd. Non solo per i referendum di giugno, ma soprattutto per il futuro di questa forza politica.

Ai nomi già citati se ne potrebbero aggiungere altri e gli sforzi della segretaria per tenere uniti i dem andrebbero a farsi benedire.

Avrebbe il potere la Schlein di impedire che la sommossa si propaghi? Oppure è proprio arrivata l’ora del giudizio? Non è una novità quella che Elly non sia ben vista da una parte (forse minoritaria) del Pd.

Le ragioni sono note: la virata a sinistra che non piace ai moderati, a coloro che rimpiangono ancora oggi la vecchia DC. In parole povere, agli odierni nostalgici che non hanno nulla a che fare con quelli del deprecato ventennio.

Ritorna sul palcoscenico della politica il vecchio sogno della Schlein: il campo largo. Se a questo punto, non c’è unità nemmeno nel partito di maggioranza dell’opposizione Elly dovrà dire definitivamente addio al suo progetto. Inutile tirare in ballo la vittoria conseguita in Sardegna con l’elezione di Alessandra Todde al vertice della regione.

Come una rondine non può far primavera un solo successo non può significare che l’aria è cambiata. Con la sinistra ad una sola voce in grado di combattere e spodestare il centro destra.

È assai chiara questa contrapposizione, tanto è vero che un quotidiano molto vicino ai 5Stelle scrive oggi in prima pagina che il campo largo può dirsi tramontato. Per colpa di chi? “Non certamente nostra”, replicano i pentastellati. Dimenticando magari che questo futuro non è stato mai gradito a Giuseppe Conte il quale ha in testa un altro disegno che persegue da tempo.

È lui, l’avvocato del popolo, l’unico che può opporsi con la sua determinazione al “disastro” dell’attuale governo guidato dalla Meloni. Una volta vinta  la prima battaglia ne vorrebbe una seconda che lo porterebbe direttamente  a Palazzo Chigi. Rimembranze, niente altro.

Chi ritiene che il successo dell’attuale maggioranza dipende in gran parte dalle divisioni che lacerano la sinistra non ha tutti i torti.

Che fare? Alla segretaria del Pd non rimane che stringere un patto di ferro con Maurizio Landini e la sua Cgil. Ma anche nel campo sindacale non c’è la tranquillità di una volta. Sono in molti a storcere la bocca e a non applaudire quando il loro leader parla.

È così vera questa spaccatura che lo stesso Landini ha in animo di buttarsi in politica e di prendere un domani il posto della Schlein. Non è un film diretto dal più prestigioso dei registi, ma una realtà che ognuno può toccare con mano.

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Blitz

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