Il senso di Trump per gli affari con gli F-35: vendere i caccia all’Arabia saudita ma non scontentare Israele

  • Postato il 20 novembre 2025
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I jet da combattimento F-35 venduti ai sauditi. Ma non subito. L’annuncio fatto dal presidente Trump in occasione della visita del principe ereditario bin Salman avrà i suoi effetti commerciali; ma dal punto di vista tecnico e militare, ci vorranno le modifiche necessarie ai caccia prima di consegnarli a Ryad.

In altre parole, l’Arabia Saudita rispetto al potenziale della macchina da guerra dovrebbe rimanere inferiore agli Stati Uniti e, soprattutto a Israele secondo quello che si chiama “vantaggio militare qualitativo”. La precisazione è arrivata dai funzionari americani in base ai timori dello Stato ebraico; Tel Aviv vuole sì normalizzare i rapporti con i vicini arabi attraverso gli accordi di Abramo, ma non vuole ritrovarsi in inferiorità tecnologica e militare, visto che quella numerica apparirebbe scontata dinanzi a una coalizione ostile.

Dal punto di vista legale, una legge assicura agli Stati Uniti di mantenere i jet più sofisticati rispetto a quelli venduti ai vari acquirenti, ma Israele ha permessi speciali per aggiornare gli armamenti e i radar dei caccia, senza dover chiedere permesso a Washington. Nonostante ciò, quando il presidente Trump ha annunciato la vendita degli F-35 a Ryad, da Israele si sono levati mugugni legati al timore di perdere la superiorità aerea nella regione. Ma gli americani hanno dato rassicurazioni: come riporta Reuters, Douglas Birkey, direttore esecutivo del Mitchell Institute for Aerospace Studies ha escluso che gli aerei in vendita ai sauditi potranno avere il missile tattico Aim-60 JATM, arma aria-aria dedicata ai jet di quinta generazione con una gittata di 190 chilometri.

Ci sono poi i sistemi-radar, per cui gli F-35 dedicati a Ryad monterebbero dei software meno aggiornati. Infine, c’è lo scoglio del Congresso, che deve approvare questa transazione con il Paese arabo. Appare improbabile che le due Camere possano raggiungere una maggioranza di due terzi per superare il decreto presidenziale, ma tutto può accadere. Dunque, Ryad avrà i suoi F-35, ma ci vorrà tempo: al principe bin Salman sono stati promessi due squadroni – dai 12 ai 24 jet – ma Israele ne ha già due operativi ed è pronta ad ottenerne un terzo. Inoltre, l’aviazione israeliana utilizza gli F-35 da otto anni, ed ha un vantaggio in termine di esperienza.

Tuttavia, Tel Aviv è preoccupata e non lo nasconde. La portavoce del governo israeliano, Shosh Bedrosian ha ribadito: “Stati Uniti ed Israele hanno un’intesa di lunga data, secondo cui Israele mantiene il vantaggio qualitativo in termini di difesa”. C’è poi un altro aspetto da non trascurare, ed è l’ombra della Cina. Durante il primo mandato, Trump aveva intenzione di vendere gli F-35 agli Emirati, e quest’ultimi divennero il primo Stato arabo a normalizzare in 26 anni i rapporti con Israele. Ma la vendita con il presidente Joe Biden si arenò a causa dei rapporti sempre più stretti dal punto di vista militare tra Emirati e Cina, perchè Washington temeva che i segreti del suo caccia potessero essere esplorati dal Dragone. Dal canto suo, Abu Dhabi rifiutò le restrizioni operative che voleva imporre la Casa Bianca. Anni dopo, Trump ci riprova, stavolta con l’Arabia Saudita: gli affari sono affari. A Gerusalemme, non sono pochi i malumori verso il premier Netanyahu. La Cnn ha citato l’ex generale Gadi Eisenkot, molto stimato nel suo Paese sia dal punto di vista politico – ha fatto parte dell’opposizione al governo di King Bibi – che sul piano militare. Eisenkot ha criticato l’accordo prendendosela con il primo ministro: “Netanyahu ha perso la capacità di difendere gli interessi nazionali di Israele”.

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