Il senso politico del piano di Trump per Gaza
- Postato il 30 settembre 2025
- Di Panorama
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È un’attenzione mediatica comprensibilmente notevole quella che ha suscitato il piano di pace per Gaza proposto da Donald Trump e accettato, oltre che dai Paesi arabi, anche da Benjamin Netanyahu. È quindi interessante cercare di approfondire il senso politico che questo progetto ha per entrambi i leader.
Uno degli obiettivi principali dell’inquilino della Casa Bianca è notoriamente quello di evitare un deragliamento dei rapporti tra Israele e i Paesi arabi, per salvaguardare l’eventuale rilancio degli Accordi di Abramo. Non a caso, un punto del piano prevede esplicitamente che “gli Stati Uniti collaboreranno con i partner arabi e internazionali per sviluppare una Forza di stabilizzazione internazionale temporanea da dispiegare immediatamente a Gaza”.
Non solo. Durante il faccia a faccia a porte chiuse di lunedì alla Casa Bianca, Trump ha de facto spinto Netanyahu a scusarsi con la leadership del Qatar per il recente attacco israeliano su Doha. Dall’altra parte, il piano del presidente americano prevede l’estromissione di Hamas dal potere a Gaza, il suo disarmo e il rilascio di tutti gli ostaggi nel giro di 72 ore. Insomma, Trump, con il suo progetto, ha mirato a bilanciare le esigenze dei Paesi arabi e quelle dello Stato ebraico: come detto, l’obiettivo finale, oltre alla pace nella Striscia, è la salvaguardia della logica alla base degli Accordi di Abramo.
Per quanto riguarda Netanyahu, il piano della Casa Bianca di fatto mette Hamas politicamente all’angolo. Avendo il progetto ottenuto l’ok dei Paesi arabi, l’organizzazione terroristica palestinese si trova adesso maggiormente isolata. Potrebbe continuare a fare affidamento sull’Iran, è vero. Ma è altrettanto vero che il regime di Teheran in questo momento risulta particolarmente debole. Inoltre, ieri Trump ha anche auspicato che esso possa aderire agli Accordi di Abramo, cercando così di coinvolgerlo nella sua strategia di ristrutturazione degli equilibri mediorientali.
Ma non è tutto. Il piano offrirebbe probabilmente al premier israeliano anche copertura politica interna. Per quanto abbia espresso irritazione, l’ala destra del suo governo potrebbe alla fine accettare questo progetto. Secondo il Times of Israel, “il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, uno dei principali partner della coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu, ha criticato il piano degli Stati Uniti per porre fine alla guerra a Gaza, ma non ha dichiarato apertamente che vi si opporrà o che tenterà di silurarlo”.
Nonostante escluda l’annessione di Gaza e preveda lo stop alle operazioni militari dell’Idf, il progetto di Trump, come abbiamo visto, comporta il celere rilascio degli ostaggi da parte di Hamas e l’estromissione di quest’ultima dal potere. Il presidente americano ha anche assicurato che, qualora l’organizzazione terroristica palestinese dovesse rifiutare l’accordo, gli Stati Uniti appoggerebbero convintamente Gerusalemme nelle operazioni militari volte a distruggerla. Tutto questo potrebbe quindi garantire a Netanyahu un maggiore margine di manovra rispetto all’ala destra del suo esecutivo.