Il Sud cantato da Gregorio Corigliano: elegia della Calabria, come era, come è e come non è più
- Postato il 11 maggio 2025
- Libri
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Esiste ancora il vecchio Sud, si chiede Gregorio Corigliano in questo suo bel libro dal titolo meravigliosamente romantico: “La casa del rosmarino”?
Non c’è più, è svanita, ma i calabresi sono sempre gli stessi. Una volta si emigrava per non tornare più; oggi questo fenomeno si chiama fuga dei cervelli e interessa i giovani, i quali, una volta affermatisi (come tutti i calabresi che lasciano la loro terra) hanno molte difficoltà a fare il viaggio di ritorno, perchè magari i loro genitori sono volati in cielo e non hanno più amici nel paese dove sono nati.
Il Sud di una volta
Coltivare la terra, la passione per la campagna è quasi sparita con l’industrializzazione, i cui guai si sono toccati con mano quando si voleva costruire il quinto centro siderurgico a Reggio Calabria.
Ma le pagine più belle che Gregorio Corigliano ha voluto scrivere sono quelle dei giorni in cui, da fanciullo, osservava il faticoso lavoro del padre e della madre. I pesci comprati al negozio che costavano assai meno della carne, la precisione con cui la mamma e la nonna pulivano quel cibo comprato con i grandi sacrifici di un bilancio quasi sempre in rosso.
Sono spaccati di vita che fanno accapponare la pelle o commuovere persone come me venuto a Roma da bambino, ma sempre vicino alle gioie e ai dolori degli amici che non ho mai dimenticato. La mia estate ad Amendolara durava tre mesi, quanto durava la chiusura delle scuole. Ma quei giorni sono gli stessi che ha vissuto il mio amico Gregorio Corigliano.
Ricordo i miei amici d’infanzia che salivano su un treno che li avrebbe condotti nel porto più vicino per poi imbarcarsi su una nave che partiva per gli Stati Uniti o in Argentina dove già viveva un parente che avrebbe potuto aiutarli. Che dolore vedere quei genitori i quali sapevano che quel loro figlio sarebbe diventato uno straniero.
Partivano gli emigranti
La vita, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, era completamente diversa da quella di oggi. Allora, c’erano principi e regole che non potevano essere dimenticate. L’ora del pranzo e della cena tutti insieme, la mamma che si alzava la mattina all’alba per avere a mezzogiorno un piatto di ferrazzuoli fatti in casa, l’ora proibita in cui il padre ascoltava il giornale radio attraverso un apparecchio che non aveva età.
Sono queste le pagine che Corigliano descrive più che con la penna con il cuore. Piene di sentimenti, di ricordi che fanno tremare le vene dei polsi e non debbono farci vergognare se le nostre guance si bagnano di lacrime.
Il rosmarino era una pianta che rendeva felice la famiglia perchè era la mamma ad averla piantata. Un profumo che inondava tutte le stanze, che non ti abbandonava mai, nemmeno quando si era fuori per lavoro. Le stesse sensazioni che ho avuto io quando a settembre si faceva vendemmia o quando a primavera inoltrata si raccoglieva il grano.
I miei genitori erano identici a quelli di Gregorio e ai tanti altri che abitavano in Calabria. La disciplina soprattutto, ma anche il doveroso amore verso il lavoro che portava a casa pochi soldi, ma quelli dovevano bastare per arrivare alla fine del mese.
Una Calabria diversa, ma non per questo meno romantica, memore sempre di non venir meno alle regole del buon vivere civile. Povera, se volete, non lo neghiamo, ma ricca dentro. Allora e adesso.
Gregorio Corigliano, La casa del Rosmarino, Luigi Pellegrini editore, €14.
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