Il testo scritto, le due lingue, l’uso dei social: Papa Leone è un comunicatore? Cosa ci dice il primo discorso

  • Postato il 9 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nell’era della comunicazione sociale, ogni messaggio viene amplificato, riformulato e riutilizzato da utenti e politici secondo le proprie visioni. In questo contesto, la comunicazione personale di un Papa assume un ruolo centrale e ha un impatto diretto sulla cultura e sulla politica, come abbiamo visto con Papa Francesco.

Per questo è importante capire che comunicatore è Robert Francis Prevost, il nuovo Papa Leone XIV e provare a prevedere che tipo di comunicatore sarà.

Nella prima uscita da Papa di Robert Prevost, ha dato subito all’occhio il fatto che abbia letto un discorso scritto. I suoi predecessori hanno sempre esposto a braccio il primo discorso dalla Loggia del palazzo apostolico. Nel caso di Prevost questa scelta non è da attribuire a timidezza o ansia. Abbiamo infatti ascoltato il suo tono di voce sicuro e visto che alcune parti del discorso sono state esposte senza leggere dal manoscritto. Ha letto in particolare i passaggi dedicati alla pace, tema centrale e delicato. È probabile che abbia scelto di farlo per usare parole misurate e inequivocabili, evitando interpretazioni errate e segnando fin da subito una continuità con Francesco su questo punto cruciale.

I passaggi più biografici, come quello della sua appartenenza all’Ordine di Sant’Agostino e il saluto, in lingua spagnola, alla “sua cara” diocesi di Chiclayo in Perù li ha esposti a braccio. Andando a recuperare i video dei suoi interventi da cardinale, possiamo confermare il giudizio positivo sul public speaking di Prevost.

L’uso di più lingue nel suo saluto è stato un altro elemento caratteristico del discorso, che può avere un significato politico. Prevost ha parlato in italiano e poi in spagnolo, senza usare l’inglese nonostante sia americano. Questo passaggio allo spagnolo, lingua appresa nei suoi anni di missione in Perù, può essere letto come un segnale della sua attenzione universale: un papa globalizzato più che americanocentrico, in netta volontà di dialogare con il Sud globale. Secondo il Washington Post, il fatto che dal balcone si sia rivolto in spagnolo alla sua ex diocesi peruviana è una risposta al più “parrocchiale” americanismo incarnato dalla leadership politica Usa contemporanea.

Il presidente Usa Donald Trump, sul suo social network Truth, si è infatti congratulato con Leone XIV ponendo l’accento proprio sulla nazionalità del nuovo Papa: “Congratulazioni al cardinale Robert Francis Prevost. È un onore realizzare che è il primo papa americano. Che grande gioia e che grande onore per il nostro Paese. Non vedo l’ora di incontrare papa Leone XIV, sarà un momento molto significativo”.

Leone XIV è, per quanto abbiamo ascoltato finora, in continuità sostanziale con la linea sociale di Francesco, sulla pace, l’attenzione agli ultimi e l’ambiente, ma a livello personale Bergoglio e Prevost sembrano differenti in temperamento. Francesco era un grande comunicatore pubblico: nonostante non amasse la pompa cerimoniale, si è mostrato subito carismatico nella semplicità, capace di gesti simbolici inattesi (basti pensare al lavaggio dei piedi ai detenuti, o alle telefonate a sorpresa ai fedeli comuni) e di un rapporto diretto con i media (interviste tv e battute improvvisate).

Prevost è invece descritto dal reverendo Mark Francis, suo amico dagli anni 70, come persona mite, riservata e che “non cercava mai la luce della ribalta”.

Fino a ieri era relativamente sconosciuto sulla scena globale, avendo concesso poche interviste. Eppure, l’esperienza insegna che il papato può trasformare la percezione pubblica: Francesco da arcivescovo era schivo e poi è divenuto amatissimo. Dunque Leone XIV potrebbe evolvere nel suo stile man mano che assume pienamente il ruolo. È ancora presto per giudicare il suo carisma e approccio pubblico.

I detrattori di Bergoglio speravano in un comportamento del nuovo Papa simile a quello di Ratzinger sulle vicende politiche. Benedetto XVI non amava entrare nel dibattito politico contingente, mantenendo un profilo più distaccato e concentrato su questioni di fede e ragione. Prevost invece ha fatto uso dei social per entrare in questioni politiche, almeno fino al mese scorso. Dal suo account su X, @drprevost, che è stato verificato proprio a maggio 2025 dalla piattaforma, ha contraddetto il vicepresidente degli Stati Uniti Vance su una ipotetica classifica delle categorie da amare secondo Gesù e criticato la politica migratoria di Trump, attraverso un repost.

C’è da aspettarsi dunque, da parte di Leone XIV, una continuità con Papa Francesco nell’attivismo politico e anche nell’ampio uso dei social network. Il punto è capire quale sarà l’orientamento politico di Leone XIV.

Ha parlato di pace come Francesco, certo, ma anche Trump lo fa, più dei democratici Usa. Il suo approccio sui migranti è ovviamente in linea con quello della Chiesa, per la difesa dei loro diritti. Come ha riportato il New York Times, nel 2012 ha però criticato la cultura woke, promossa dai media occidentali (di orientamento democratico) che divulgano “idee e pratiche in contrasto con il Vangelo”, tra cui “stili di vita omosessuali e modelli di famiglia alternativi, comprese le coppie dello stesso sesso e i loro bambini adottati”.

Anche se, come detto, il suo legame col Sudamerica è forte, Leone XIV è statunitense, non sudamericano. Questo ha permesso di scoprire che ha votato alle primarie repubblicane dell’Illinois nel 2012, 2014 e 2016, secondo i registri elettorali. Ha partecipato anche alle elezioni generali, l’ultima volta tramite voto per corrispondenza nel mese di novembre. È impossibile quindi etichettare il nuovo Papa come progressista (come si fece con Francesco) o conservatore (come con Benedetto XVI).

Ancora una volta, i cardinali elettori hanno osservato il quadro geopolitico per scegliere il Papa più adatto a difendere la centralità della Chiesa nel mondo. L’elezione di Giovani Paolo II fu una svolta simbolica contro il comunismo: un papa polacco, proveniente da un Paese del blocco sovietico, fu percepito come una sfida diretta all’Urss.

Benedetto XVI fu eletto come figura rassicurante per i conservatori cattolici, in risposta alle spinte culturali progressiste e alla crisi di identità dell’Europa cristiana nel post-11 settembre. Francesco, in un contesto di crisi economica globale, migrazioni di massa, cambiamento climatico e populismi, nonché di crisi della Curia, con il caso Vatileaks e le dimissioni di Ratzinger, ha incarnato una risposta alla domanda di riforma, trasparenza e attenzione ai poveri.

Leone XIV è il primo Papa statunitense: la sua elezione è già un fatto geopolitico. Con gli Stati Uniti che con Trump sono tornati a monopolizzare il dibattito e ad accentrare il potere, il Vaticano ha un capo di Stato in grado di comprendere e rappresentare la cultura americana, bilanciando il modo in cui lo fa il presidente Usa. Sempre grazie al fatto di essere americano, Prevost avrà inoltre la possibilità ricomporre le divisioni tra il Vaticano e i cattolici americani.

Il Leone XIV politico che mi aspetto sarà dunque attento ai temi sociali globali – povertà, migrazioni, ambiente – in piena sintonia con Francesco, ma anche custode della dottrina tradizionale su questioni etiche, più vicino in ciò a Benedetto XVI. Questa combinazione di elementi potrà fare di Prevost un ponte tra le due anime della Chiesa contemporanea, coerentemente con l’auspicio di una “Chiesa unita”, menzionata nel suo primo intervento.

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