Il viaggio in moto in Mongolia per vincere il dolore
- Postato il 9 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Il viaggio in moto in Mongolia per vincere il dolore
E’ un lungo viaggio quello di Antonio Minarchi, 28enne calabrese, che ha raggiunto la Mongolia in Moto per curare il dolore dopo la perdita del padre
Ha lasciato temporaneamente il lavoro ed è partito da solo, in sella alla sua moto, in direzione di una terra molto lontana, la Mongolia. Ha percorso finora 27mila chilometri, passando persino dall’Iran. «Mi sono messo a viaggiare, perché ho perso mio padre, la moto è una terapia», confessa al Quotidiano con la voce rotta dalla commozione il protagonista di questa storia molto avventurosa, il ventottenne Antonio Minarchi. Lui, che lavora come elettricista presso un’azienda toscana, è cresciuto ad Umbriatico, dove il padre farmacista, Angelo, originario di Isola Capo Rizzuto, è stato per lunghissimi anni titolare di una farmacia.
«Dopo ci siamo trasferiti a Cirò Marina, la cittadina natia di mia madre. Io, da qualche anno, abito a Lucca, dove ho trovato lavoro, ma, appena posso, torno a Cirò Marina», precisa Antonio, che, nella città toscana, ha messo a frutto il diploma di perito elettrotecnico, conseguito all’Istituto tecnico di Cariati. «Sono partito da Lucca, in sella alla mia moto Honda Africa Twin Enduro, il 25 aprile senza stabilire un percorso preciso», inizia a raccontare il nostro interlocutore, attualmente in Siberia.
«Ho portato con me – rivela – una grande quantità di salsicce caserecce, quelle che si mangiano crude. Da buon calabrese, qualche giorno prima della partenza, sono andato a Cirò Marina a salutare tutti e a caricarmi di salsicce e provviste preparate da mia madre per il viaggio».
Inizialmente, la madre, Antonella Baoleo, un’insegnante molto benvoluta, ha cercato di convincerlo a non partire. «Quando le ho detto del viaggio, all’inizio non ci credeva, mi ha visto però troppo determinato a partire. Allora, si è messa a piangere e a chiedermi di non farle una cosa del genere. Ora, è contenta, mi segue anche lei sui social», sottolinea Antonio. Ma, com’è andata? «Ho viaggiato fuori strada, ho dormito sotto una tenda, questo viaggio l’ho pensato selvaggio, questo era il mio sogno. Mi cucino da solo ed evito gli hotel», risponde per poi evidenziare l’aspetto che lo ha colpito maggiormente: «Ho trovato sempre ospitalità e un aiuto da parte di tutte le popolazioni che ho incontrato, mi sono accorto che ci facciamo condizionare dai pregiudizi».
A questo punto, Antonio si pone la domanda e si dà la risposta: «Il Paese più ospitale? L’Iran. Non puoi camminare per strada in solitudine che tutti ti vogliono portare a casa e ospitare, ti fanno sentire un re. Ho osservato, comunque, le tradizioni e la cultura delle varie località da cui sono passato o, almeno, mi sono fatto un’idea» È riuscito a schivare la guerra, per fortuna.
«Appena sono arrivato a Teheran- ricorda – mi ha raggiunto la notizia di un possibile bombardamento, perciò ho cercato di lasciare l’Iran al più presto».
Quale difficoltà ha incontrato? Il provetto motociclista indica subito la difficoltà a reperire i pezzi di ricambio della moto, tutte le volte in cui si è rotto qualcosa. «Ti devi arrangiare alla meglio», osserva. E si è arrangiato anche nei dialoghi con la popolazione residente. «So pronunciare solo due-tre parole in inglese, parlo calabrese».
Lo attende un viaggio di ritorno altrettanto lungo: conta di arrivare a Cirò Marina i primi d’agosto. «Mi concederò – anticipa- un po’ di relax al mare». Cambierà itinerario. «Vede – conclude Antonio Minarchi – entrare in Mongolia, dopo aver attraversato dieci Paesi, mi ha trasmesso un senso di libertà impossibile da spiegare. Altrove, ho visto panorami più spettacolari, ma la Mongolia ha quel silenzio, quella vastità, che ti obbligano a rallentare e ad ascoltare te stesso».
Il Quotidiano del Sud.
Il viaggio in moto in Mongolia per vincere il dolore