Immigrazione, Meloni come Conte e Draghi: contestarla è vergogna, vi dimostro perché

  • Postato il 13 luglio 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Immigrazione, Meloni come Conte e Draghi: contestarla è vergogna, vi dimostro perché.

I parlamenti approvano i bilanci dello Stato basandosi sulle previsioni di incremento del Pil che “porteranno” maggiori entrate fiscali. Quando il deficit aumenta, significa che le previsioni erano errate e che diventano necessari interventi correttivi.

A questo punto, il “partito” che raccoglie i voti dei percettori di “reddito fisso” chiede di “scovare gli evasori” o di introdurre una imposta patrimoniale, mentre il “partito” degli imprenditori chiede alle burocrazie di diventare più efficienti e di “meritarsi lo stipendio”.

Trump ha risolto questo problema in un modo che fa inorridire gli europei: ha presentato un bilancio statale, approvato dal Congresso, nel quale si prevede di destinare il gettito dei dazi a riduzione delle imposte per le categorie più “abbienti” e di ridurre il personale statale.

Va in cantina la politica “sociale” basata sull’aumento del personale pubblico per sopperire ai licenziamenti nel settore privato.

Il ridimensionamento della spesa statale comporta la chiusura di molti uffici, come i centri metereologici che non avevano previsto il disastro del Texas proprio per mancanza di addetti.

Trump e l’America di oggi

Immigrazione, Meloni come Conte e Draghi: contestarla è vergogna, vi dimostro perché
Immigrazione, Meloni come Conte e Draghi: contestarla è vergogna, vi dimostro perché (foto Ansa-Blitzquotidiano)

Quando giudichiamo l’operato di Trump ci dimentichiamo che in America è molto difficile sbarcare il lunario, che esistono troppe fasce sociali che vivono grazie ai sussidi, che enormi quantità di titoli azionari sono diventati spazzatura, che il dollaro ha perso il 35% di valore, che il divario di ricchezza tra gruppi privilegiati e disagiati si è allargato, che esiste una magistratura che rema contro il governo a seconda del colore politico, che le nuove generazioni non hanno più valori e contestano ogni tipo di autorità pubblica a causa di un sistema scolastico e universitario che agita principi astratti di una democrazia utopistica.

Tutto ciò, ci dice Trump, è la nefasta eredità del partito democratico.

È venuto il tempo di capire che gli Stati Uniti non sono più la “terra promessa” dei diseredati della terra e che la dottrina di Trump è destinata a condizionare la stessa Europa perché l’America resta il paese guida, il più ricco e potente.

Riuscirà Trump a ricrerare una amministrazione pubblica efficiente, a rigererare la morale delle nuove generazioni, a ridurre le attuali differenze di ricchezza? Per riuscirci, Trump ha bisogno di una classe dirigente nuova.

Trump ci dice che, in ogni parte del mondo, esiste un unico metro di giudizio per valutare l’efficienza delle classi dirigenti.

Il funzionario pubblico deve avere capacità decisionale assumendosi le responsabilità del ruolo; il magistrato deve depositare in tempo le sentenze; l’imprenditore deve organizzare l’impresa facendo profitti nei periodi di vacche grasse per far fronte ai momenti di crisi.

Infine, che l’uomo di governo deve dimostrasi capace di svolgere il proprio ruolo  nell’interesse del paese.

In Italia, tutte queste categorie sfuggono ad ogni verifica di merito, grazie a motivazioni di tipo ideologico.

I magistrati agitano il principio dell’indipendenza, i sindacati la tutela prioritaria del fattore lavoro, i partiti la supremazia della politica, gli imprenditori e i professionisti il maggior rischio delle libere attività rispetto alla sicurezza dell’impiego.

Tutti costoro chiedono risorse pubbliche per rimediare alle rispettive condizioni di disagio che deriverebbero dalla competizione globale “drogata”.

La storia ci insegna che quando le cose vanno bene, i detentori del potere economico si spartiscono le risorse senza pensare al futuro. Per raggiungere questi obbiettivi hanno bisogno che le imprese siano guidate da “yes men”, cioè da persone pronte ad eseguire i loro ordini in cambio di utilità personali.

Costituiscono esempi di questa genìa pericolosa i manager che distribuiscono dividendi trascurando di eseguire le opere di manutenzione di un’autostrada o di un ponte, mettendo a rischio l’incolumità pubblica.

Quando le cose vanno male bisogna rivolgersi ad amministratori capaci che fanno unicamente l’interesse dell’ente amministrato. Dopo il “risanamento” ricomincia l’assalto alla diligenza.

È senz’altro pericoloso che la qualifica di datore di lavoro sia meno attraente di quella di prestatore d’opera, perché il nostro è un paese “trasformatore” e “assemblatore”: non detiene materie prime ma deve importarle, ha bisogno di imprenditori piuttosto che di burocrati o di giuristi.

Il fallimento della politica sulla immigrazione

La sensazione diffusa dell’inutilità e dell’impreparazione degli uomini appartenenti alle burocrazie e alle istituzioni determina l’immagine e la credibilità dello Stato.

Un uomo di governo deve conoscere bene l’inglese. Ricordo Giuseppe Conte che parlava a gesti con la Merkel. Non ho mai capito in quale lingua Matteo Renzi esponga le Sue idee nelle conferenze a Miami, Riad, Bangkok e Bahamas. Sotto questo aspetto, la Meloni ci ha fatto recuperare un minimo di dignità.

Musk sta tentando di rompere il bipartitismo anglosassone per condizionare Trump, come fanno da trent’anni i partitini italiani che aspirano a diventare aghi della bilancia.

Quando la politica designa degli incapaci è meglio pagarli per non fare niente. Ed è quello che avviene per i deputati e senatori italiani delle ultime generazioni.

La classe dirigente politica ha perso i suoi uomini migliori ormai da lungo tempo. La parabola discendente del sindacato e dei partiti della sinistra è evidente se paragoni Landini a Giuseppe Di Vittorio, la Schlein a Berlinguer.

In mancanza di programmi qualificanti, l’opposizione basa il suo programma sulla “pubblicità ingannevole”, vietata nel commercio, che consiste nel denigrare i prodotti della concorrenza. I ragazzotti che recitano rosari contro la Meloni nei talk show, prolungano la durata del goveno al di là dei suoi meriti.

Si sente spesso affermare che l’opposizione deve contestare il governo in ogni occasione. È una bugia e non possiamo rassegnarci a questo luogo comune.

Esiste una regola della democrazia che proibisce all’opposizione di contestare i provvedimeti governativi che essa stessa approverebbe se fosse al governo.

I tormentoni di questi ultimi giorni sono la figuraccia di Piantedosi in Libia e la posizione del ministro Nordio per il rilascio del torturatore Alasri.

Faccio notare che Trump sta negoziando con Putin e Netanyahu, considerati responsabili di genocidio da una Corte Europea e che Hamas dirige le trattative per il popolo palestinese. Il rilascio del torturatore libico da parte dell’Italia era motivato dal fatto di evitare attacchi terroristici nel nostro paese.

Tutti gli osservatori europei, compresi i movimenti umanitari più indottrinati, hanno capito che il regime libico (quello non riconosciuto dall’Onu ma sostenuto da Putin) è in grado di regolare i flussi migratori a suo piacimento. Capita così che, non appena l’Europa invia armi a Kiev, ondate incontrollabili di migranti privi di documenti arrivano sulle nostre spiagge. Invece di inviarci droni e missili, ci invadono con flussi improvvisi di persone che le nostre leggi, i nostri poliziotti e i nostri giudici non sono in grado di intercettare.

La materia dell’immigrazione dovrebbe unire tutte le forze poliche di governo e di opposizione e vi spiego perché.

Chi sono i principali responsabili della situazione di ricatto in cui si trova l’Italia? Obama e l’Europa dei “Principi etici e della Giustizia”.

La decisione di annientare Gheddafi venne presa nel 2011 dagli “alleati” occidentali per tutelare l’incolumità delle popolazioni civili nei combattimenti tra esercito regolare e quello ribelle. Dopo pochi anni in Libia si è riproposta la stessa situazione di prima: due governi e due eserciti in lotta tra loro, che considerano gli uomini una merce di scambio.

Il dispiegamento delle forze Nato, il blocco navale, i bombardamenti su popolose città, erano paragonabili a quanto sta accadendo in Ucraina.

Così come gli ucraini odieranno i russi per almeno tre generazioni, è logico ritenere che analogo sentimento avranno i libici verso gli europei. Questa elementare constatazione è alla portata delle formazioni politiche più sgangherate. Pensare a un Piano Mattei per la Libia è roba da principianti, uno slogan più che una strategia.

Cosa hanno fatto i governi prima della Meloni? Facciamo un breve excursus.

Il governo che ha ha adottato per primo la politica dei rimpatri forzati è quello di Gentiloni in carica dal 2106 al 2018, con Minniti ministro dell’interno.

Il Consiglio europeo comunicò di non ritenere corretta la gestione dei rimpatri forzati. Gentiloni rispose a muso duro: “siete voi a dover  contribuire alla risoluzione del problema”.

 Il governo Conte uno (2018/19) aveva nel suo programma “l’aumento dei centri di rimpatrio, la riduzione di sbarchi di migranti e richiedenti asilo dall’Africa e dal Medio Oriente, nonché l’espulsione di coloro che non godono del diritto di asilo”.

Il governo Conte due (2019/2021) prevedeva quanto segue: “È indispensabile promuovere una forte risposta europea al problema della gestione dei flussi migratori, anche attraverso la definizione di una una normativa che persegua la lotta al traffico illegale di persone e all’imigrazione clandestina”.

Draghi, subentrato nel 2021, si vantava di avere messo il problema dell’immigrazione al centro dell’agenda europea.

Il programma elettorale della Meloni prevedeva “la difesa dei confini azionali ed europei come richiesto dall’UE con il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, controllo delle froniere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del Nord Africa, la tratte degli essere umani, la creazione di hot spot nei territori extra europei, gestiti dall’Unione europea per valutare e richieste di asilo”. E su questo programma ha ottenuto l’investitura.

A parte qualche sfumatura lessicale, la politica sull’immigrazione si basa su programmi che accomunano tutte le forze politiche andate al governo.

I partiti di opposizione italiani indeboliscono la Meloni come player internazionale, contestandola sulla questione dell’immigrazione.

Come cittadino italiano mi sento di affermare: “Vergogna a loro”.

 

 

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Blitz

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