In carcere da 8 anni per l’omicidio del piccolo Ale, Antonio Rasero chiede il primo permesso premio
- Postato il 13 maggio 2025
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- Di Genova24
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Genova. Ha scontato quasi metà della pena pur proclamandosi sempre innocente e dopo aver tentato senza esito anche la strada della revisione del processo. E ora Antonio Rasero, l’ex broker genovese condannato a 26 anni di reclusione per l’omicidio del piccolo Ale, prova a chiedere di uscire per la prima volta dal carcere di Marassi dove è detenuto da 8 anni, dopo averne scontati due in cautelare.
Il magistrato di sorveglianza, alla richiesta di un permesso premio di 8 ore, ha detto di no, sostenendo che è ancora troppo presto per richiedere un permesso, e per questo l’avvocato di Rasero, Cristiano Mancuso, ha presentato reclamo: la richiesta sarà quindi discussa domani davanti al tribunale collegiale di sorveglianza. E Rasero sarà presente.
La morte del piccolo Ale e la lunga vicenda giudiziaria
Il piccolo Alessandro Mathas era morto in un appartamento di Nervi la notte tra il 15 e 16 marzo 2010. L’appartamento era di proprietà di Rasero che con Mathas aveva una relazione. Quella notte secondo l’accusa, mentre la madre del piccolo era uscita a cercare droga, il broker – probabilmente sotto l’effetto della cocaina – avrebbe ucciso il piccolo Ale perché piangeva. Rasero era stato condannato a 26 anni in primo grado dalla Corte d’assise di Genova, poi assolto in appello. La Cassazione aveva annullato l’assoluzione disponendo un nuovo processo a Milano dove Rasero è stato condannato nuovamente a 26 anni, sentenza poi diventata definitiva. Anche Katerina Mathas, era stata processata per omicidio in concorso ma il pm aveva chiesto l’assoluzione: la donna era stata poi condannata solo per abbandono di minore.
Il broker si è sempre dichiarato innocente
Qualche ora prima di entrare in carcere, nel maggio del 2017 Antonio Rasero aveva affidato a un post su Facebook le ultime dichiarazioni da uomo libero: “Potevo essere in Venezuela, Costarica, Belize, ma ho creduto nella giustizia, ho sofferto per anni , ringrazio chi mi è stato vicino, chi mi ha voluto bene, le lacrime di mia madre e dei miei figli sono la mia forza. Non finisce qui” aveva scritto. E aveva ricostruito nel dettaglio la sua versione dei fatti, da quel che accadde quella notte all’arresto e agli anni di processi con accuse al sostituto procuratore Marco Airoldi che non aveva voluto mandare a processo per omicidio anche Katerina Mathas e ai testimoni amici di lei. Per Rasero sarebbe stata la Mathas a uccidere suoi figlio “ma non spetta a me dire se è stata una azione volontaria o involontaria” aveva detto. E aveva ricordato come quando la mattina del 16 marzo andarono insieme in ospedale con il bambino già cadavere lei non lo avesse minimamente accusato, come sarebbe normale immaginare da parte di una madre a cui qualcuno ha appena ucciso il figlio: “Scusate una madre seppur snaturata mi sarebbe dovuta saltare addosso sia in casa , sia all’ ospedale” – scriveva Rasero – neppure nelle intercettazioni ambientali mi accusa”. Rasero aveva tentato anche la carta della revisione del processo, ma era stata respinta.