In libreria una guida insolita e divertente per scoprire la montagna
- Postato il 10 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
In libreria una guida insolita e divertente per scoprire la montagna
Roma, 10 lug. (askanews) – Esce domani in libreria ‘Montagna. Istruzioni per l’uso’ (Laterza), una guida insolita e divertente, opera prima di Giulia Negri, 35 anni, giornalista e divulgatrice scientifica, maestra di sci, da sempre grande appassionata della montagna, che Askanews ha intervistato per l’occasione.
Giulia, com’è nata l’idea di questo libro.
Negli ultimi anni ho visto cambiare molto la frequentazione estiva della montagna: se prima del Covid, al Passo del Tonale dove vivevo, si assisteva a un grande flusso di turisti solo nelle due settimane di Ferragosto, dopo questo evento il periodo si è dilatato, le presenze sono aumentate. Soprattutto, hanno iniziato a frequentare zone di alta quota anche persone che non c’erano mai state. Penso che l’idea di parlare e fare informazione sempre di più su questi temi sia nata lì, vedendo le difficoltà e gli errori di molti. Tra i ‘puristi’ e aspiranti tali si è molto diffuso il termine spregiativo ‘merenderos’, che farebbe riferimento ai turisti non abituali della montagna: non mi è mai piaciuto questo atteggiamento di superiorità nei confronti di chi magari ha meno competenze perché semplicemente non ha ancora avuto modo di imparare. Siamo tutti stati ‘merenderos’ in qualche fase della nostra vita, e lo siamo tutti nei confronti di qualcun altro, più preparato, con più esperienza… Per questo ho deciso di scrivere una guida che cercasse di dare le informazioni di base, però con tono leggero e ironico, partendo spesso dai miei errori. Primo, perché credo che per imparare sia necessario compiere anche degli sbagli – benché, magari, alcuni di quelli che ho fatto non ve li consigli. Secondo, perché personalmente ho sempre preferito imparare da chi mostrava empatia e comprensione per i miei dubbi e paure, piuttosto che da chi pontificava con tono sdegnoso. Terzo, perché amo profondamente la montagna, so quanto si tratti di territori fragili, e mi auguro che una maggiore consapevolezza permetta di compiere scelte migliori per questi ambienti. Spero che questo libro, prima di tutto, possa essere utile: se risparmierò anche solo qualche intervento al Soccorso Alpino, avrò raggiunto il mio obiettivo. Devo anche ringraziare il mio collega e amico Marco, che ha iniziato a fare trekking proprio mentre avevo cominciato a scrivere, e con le sue domande mi ha offerto degli ottimi spunti da approfondire tra le pagine…
Parlami del tuo rapporto con la montagna
Mentre stavo scrivendo i primi capitoli del libro, la mia mamma mi ha inviato per caso una fotografia che non avevo mai visto: avevo pochi mesi, e dormivo accanto a lei sulla coperta, in un prato, durante una camminata. Ho frequentato la montagna fin da piccolissima, in estate venivo a stare dai nonni nel paese dove vivo ora, a mille metri di altitudine, perché da sempre soffro molto il caldo e smettevo addirittura di mangiare. Per me questi luoghi rappresentavano anche la libertà, potevo andare da sola in paese o a fare un giretto nei boschi, cosa che invece non accadeva in città. L’amore per lo sci ha fortificato ulteriormente il tutto, da che io ricordi c’è sempre stato questo sogno nel cassetto di potermici trasferire: ogni volta che c’era da tornare in pianura avevo il magone, e non vedere più le cime intorno a me mi dava un leggero senso di mancanza d’aria. Adoro anche il mare, ma riesco a sopravvivere se non ho modo di andarci, mentre se sto troppo lontana dalle montagne soffro. Finiti gli studi, quando ho iniziato a collaborare con le testate, di fatto lavoravo da remoto e una volta che ero provvista di connessione internet poco importava dove mi trovassi. È stato in quel momento che mi sono resa conto di quanto sarebbe stato meglio spostarmi, e che avrei potuto realizzare l’altro sogno di bambina, quello di allenarmi e provare a diventare maestra di sci. Ci sono stati momenti complicati, come quando avevo un piede rotto, non faceva che nevicare e riuscire anche solo a fare la spesa o procurarmi i medicinali era una vera impresa… Una scelta di questo tipo, poi, porta con sé inevitabilmente una certa dose di solitudine, e obbliga a spostamenti più lunghi e onerosi sia per le questioni lavorative, che per ritrovarsi con i propri affetti. Ma i panorami, la calma che i piccoli paesi riescono a regalare, non hanno prezzo. Non credo che riuscirei mai a vivere in una grande città, circondata solo da cemento. In compenso, non ho mai scalato: ho provato un’unica volta, su una parete artificiale, molti anni fa. L’istruttore giocò un brutto tiro a noi ragazze: alla prima disse che aveva fatto un ‘nodo sapone’, e mentre scendeva, con tutto il peso sulla corda, le urlò che si stava sciogliendo. Io salii dopo di lei, ancora con il cuore in gola, le ginocchia che tremavano, una sensazione come di scossa elettrica nelle mani. Provo la stessa cosa, nelle dita, anche solo guardando i video di persone che arrampicano. È un grosso rimpianto, penso sia qualcosa di bellissimo… Per questo credo che il ruolo di chi insegna, di chi avvicina alle montagne e agli sport che vi si praticano, sia importantissimo; soprattutto quando si lavora con i bambini. Deridere, o criticare in malo modo, provocano allontanamento, sfiducia, se non addirittura odio. È una grande responsabilità e bisogna cercare di gestirla al meglio.
Secondo il Rapporto Uncem presentato la settimana scorsa si assiste a un risveglio della montagna. Negli ultimi cinque anni la popolazione nelle zone montane è cresciuta di centomila unità. Come ti spieghi questo fenomeno?
Innanzitutto bisogna capire cosa si intende con montagna: definirla è meno semplice di quanto si creda, basti pensare che, se guardiamo alla delimitazione giuridico-amministrativa, che fa riferimento all’elenco dei ‘comuni montani’ definiti dalla legge n. 991/1952, parliamo del 60% della superficie del territorio nazionale (più di 4.000 comuni su 7.901, tra i quali, per esempio, anche Roma e Cesena, che non sono magari i primi luoghi che immagineremmo, pensando alla montagna). La delimitazione statistica, invece, si basa sulla suddivisione del territorio nazionale per zone altimetriche, che sono definite di montagna se si trovano sopra i 600 metri di altitudine nell’Italia settentrionale e 700 in quella centro-meridionale (interna e litoranea). In questo caso staremmo parlando di 2.487 su 7.901 comuni italiani, ovvero del 35,2% della superficie nazionale. Già più sensato. Da quello che leggo, il rapporto Uncem parla di una crescita di 100.000 unità in 3.471 comuni di montagna: bisognerebbe quindi capire quali aree sono state conteggiate, per poter esprimere un parere circostanziato. In generale, quello che mi sento di dire è che è importante andare a fare un discrimine su quelle che sono davvero zone di montagna, per poter mettere in campo politiche e investimenti basati sulle specificità di questi territori: citando il Libro Bianco sulla Montagna, realizzato da UNIMONT (polo montano dell’Università Statale di Milano, su incarico del Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri), a proposito di Trentino-Alto Adige, leggiamo come sia ‘una delle due regioni totalmente montane a mostrare la situazione migliore per quanto riguarda le imprese, l’occupazione e il reddito medio imponibile, a rimarcare che la montanità non costituisce di per sé un fattore limitante’. Quindi, in quei luoghi in cui i servizi essenziali non sono forniti solo sulla base della densità di popolazione – che in montagna è per forza di cose piuttosto bassa – e non si innesca quindi un circolo vizioso che allo spopolamento vede seguire ulteriore abbandono per mancanza dei servizi stessi, è plausibile che le persone possano scegliere la montagna per vivere. Soprattutto a fronte di temperature sempre più proibitive nelle zone di pianura. È possibile che questo fenomeno si sia intensificato nel momento in cui diversi luoghi di lavoro hanno permesso ai dipendenti lo smart working, soprattutto dopo il Covid, e grazie alla digitalizzazione. Per fare un esempio, a casa mia ho la fortuna di avere la fibra fino al mio appartamento, cosa che nell’abitazione di famiglia, appena fuori Pavia, ancora non c’è… Sempre con il Covid credo sia anche aumentata la consapevolezza di quanto sia importante il benessere personale, sia fisico che mentale, e quindi diverse persone potrebbero aver scelto di lasciare le grandi città in favore di comuni di dimensioni più ridotte, più a contatto con la natura. Siamo, però, nel campo delle ipotesi, penso sarebbe interessante andare a fare uno studio su questo tema…
Il cambiamento climatico sta cambiando la montagna? Se sì – come dimostrano gli scioglimenti dei ghiacciai – in che modo?
I cambiamenti sono, purtroppo, sotto gli occhi di tutti e tutte. Nel libro ho parlato soprattutto di quelli che ci colpiscono quando andiamo a camminare, ma dopo gli eventi dell’ultimo periodo direi che non si può non partire dalla questione del rischio idrogeologico: come le colate detritiche in Cadore, o a Bardonecchia, o la frana che in Svizzera, a fine maggio, ha raso al suolo il 90% del villaggio di Blatten, altri sono a rischio. Da un lato abbiamo eventi estremi sempre più violenti e frequenti, dall’altro c’è il problema dell’innalzamento delle temperature anche a quote molto elevate, che provoca la fusione del permafrost – ovvero di quello strato di suolo che, normalmente, rimarrebbe sempre ghiacciato -, rendendo instabili molte pareti rocciose. Come non ricordare, poi, anche il tragico crollo in Marmolada, avvenuto tre anni fa… Questi sono ormai, di fatto, pericoli di cui si deve tenere conto, sia vivendo in questi luoghi, che anche solo frequentandoli. Poi, appunto, la neve è più rara e dura meno, la copertura glaciale si riduce, la disponibilità di acqua potabile diminuisce – influenzando la produttività agricola, l’irrigazione, la produzione di energia idroelettrica -, l’erosione e il dissesto stanno accelerando, gli ecosistemi devono fare i conti con temperature molto diverse. Perdiamo specie animali e vegetali, ci ritroviamo a vivere eventi come Vaia, l’epidemia di bostrico ha colpito duramente i nostri boschi… Gli ambienti montani risentono più di altri del climate change, purtroppo.
Quali consigli ti senti di dare ai neofiti per avvicinarsi alla montagna in modo intelligente?
A chi vuole la risposta completa, consiglio di leggere il libro. Per chi desidera una breve anticipazione, suggerisco, se possibile, di iniziare con l’amico o l’amica, o il parente che ha più esperienza, o, se è qualcosa che può piacere, iscriversi magari a dei trekking di gruppo. Io non ne ho mai fatti moltissimi perché mi piace godermi il viaggio più che raggiungere la meta, e mi fermo sempre a fare fotografie, a controllare animali e piante, qualcosa che chiaramente quando sei con altri non è fattibile. Però su certi percorsi che non mi sarei sentita di fare da sola è stata un’ottima soluzione. Poi, non prefiggiamoci una certa destinazione solo perché super gettonata sui social se non abbiamo mai fatto nulla, cerchiamo qualcosa di semplice, soprattutto come dislivello – ovvero i metri che dovremo prima salire, poi scendere. Utilizziamo delle scarpe con un buon grip, se non le vogliamo acquistare apposta cerchiamo almeno nell’armadio quelle con la suola meno liscia, in modo che facciano più presa e non scivoliamo, portiamo con noi cibo, acqua e dei vestiti più pesanti – in quota fa sempre più freddo, e il meteo può cambiare rapidamente. Controlliamo quest’ultimo, magari non limitandoci alle app, se sono previsti temporali meglio cambiare meta o rinunciare. Rinunciare è il termine chiave: se non ci sentiamo sicuri, se vediamo che sta diventando buio, che sta arrivando il brutto tempo, che un passaggio sembra troppo difficile… Il vero obiettivo, quando si va in montagna, non è raggiungere il luogo X, ma è tornare a casa interi. Se abbiamo delle patologie, informiamoci con il nostro medico su eventuali controindicazioni o precauzioni, non dimentichiamo la crema solare anche in caso di nuvole. E, se vediamo degli animali, non avviciniamoci, non cerchiamo di toccarli: la natura non è quella che vediamo nei cartoni animati, anche gli erbivori sanno difendersi e come risultato rischiamo di farci male noi e far abbattere un animale – come i recenti eventi di cronaca ricordano.
Il Quotidiano del Sud.
In libreria una guida insolita e divertente per scoprire la montagna