“Indosso i vestiti di mia figlia Nadia Toffa, è come se mi abbracciasse ancora. Le Iene? Erano al funerale, ma non si sono più fatti sentire”: parla Margherita

  • Postato il 1 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il 13 agosto scorso si è consumato il sesto anniversario della morte dell’inviata de “Le Iene” Nadia Toffa, affetta da glioblastoma. E come ogni anno sia “Le Iene” che la madre, Margherita Rebuffoni, hanno ricordato con grande affetto Nadia.

La signora Margherita – alla guida della Nadia Toffa Onlus, la fondazione creata in memoria della figlia – a Il Corriere della Sera Brescia ha raccontato: “Di lei mi rimane la serenità di sapere che sto realizzando ciò che Nadia mi ha chiesto: raccogliere fondi per la ricerca e aiutare chi è in difficoltà. All’inizio, io e mio marito eravamo sconosciuti, ma ora veniamo invitati in tutta Italia per eventi a sostegno della ricerca. Grazie alla fondazione abbiamo supportato realtà come l’Istituto Besta e il San Raffaele di Milano, oltre a don Patriciello e molte altre cause. Incontrare persone che amavano Nadia ci riempie di pace”.

Poi il racconto di un momenti intimo che lega ancora madre e figlia: “Indosso spesso i suoi vestiti, è come se mi abbracciasse ancora. Non la sogno mai, ma la sento sempre vicina. Il dolore non svanisce, ma quello che facciamo in suo nome ci aiuta a convivere con questa perdita”.

Margherita negli anni ha poi scoperto di più sul lavoro di Nadia: “Ha realizzato inchieste mai andate in onda, coperte all’epoca dal segreto investigativo. Spesso lavorava sotto copertura, raccogliendo prove che poi passava alle autorità. Ha fatto indagini importanti, come quelle nella Terra dei Fuochi o a Trieste, che ancora oggi hanno un impatto. Non ci raccontava tutto, probabilmente per non preoccuparci. Forse è meglio così, altrimenti avremmo vissuto con ancora più ansia”.

Per quanto riguarda l’ex team di lavoro di Nadia, “Le Iene”, Margherita ha ammesso: “Non abbiamo contatti con loro, non sappiamo perché. Erano presenti al funerale, ma non si sono più fatti sentire. Continuano a trasmettere i suoi servizi, e sicuramente apprezzano il suo lavoro, ma con la famiglia il rapporto è diverso. Per noi, però, non è importante: la fondazione ci permette di tenere vivo il suo ricordo, ed è ciò che conta”.

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Il Fatto Quotidiano

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