Ingiusta detenzione: La Calabria in testa ai rimborsi

  • Postato il 27 novembre 2025
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Ingiusta detenzione: La Calabria in testa ai rimborsi

carcere cella detenuto

Per l’ingiusta detenzione nel 2025 in Calabria riconosciuti 203 indennizzi per 10 milioni di euro. Ma solo la metà degli assolti viene compensata. L’avvocato Milicia: «Troppi magistrati-poliziotti».


I dati sono allarmanti. Ma non sono una novità per la Calabria. Il tema è quello dell’ingiusta detenzione e dei risarcimenti da parte dello Stato, riproposto nel corso di un’interrogazione parlamentare dai forzisti Enrico Costa e Tommaso Calderone al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Partiamo dal dato nazionale. Dal 1992 al 31 dicembre 2024 si sono registrati 31.727 casi di ingiusta detenzione e sono stati spesi dallo Stato 901 milioni di euro per risarcire le persone interessate. «Il Mef – ha risposto Nordio – ha liquidato indennizzi per riparazione a causa di ingiusta detenzione pari a 26,9 milioni di euro per il 2024.

Nel 2025 fino al 31 ottobre sono state accolte domande per un importo pari a 23,8 milioni di euro. I dati più alti si rilevano presso la Corte d’appello di Reggio Calabria, con 76 indennizzi liquidati, poi le Corti di Catanzaro, Palermo e Roma». «Questi numeri – ha aggiunto – sono manifestazioni di sconfitta dello Stato. Dietro ci sono fardelli di dolore per cui non ci sarà rimedio».

INGIUSTA DETENZIONE IN CALABRIA: MAGGIORE ALLARME E NUMERI RECORD NEL 2025

Ed è il caso Calabria a destare particolare allarme. Costa, che è anche vicepresidente della Commissione Giustizia, richiama l’attenzione sui numeri delle ingiuste detenzioni registrate nel 2025, sottolineando in particolare il peso delle Corti calabresi: dal 1° gennaio al 31 ottobre 2025 sono state accolte 535 richieste di ingiusta detenzione per un importo complessivo a carico dell’Erario di 23.850.925 euro. In particolare, i dati più alti si registrano presso la Corte di Appello di Reggio Calabria con 77 indennizzi liquidati per 5.486.000,00 euro. E presso la Corte di Appello di Catanzaro con 126 indennizzi per un importo di 4.311.000 euro.

Giuseppe Milicia, presidente della Camera Penale di Palmi e coordinatore delle Camere Penali calabresi, considera questi dati solo la punta dell’iceberg perché spiega che la percentuale di accoglimenti delle domande di riparazione si riferiscono soltanto ai casi in cui il risarcimento viene accordato, più o meno la metà, escludendo, quindi, gli eventi in cui non sia chiara la posizione dell’indagato, che potrebbe in qualche misura aver dato causa attraverso dei suoi comportamenti colposi, all’errore.

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LA PUNTA DELL’ICEBERG: IL SOMMERSO E IL COLPO DEL SISTEMA

«Questo significa – precisa Milicia – che ai mille casi italiani riconosciuti corrispondono duemila persone che hanno subito detenzione e poi sono state assolte. Il secondo aspetto riguarda il sommerso, una cifra nera di persone che seppur sono state assolte dopo aver subito un’ingiusta detenzione, non fanno nemmeno la richiesta di riparazione perché sono terrorizzate dal  nostro sistema giudiziario e preferiscono scomparire perché hanno il timore irrazionale che  la semplice richiesta di riparazione possa essere causa di altri guai e altri problemi. Questa è l’esperienza di chi come me,  fa il mestiere dell’avvocato. Questi sono numeri impressionanti di un sistema che macina vite e lascia macerie sul campo».

IN CALABRIA “NON SI USA IL FUCILE DI PRECISIONE MA LA LUPARA”

Sui dati calabresi, in particolare, Milicia riconosce che da noi non si va per il sottile perché abbiamo l’emergenza ‘ndrangheta e quindi lo strumento micidiale della custodia cautelare nei confronti di un cittadino non viene utilizzato con cura e attenzione perché la fattispecie associativa suggerisce l’utilizzo della “rete a strascico”  che porta a colpire non soltanto i bersagli effettivi, attorno ai quali ci sono prove, ma un’intera tipologia di persone che sono contigue.

«Quindi – osserva Milicia – da noi non si usa il fucile di precisione ma la lupara, si colpisce indiscriminatamente, si spara a mitraglia. Anche il fenomeno dei maxiprocessi che tarda il riconoscimento dell’innocenza è un’altra ragione importante. Perché sono processi cumulativi che durano anni e nel momento in cui si riesce – quando si ha la fortuna di riuscire – a dimostrare che l’iniziativa del pubblico ministero era avventata, è già passato molto tempo. Ed è per questo che da noi i numeri sono alti, sia in termini di entità di risarcimento che in numero di ingiustamente detenuti».

INGIUSTA DETENZIONE IN CALABRIA, LA CANCRENA: GIUDICI CON CULTURA “POLIZIESCA”

E quindi, cosa fare davanti a questo scenario? Per Milicia la cancrena deriva dal fatto che i giudici – soprattutto quelli che si occupano del controllo dell’azione cautelare nella fase iniziale del processo – sono giudici che non hanno un profilo culturale adeguatamente distinto e separato ma sono dotati di una cultura tendenzialmente poliziesca che li porta a condividere i teoremi che provengono dal pm. «E questo – conclude l’avvocato – soprattutto quando si tratta di processi dove c’è una spinta e bisogna dare una risposta alla società. In questi casi il giudice lascia a casa l’anima di giudice e va in ufficio con l’anima del poliziotto».

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